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Teresa Saponangelo: “Per essere felici, bisogna credere nella possibilità di esserlo” – Intervista esclusiva

Teresa Saponangelo
Protagonista del film I limoni d’inverno, Teresa Saponangelo torna a raccontarsi a The Wom. Tra le attrici più premiate degli ultimi anni, ci parla della sua Eleonora ma anche di gender gap, ricordi, talento e popolarità in un’intervista a tutto tondo.
Nell'articolo:

Teresa Saponangelo era stata già tra le pagine di TheWom.it qualche mese fa, in occasione della messa in onda della serie tv Il nostro generale. Ritorna oggi in occasione dell’uscita in sala il 30 novembre del film I limoni d’inverno. Diretto da Caterina Carone e prodotto da Vision Distribution, Bartlebyfilm e Agresywna Banda, I limoni d’inverno vede Teresa Saponangelo interpretare il personaggio di Eleonora, una donna che un dal terrazzo di casa sua stringe amicizia con Pietro, un sensibile scrittore e professore a cui presta il volto Christian De Sica.

Giorno dopo giorno, Eleonora e Pietro imparano a conoscersi contribuendo a cambiarsi a vicenda la vita. Mentre Pietro combatte contro i primi sintomi di una malattia che lo priverà delle sue capacità mentali, Eleonora elabora quanto si sia messa da parte come donna per seguire le aspirazioni e la carriera del marito fotografo. Nello scambiarsi consigli sulle piante e sui limoni da un terrazzo all’altro, Pietro ed Eleonora torneranno a credere nella possibilità di essere felici prima che le loro strade divergano nuovamente.

Portato in sala da Europictures, I limoni d’inverno non è una storia di tradimenti o di chissà quali sconvolgimenti tragici. È semmai un film che affida ai dettagli e alle emozioni un racconto che indaga dolorosamente e realisticamente sulle nostre paure e sui nostri limiti, alternando sorrisi e lacrime. Ed è partendo da Eleonora che affrontiamo con Teresa Saponangelo alcuni temi che lo stesso film sottolinea: la paura di seguire la propria voce, la perdita dei ricordi e la vecchiaia. Ma anche il gender gap e la speranza, parola chiave che torna nel perseguimento della propria felicità.

Tra sfera professionale e ambito privato, Teresa Saponangelo ci prende per mano conducendoci in un viaggio nel suo essere attrice a tutto tondo.

Teresa Saponangelo.
Teresa Saponangelo.

Intervista esclusiva a Teresa Saponangelo

Chi è per te Eleonora, il personaggio che interpreti nel film I limoni d’inverno?

Eleonora è una donna che si è un po’ chiusa e ritirata in se stessa e ha perso il suo centro, la sua dimensione artistica. È grazie all’incontro con Pietro che si riappropria della sua consapevolezza non solo di moglie ma anche di artista. Eleonora mi ha ricordato tante donne che ho conosciuto e che hanno utilizzato l’alibi del “marito di successo” per non fare e non esporsi, donne che sono responsabili in primis del loro passo indietro. Spesso siamo noi stesse che non ci vediamo, che non ci imponiamo o che non abbiamo il coraggio di affrontare le nostre fragilità e insicurezze, decidendo di intraprendere strade più “comode”.

Molte donne sposano più la causa del marito che quella personale dal punto di vista professionale o artistico per comodità o per assenza di coraggio. Eleonora è una di queste: per far emergere se stessa e le sue aspirazioni ha avuto bisogno dell’incontro con il vicino di casa, del suo ascolto e della sua sensibilità. Perché Pietro ha una particolare sensibilità e lo si evince dal fatto che sta scrivendo un libro su delle figure femminili che hanno dato ascolto alla loro voce interiore. Ed è la sua sensibilità a trasmettere ad Eleonora il coraggio che le è mancato.

Grazie all’incontro con Pietro, Eleonora trova anche la forza di dire al marito di non poter essere definita solo attraverso di lui, con una bella presa di posizione che risulta attuale e contemporanea. Dovrebbero ricordarsene tutti quelli che descrivono le donne come “moglie di”, “madre di” o “figlia di” quando non solo loro a fare quella scelta. Il tema viene fuori perché, comunque, dietro alla regia e alla sceneggiatura c’è una sensibilità femminile?

Sicuramente dietro c’è qualcuno che ha a cuore il punto di vista femminile e che fa dire le parole giuste al personaggio di Eleonora. A volte, capita che si ritraggano personaggi femminili che parlano come quelli maschili e che hanno il loro stesso linguaggio proprio perché a scriverli sono gli uomini. Certe sceneggiature o storie, a meno che non ci sia dietro anche un particolare talento, appaiono carenti proprio perché scritte da uomini che non comprendono a pieno le varie sfaccettature del linguaggio femminile. Spesso ce ne accorgiamo anche dal semplice linguaggio usato: a me capita spesso di pensare a come una donna non userebbe mai determinati termini o espressioni.

Il fatto che dietro la sceneggiatura del film I limoni d’inverno ci siano due donne, Caterina Carone e Anna Pavignano, fa sì che sia una certa delicatezza nel linguaggio, in grado di cogliere sfumature, e una certa attenzione ai particolari. I limoni d’inverno è anche un film che si sofferma sui particolari, sulla cura e sul tempo dilatato, aspetti molto femminili.

Il film si conclude con un commovente primo piano sul tuo sguardo: custodisce molto di più della storia raccontata dal film stesso. A cosa hai pensato quando è stata girata quella scena?

Quello sguardo era legato dalla vista da parte di Eleonora di una bambina nel terrazzo di fronte: poteva essere quella che non ha avuto e che, se fosse nata, avrebbe avuto all’incirca la sua stessa età. Eleonora in quel momento pensa a tutto ciò che si è persa ma allo stesso tempo quella visione le trasmette calore, vita e futuro. In quella sequenza, c’è tutto il sentimento dominante del film: nonostante le perdite, i vuoti e le ferite importanti che viviamo, non deve mai mancare la speranza che il futuro possa essere migliore.

“Per essere felici, bisogna credere nella possibilità di esserlo”, come recita una battuta. Eleonora ha tantissimo dolore dentro ma attraverso gli occhi blu bellissimi della bambina ha la possibilità di guardare al futuro. Quegli occhi in cui si specchia possono essere forieri di cose future belle, positive, sorprendenti e inaspettate, per cui occorre mettersi nella condizione di ricevere il meglio dalla vita.

E cosa ha pensato invece la Teresa Saponangelo donna e non la Teresa Saponangelo attrice?

Il pensiero di Teresa combacia perfettamente con quello di Eleonora. Lo sforzo quotidiano da fare è quello di portare positività nella propria esistenza per non farsi schiacciare dalle preoccupazioni, incupire o intristire. È comunque uno sforzo non indifferente perché, al di là di ciò che accade nella propria vita o di ciò che essa ti riserva, sono tanti gli imprevisti che arrivano dal contesto in cui si vive, da quello che ci raccontano o da ciò che accade nel mondo: inevitabilmente, ti toccano e ti avviliscono.

I limoni d'inverno: Le foto del film

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In una delle scene del film I limoni d’inverno, Eleonora e Pietro brindano sotto la pioggia. In quel frangente, ci si chiede se i desideri espressi si sono mai avverati. Si sono avverati i tuoi?

Da un punto di vista professionale, sicuramente sì. Posso dire di essere contenta e soddisfatta del punto a cui sono arrivata. Da altri punti di vista, ci sto ancora lavorando e spero che si realizzino dei desideri molto profondi e importanti. Come spesso accade, c’è un aspetto che procede più spedito o risolto dell’altro: riuscire a farli camminare con lo stesso passo è una fortuita coincidenza, un poker d’assi.

Anche perché, da meridionale come me, sarai cresciuta anche tu con la filosofia per cui “chi è felice è pazzo”…

O per cui ti dicono che sei pazzo quando aspiri così tanto alla realizzazione di un desiderio che gli altri percepiscono come follia perché fuori dagli schemi. Mi capitava ad esempio quando, manifestando il desiderio di voler fare l’attrice, mi invitavano a concentrarmi sulle “cose importanti” sottolineando quanta fatica, energia e sacrificio servissero per realizzare un sogno per loro così fuori dal comune.

E, invece, dal sud sei sempre arrivata sempre più in alto, ottenendo alcuni dei premi più importanti del cinema italiano.

I premi sono anche un riconoscimento dei propri sacrifici. Stanno nella loro bacheca e, per carità, non sottolineano nulla del tuo talento o meno, ma sono un piccolo riconoscimento dei sacrifici affrontati e costellano il percorso anche dal punto di vista pubblico. E poi, diciamocelo, servono anche a noi stessi per ricordarci che forse non abbiamo proprio sbagliato nel fare quella scelta “folle” tanti anni prima.

A proposito di anni prima, I limoni d’inverno è un film che affronta un tema molto delicato, tra gli altri: quello della memoria e dei ricordi. I ricordi, ahinoi, svaniscono nel tempo. Qual è il tuo ricordo professionale che pian piano sta svanendo o sta diventando sempre più lontano possibile?

È un po’ una contraddizione perché se me lo ricordo tanto svanito non è (ride, ndr). La cosa che più mi dispiace è, nonostante io ricordi benissimo tutti i lavori che ho fatto e tutte le esperienze che ho avuto, dalle più piccole alle più grandi, l’aver perso il ricordo degli incontri bellissimi avuti nel corso del tempo. Qualcosa ho potuto trattenere grazie a fotografie o cose di vario tipo che ho ritrovato, come convocazioni o ordini del giorno, ma molto altro no.

E ho incontrato tantissime belle persone che avrei voluto invece conservare, come ad esempio non solo i colleghi Luis Zahera e Javier Gutiérrez con cui lo scorso anno ho girato in Spagna un film bellissimo dal titolo Pajaros ma anche la troupe fantastica, in cui c’erano una direttrice di produzione e un operatore a cui mi ero molto affezionata. Purtroppo, i ricordi che ancora ho si perderanno nel tempo perché non avrò chissà quale altra occasione per frequentarli o ritrovarli: è il mio rammarico più grande.

La perdita di memoria di Pietro nel film I limoni d’inverno è legata al morbo di Alzheimer. Hai avuto conoscenza diretta della malattia?

Ho conosciuto un’amica di mia madre che oggi ne soffre. Purtroppo, non sta bene da anni e peggiora giorno dopo giorno. Non sono mai andata a trovarla perché vorrei conservare il ricordo della persona che era. Vorrei rimanere ancorata all’immagine di lei che sta bene: è un grande dolore ritrovarsi di fronte a qualcuno che soffre di Alzheimer, acuito dal non venire nemmeno riconosciuti.

In un dialogo tra Christian De Sica e Luca Lionello, fratelli in scena, ci si chiede quand’è che si comincia a diventare vecchi. Rigiro a te la domanda.

Distinguiamo il tipo di vecchiaia, per prima cosa. A partita di condizioni di salute ottimali, distinguerei tra vecchiaia vitale e vecchiaia pigra, una connotazione che varia di persona in persona. Ho avuto ad esempio la fortuna di entrare spesso in contatto con Antonio Capuano e di lavorarci: ha 83 anni ma non lo definirei mai un vecchio mentre dall’altro lato ci sono quarantenni o cinquantenni che sono vecchi dentro, incapaci di progettualità e privi di voglia di far le cose. La vecchiaia non è quindi una questione anagrafica ma una predisposizione mentale, un’attitudine alla vita.

Il poster del film I limoni d'inverno.
Il poster del film I limoni d'inverno.

Il poster del film è uno dei pochi che dà il giusto spazio al nome dei due protagonisti: Christian De Sica e Teresa Saponangelo occupano la stessa posizione appena sopra al titolo, senza che l’uno prevalga sull’altra. Spesso i nomi femminili o non appaiono o sono scritti talmente piccoli da non essere nemmeno visti. Si tratta di piccole dinamiche di potere che segnalano come il gender gap sia ancora fin troppo evidente. Hai mai notato particolari squilibri di potere su un set?

Che il nome maschile sia più spendibile e goda di maggiore credito di quello femminile è spesso vero anche a livello contrattuale ma è anche vero che a parità di forza è impossibile intavolare una partita, a volte anche un po’ spietata, che si gioca tra agenti. Nel mio caso, mi sono sempre sentita abbastanza rispettata e ho sempre rispettato: mi è andata bene perché, comunque, non incarno quella tipologia di attrice che sente il bisogno di mettersi in mostra fisicamente dando vita a situazioni che il potente di turno può trovare ambigue o travisare. Mi sono ritrovata sempre in situazioni in cui più che piacevole dovevo dimostrare di essere brava e, quindi, meno soggetta a dinamiche di potere maschile.

Detto ciò, penso che sia fondamentale che tutte noi attrici si combatta contro il gender gap, a partire già dai titoli di testa o di coda. In questo film, ho avuto la fortuna di lavorare con Christian de Sica, un gran signore che riconosce sempre il valore dell’altro: non è un prepotente e non ha bisogno di affermarsi. È un uomo affermato e sereno, un professionista che ha un grande rispetto per le donne e che non necessita di mettersi in evidenza.

Tra l’altro, dimostra in I limoni d’inverno di essere un attore straordinariamente versatile anche nei panni di un personaggio per la prima volta buono.

Sono tanti i pregiudizi che il cinema o la gente può avere nei suoi confronti perché per quarant’anni ha recitato nei cinepanettoni, confondendo la persona con il personaggio. Christian de Sica è un signore meraviglioso, dotato di grande serietà, disponibilità e professionalità. Abbiamo lavorato meravigliosamente insieme, l’uno in ascolto dell’altra, con una sintonia incredibile e sempre sullo stesso piano, come se lui non avesse fatto in 110 film!

Scorrendo i tuoi social, in una didascalia a un post, scrivi “Più lei impara a cucinare più sarà una brava attrice”. Che racchiudeva quella frase?

È l’equivalente della frase di Jouvet, “Tanto vale l’uomo, tanto vale l’attore!”, che mi sono appuntata anche sul copione di Tartufo, lo spettacolo teatrale di Moliére con la regia di Jean Bellorini che a breve riprenderemo in Francia. Quanto più riesci a cavartela nelle faccende, anche piccole, della vita di tutti i giorni, tanto più sei ricco come attore: vale sia spiritualmente sia concretamente. Spesso pensiamo ad esempio che fare la spesa, pulire casa o cucinare siano una perdita di tempo. L’ho pensato anch’io quando da Napoli mi sono trasferita a Roma, era per me tempo rubato allo studio. Ho capito dopo che invece si trattava di tempo preziosissimo anche per la mia professione.

Ripensiamo ad esempio a una scena di È stata la mano di Dio. Maria, il personaggio che interpreto, usa i ferri per lavorare a maglia. Poiché mi ricordo e so come si lavora con i ferri e l’uncinetto, so come va messo il filo, come con le dita si contino le maglie e tutto ciò che di quant’altro si mette in atto. Contare le maglie prima di lasciare il lavoro che Maria ha in mano ha conferito alla sequenza una dimensione di realismo molto forte: se non avessi saputo come si lavora con i ferri e non lo avessi imparato da mia madre, non avrei mai potuto restituire quella verità. Può sembrare un dettaglio ma ha reso ancora più credibile il mio lavoro e la stessa storia. Più ti riempi di conoscenze pratiche e intellettuali mentre cresci come persona, più impari e apprendi per divenire un attore di valore.

Fino alla fine di gennaio sarai sul set della serie tv Vincenzo Malinconico 2 e ti vedremo protagonista per Netflix della serie tv Sara. Cambia il tuo approccio alla recitazione tra cinema e serialità?

L’approccio non cambia, quello che cambiano sono semmai i tempi accelerati di lavorazione. Mentre quelli teatrali sono decelerati e quelli cinematografici stanno in una via di mezzo, quelli televisivi sono dettati dalla fretta di dover produrre non so quanti minuti in poco tempo. Ciò inevitabilmente ti porta a scivolare su determinate cose e a non approfondirle come si dovrebbe: laddove ci sono colleghi o registi con cui ti intendi particolarmente bene o hai già lavorato, velocizzi tutto per portare a casa il miglior risultato nel meno tempo possibile.

Non si fanno ad esempio prove, anche per una questione economica: si tende a risparmiare e ciò si riflette su tutti i reparti della produzione, andando a discapito in primis della scrittura. E questo è il motivo per cui, scrivendo in breve tempo, non si fa altro che copiare e ricopiare, riproponendo sempre le stesse cose e perdendo delle occasioni.

Ti sei abituata alla popolarità?

Non ancora perché è talmente recente da non averla metabolizzata. Ma è bellissimo ritrovarsi avvicinati da gente che ti manifesta il proprio affetto e che ti dice di seguirti da sempre nei progetti che scegli. Sembra strano ma il pubblico non è così distratto come sembra: segue i nostri percorsi spesso più degli stessi addetti ai lavori che talvolta non conoscono nemmeno qual è l’ultimo film a cui hai preso parte. Tra i complimenti che più mi emozionano c’è il “siamo fieri che sia napoletana”, come se stessi portando in alto la bandiera della mia città.

Teresa Saponangelo.
Teresa Saponangelo.
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