Parte in prima serata su Rai 2 la serie tv The Net – Gioco di squadra. Composta da sei episodi spalmate in tre serate (20 dicembre, 27 dicembre e 3 gennaio), The Net – Gioco di squadra non è solamente una serie ma uno dei capitoli di un progetto molto più ampio di carattere internazionale che vede coinvolte Italia, Austria e Germania. Insieme, le tre nazioni hanno infatti collaborato alla lavorazione di una collana di serie tv chiamate The Net, di cui ogni capitolo racconta una storia diversa ed è fruibile in maniera indipendente rispetto agli altri. Il comune denominatore rimane comunque il calcio, raccontato in maniera originale ed esclusiva.
I sei episodi della serie tv di Rai 2 The Net – Gioco di squadra hanno visto alternarsi alla regia Volfango De Biasi (VDB) e Lorenzo Sportiello (LS). E da loro ci siamo fatti raccontare in cosa il capitolo italiano differisce dagli altri. Sin da subito, emerge che a far la differenza sono i toni: pur parlando di tematiche anche complicate e drammatiche, The Net – Gioco di squadra sceglie la chiave tragicomica per raccontare non solo gli scandali legati al calcio ma anche complesse dinamiche familiari e intrecci amorosi.
Vizi e virtù italiche ruotano intorno al Toscana Football Club, una squadra di Serie A sull’orlo del baratro. Vincenzo Tessari (Alberto Paradossi), il figlio del presidente (Massimo Ghini), mosso dal desiderio di emanciparsi dalla figura paterna, inizia a muoversi nell’ombra per assicurare alla squadra un futuro diverso. In suo soccorso sembra intervenire Maurizio Corridoni (Gaetano Bruno), un individuo che persegue più di un obiettivo personale.
Prodotta da Cross Productions, The Net – Gioco di squadra porta su Rai 2 volti particolarmente noti come quelli di Gaetano Bruno, Massimo Ghini, Galatea Ranzi e Maurizio Mattioli, affiancati a giovani attori che hanno già dimostrato in altre serie tv le loro capacità, come Alberto Paradossi, Beatrice Arnera e Livio Kone. Ed è proprio al personaggio interpretato da Kone, il calciatore africano N’Doram, che viene affidato il difficile compito di far capire come anche nel mondo dello sport non sempre il perseguimento di un sogno si rivela tale, soprattutto quando si è neri.
Intervista esclusiva a Volfango De Biasi e Lorenzo Sportiello
The Net – Gioco di squadra su Rai 2 è una serie tv che è figlia di una produzione transnazionale, che vede coinvolte Italia, Austria e Germania e le cui vendite sono affidate al colosso internazionale Beta Film. Qual è stata la vostra chiave di lettura per entrare nel filone di un racconto così culturalmente ampio?
VDB: Sono un grande amante del calcio, come altre opere da me realizzate testimoniano. Uno dei miei primi lavori era Matti per il calcio, a cui anni dopo è seguito un secondo documentario premiato con il David di Donatello, Crazy for Football. L’esperienza si è poi tramutata in un film per la tv, con lo stesso titolo, con Sergio Castellitto protagonista. La trilogia mi ha permesso di affrontare un discorso sul calcio legato alla salute mentale, dandomi l’occasione di associare lo sport a un tema molto importante. Credo che sia in virtù di essa che io sia stato chiamato come regista a occuparmi della versione italiana di The Net. Ho impostato il cast e i luoghi delle riprese: il primo e il sesto episodio sono stati girati in Africa. Ho poi firmato i primi tre episodi, mentre gli altri tre sono stati ultimati da Lorenzo.
Per quanto concerne la storia, il merito è tutto della sceneggiatura firmata da Gianluca Leoncini e Valerio Cilio. Ho cercato di mettere in scena quel tocco che era già presente sulla carta, ovvero una certa serietà tutta italiana, che poi tracima anche nel ridicolo, quando si parla di calcio.
LS: Per quanto mi riguarda, mi sono confrontato con lo showrunner della serie, il tedesco Matthias Hartmann. Abbiamo identificato insieme delle linee guida e coordinato con lui lo sviluppo nella nostra versione di personaggi che erano mutuati dalle altre serie del progetto. È stato sicuramente il lavoro più interessante da fare ma la versione italiana ha goduto di una libertà maggiore rispetto a quelle austriaca e tedesca. Si è localizzato innanzitutto il tono rendendolo più consono a quello italiano ma per questo, come diceva Volfango, il merito va a Leoncini e Cilio.
The Net – Gioco di squadra vi permette di usare il calcio per parlare di vizi e virtù del nostro Paese. C’è tutto il sottobosco (lecito e illecito) che ruota intorno al calcio ma anche dinamiche familiari e sociali. A quest’ultimo proposito, interessante è la dicotomia tra sogno e incubo che interessa il personaggio interpretato da Livio Kone, il calciatore africano Kenneth N’Doram. Per una strana coincidenza del destino, arriva nel momento in cui una nazionale africana ha sfiorato ai Mondiali la possibilità di salire sul tetto del mondo.
VDB: Abbiamo lavorato su quello che era il carattere fondamentale del ragazzo che deve accedere al sogno. Chiaramente, da africano, si porta dietro una serie di difficoltà, a cominciare da quelle che incontra per integrarsi in squadra, relazionarsi con un mister che non sa pronunciare il suo nome e vivere in un Paese non suo.
LS: Quello del calcio africano è un tema che ovviamente coinvolge più la scrittura. Il calcio africano è comunque sotto i riflettori da anni e il motivo è anche indagato dalla nostra serie tv, in cui si racconta come i ragazzi africani, anche giovanissimi, siano spesso vittime della speculazione di alcuni faccendieri europei che sfruttano le loro potenzialità per poterne trarre beneficio.
Il recente successo del Marocco è straordinario perché per la prima volta il calcio africano riesce ad avere una rilevanza puntando solo sulla propria forza. Quella che aveva avuto finora era una rilevanza che possiamo definire quasi colonialistica. Dopo decenni in cui gli europei hanno sfruttato le potenzialità africane, abbiamo finalmente visto come l’Africa possa reggersi sulle proprie gambe senza l’Europa.
La dicotomia tra sogno e incubo è frutto di una riflessione. I calciatori così come le persone dello spettacolo in generale sono sempre sotto i riflettori e sembrano essere i più fortunati di tutti. In realtà, sono solo delle pedine: solo uno su cento ce la fa mentre gli altri 99 sono sfruttati, masticati, digeriti e sputati. Quello degli aspiranti talenti è un mondo crudele che abbiamo cercato di raccontare.
Nel raccontare vizi e virtù dei personaggi in scena, Volfango, hai fatto delle scelte di cast interessanti. Hai preso ad esempio dei volti della commedia italiana come quelli di Massimo Ghini o Maurizio Mattioli affidando loro dei personaggi anche molto complessi. Ghini recita anche in perfetto fiorentino. Come hai scelto gli attori?
VDB: Massimo Ghini è un attore che può far tutto. avevamo lavorato insieme in 5 differenti film ed era per me normale trovarmi a mio agio con lui. Maurizio Mattioli era perfetto per dar vita a uno struggente allenatore, al nostro Mazzone. Ho poi voluto circondarmi di un gruppo di giovani molto capaci, a partire da Alberto Paradossi, che interpreta il personaggio di Vincenzo Tessari, o da Yoon C. Joyce, nei panni del figlio del proprietario cinese. Uno degli aspetti che ho più amato del progetto è dato dalla sua multiculturalità, a dimostrazione di come le serie tv possano dare un loro piccolo contributo all’abbattimento di certe barriere.
In The Net – Gioco di squadra, ci sono personaggi di varie identità etniche che divengono tutti italiani. Non c’è stata alcuna forzatura: il giocatore africano o il dirigente cinese sono interpretati da attori che, seppur oramai italiani, rispecchiano le loro origini. Inoltre, è stato interessante poter lavorare anche con attori in lingua francese, inglese o africana. Ma, ripeto, i semi erano tutti nella sceneggiatura, anche se abbiamo lasciato agli attori la possibilità di apportare un po’ di improvvisazione o qualche aggiustamento. Ci siamo divertiti insieme a giocare anche con i generi, passando da tinte drammatiche ad altre da commedia romantica.
E com’è stato per te, Lorenzo, lavorare con un gruppo di attori scelti non da te?
LS: Non ho incontrato particolari difficoltà perché quelli scelti sono tutti attori estremamente professionali. Oramai nella nuova serialità succede spessissimo di doversi ritrovare a girare episodi che vengono da pensieri più lontani con attori scelti prima dell’intervento del regista stesso. È abbastanza usuale ma per fortuna le scelte di casting per The Net – Gioco di squadra sono tutti di altissimo livello. Con alcuni di lavoro avevo già lavorato in passato, con altri invece no ma questo non ha impedito che si creasse una certa sintonia. Sono rimasto in ottimi rapporti, soprattutto con gli attori principali.
La serie tv presenta una storia corale ma la lente attraverso cui si dispiega è il personaggio di Vincenzo Tessari, interpretato da Alberto Paradossi. Quindi, per me è stato molto importante creare con lui un rapporto di reciproca fiducia che ci ha permesso di sviluppare l’arco del suo personaggio e di raccontare il suo processo emotivo, il suo emanciparsi dal padre padrone. Abbiamo lavorato molto sull’emozione per riuscire a raccontare un tema, secondo me, molto moderno.
Volfango, qual è stata per te la difficoltà maggiore nel preparare il terreno per una storia che poi è stata conclusa da qualcun altro?
VDB: È stato stranissimo perché non lo avevo mai fatto prima ma divertente. Lorenzo Sportiello è un ragazzo molto in gamba. Ho cercato di passargli tutte le informazioni che servivano per continuare la storia ma ovviamente ha poi lui portato le sue intuizioni. Poi, è chiaro che stavamo facendo lo stesso film, quindi le nostre visioni non si poteva discostare di molto. Mi è dispiaciuto dover lasciare gli attori che avevo scelto e non poter chiudere la vicenda ma dall’altra parte ero impegnato con le riprese di Una famiglia mostruosa 2. Anche perché, con il cast, sia artistico sia tecnico, si era creato quel clima radioso che negli anni è diventato forse anche uno dei segreti del mio lavoro: c’è sempre un’atmosfera di grande leggerezza e di grande ascolto delle intuizioni di tutti, sebbene sia un lavoro in cui bisogna sempre correre.
Correre o stare fermi, del resto, è la domanda da cui parte anche The Net – Gioco di squadra, la serie tv di Rai 2. Nel primo episodio, i personaggi si muovono tanto ma ciò mettono in atto sembra non portare ai risultati sperati. Dobbiamo aspettarci di vederli anche star fermi?
VDB: Diciamo che ognuno di noi è un po’ fermo anche su se stesso. Bisogna semmai capire quando è il momento di manifestarsi e correre o quando è invece il momento di stare fermi.
LS: Vincenzo, il protagonista, continua a muoversi e a fare delle scelte che non vanno nella direzione da lui sperata. Nel finale, dovrà accettare le conseguenze, anche impreviste, delle sue scelte. Considero The Net – Gioco di squadra come il piccolo racconto di formazione di un ragazzo che cerca di raggiungere il suo obiettivo nella maniera sbagliata. Più che star fermo, nel suo caso possiamo dire che continuerà a muoversi in direzioni sbagliate.
E sempre a proposito di correre particolare è la scelta del montaggio che va avanti e indietro nel tempo in maniera frenetica. Da quale esigenza nasce?
VDB: Sicuramente dal bisogno di dare ritmo a una storia piena di personaggi. Nel bene o nel male, la storia dà conto di una dozzina di personaggi che si arricchiscono nel corso delle puntate. Quindi, abbiamo cercato di imprimere un ritmo che tenesse incollato lo spettatore.
LS: È una scelta degli autori, che hanno immaginato un racconto deframmentato che va avanti e indietro nel tempo. Restituisce il senso caotico e vitale del movimento dei personaggi nelle loro varie direzioni senza sapere che tipo di risultato otterranno. Il montaggio è dunque funzionale al racconto e serve a restituire la realtà caotica dei fatti raccontati.
Chi sono Vincenzo Tessari e Maurizio Corridoni, i due protagonisti?
VDB: Tra di loro si instaura una dinamica da padre e figlio. Anche se molto diversi, sono le due facce della stessa medaglia. Maurizio è sicuramente il grande manipolatore, il simbolo di tutte quelle persone che nella storia del calcio sono state dietro le quinte o dietro gli scandali. Vincenzo, invece, è un giovane uomo non cresciuto e un po’ disperato che cerca di riconquistare la stima del padre Massimo Ghini attraverso delle manovre anche poco ortodosse. Però, ci è simpatico perché è una specie di Gatto Silvestro: tutto ciò che fa gli riesce male.
LS: Vincenzo è vittima del patriarcato. Non sono solo le donne a subirne le conseguenze ma anche gli uomini. Spesso le lotte contro il potere sembrano essere una lotta di genere di uomini contro donne ma in realtà siamo tutti vittime di una cultura sociale che ci ha in qualche modo soffocato. Quello di Vincenzo è un esempio lampante di quanto sia complicato emanciparsi dal “patriarca”: abbiamo scelto a volte toni molto leggeri e altre volte molto seri e drammatici, soprattutto rispetto al suo abuso di droghe.
Il tema del patriarcato tornerà anche per quanto riguarda la madre di Vincenzo, interpretata da Galatea Ranzi. Se nel primo episodio i personaggi femminili sembrano poco dosati, avranno anche loro spazio nel corso delle puntate. Una in particolare ci permetterà di andare dietro la psicologia della madre, molto diversa da quello che la gente si aspetta di aver capito.
Nel primo episodio di Corridoni non sappiamo quasi nulla. Ci sembra un religioso ma non lo è. Così come ci appare armato di buone intenzioni che tali non sono. Quanto è stato difficile costruire il personaggio con Gaetano Bruno?
VDB: Zero. Ho trovato davanti a me un attore fantastico, disposto a divertirsi e a calarsi nei panni di una figura anche un po’ pulp e in certi momenti anche sopra le righe. Gli abbiamo messo accanto dei volti da commedia straordinari, come quello di Massimo Wertmuller come frate Mario. Non posso far loro che un grande plauso per l’allegria, il divertimento e l’atmosfera di giocosità che hanno portato sul set.
LS: Chi è Corridoni è la domanda che tutti gli spettatori si porteranno fino alla fine della prima stagione di The Net – Gioco di squadra. Fino all’ultima inquadratura non c’è una risposta certa. Di sicuro sappiamo che è un uomo ambizioso e intelligente che ama il calcio. Sicuramente, in passato ha avuto l’ambizione di essere lui stesso al centro dei riflettori: avrebbe voluto essere un calciatore e credo che sia questa la sua debolezza. È come se avesse una certa invidia latente che deriva dal suo percorso. È sicuro una persona senza scrupoli che cerca di manipolare lo stesso sistema in cui voleva giocare.
Ho lavorato molto con Gaetano Bruno: è per me un attore eccezionale, dotato di straordinarie qualità. è stato stimolante e intenso cercare insieme la chiave giusta per un personaggio di certo non semplice, molto sui generis.
The Net – Gioco di squadra ha delle sequenze realizzate in Africa. Com’è stato per te, Volfango, girare in Camerun e conoscere da vicino la realtà di un luogo in cui il calcio rappresenta un’opportunità di riscatto?
VDB: Anche se può sembrare banale, l’Africa ti lascia addosso emozioni potentissime. La luce negli occhi dei bambini è qualcosa di incredibile: ti mostra tutta la generosità della loro anima ma anche la miseria e la povertà che li circonda. Sono luoghi in cui puoi vedere anche la forza della natura, un grande cuore pulsante che ti rimette in linea con ciò che conta davvero: la generosità di cuore, il sogno, l’impegno.
Tu, Lorenzo, hai invece girato tutte le scene di calcio. Com’è stato?
LS: Estremamente faticoso. Abbiamo girato in uno stadio vuoto riempito solo da poche comparse, che sono diventata migliaia di spettatori grazie agli effetti digitali. Le azioni di gioco filmate sono state anche limitate: abbiamo deciso di non focalizzarci su quelle perché, a differenza degli attori, i calciatori veri sono degli sportivi di altissimo livello dal punto di vista fisico. Riuscire a trovare degli attori che potessero avvicinarsi a quelle capacità atletiche è impossibile: il risultato sarebbe sembrata una partitella tra amici. Ho dovuto lavorare molto per trovare le inquadrature giuste per evitare che si vedesse che gli attori non erano dei calciatori professionisti: un vero incubo!
Cosa vi aspettate che la gente pensi dopo aver visto la serie tv?
VDB: cerco sempre di far emergere l’umanità di tutti. Non credo molto alla distinzione netta tra buoni e cattivi, punto più sull’evidenziazione della miseria umana: spero che il pubblico si riveda e si diverta.
LS: Mi aspetto che la gente empatizzi con Vincenzo Paradossi e che capisca le motivazioni che si celano dietro le sue azioni. Sarà poi interessante capire quale sarà la fruizione della stessa serie anche su RaiPlay: secondo me, è da binge watching!