Al Festival di Cannes 2023, la sezione indipendente della Semaine de la Critique ha visto assegnare il Grand Prix de la Jury al film Tiger Stripes della giovanissima regista Amanda Nell Eu. Tiger Stripes è la storia di una metamorfosi adolescenziale e di una gioiosa emancipazione al femminile: un ritratto come se ne vedono pochi in giro in cui le regole scolastiche si mischiano alla quotidianità familiare e alle profondità della giungla per raccontare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza della dodicenne Zaffan tra realismo magico e horror.
Zaffan vive in una piccola comunità rurale in Malesia. In piena pubertà, si rende conto che il suo corpo sta cambiando a una velocità allarmante e disarmante. Le sue amiche l’allontanano da loro mentre la scuola sembra essere in preda della morsa di forze misteriose e oscure. Come una tigre molestata e cacciata dal suo habitat, Zaffan decide pian piano di rivelare la sua vera natura, la sua furia, la sua rabbia e la sua bellezza.
L’orrore dell’adolescenza
“L’idea del film m’è venuta pensando a quei cambiamenti fisici che tutti noi attraversiamo in quel toccante periodo di transizione da bambini ad adulti che chiamano pubertà”, ha raccontato Amanda Nell Eu, la regista del film Tiger Stripes. “Ho odiato quel periodo della mia vita e ricordo di aver scoperto molte cose sul mio corpo che mi spaventavano e che desideravo scomparissero o andassero via. In più, non mi piaceva quando le persone sottolineavano i cambiamenti che notavano nel mio corpo o ne parlavano apertamente. Mi sentivo a disagio, insicura e talvolta persino mostruosa”.
Zaffan, la protagonista del film Tiger Stripes, non è molto fortunata nel crescere in Malesia, una terra in cui esistono ancora oggi problemi legati all’uguaglianza di genere sia a livello politico sia a livello sociale. “Ma non è qualcosa che riguarda solo il mio Paese”, ha tenuto a precisare la regista. “Credo che sia un enorme problema che persiste tuttora a livello universale: non possiamo negare come le donne debbano ancora combattere contro stigmi, diseguaglianze e complessi di inferiorità che il patriarcato impone”.
La tigre che è in noi
Tiger Stripes è un film connotato anche da molti elementi magici e orrorifici, una peculiarità che corrisponde a una precisa scelta anche socioculturale. “In Malesia, i miti e le leggende popolari non sono confinati solo al mondo della finzione: mostri, spiriti e fantasmi sono una realtà molto concreta che impregna le vite quotidiane di tutti quanti di superstizione”, ha spiegato Amanda Nell Eu. “Gli avvertimenti che ne derivano mi hanno scossa sin dall’infanzia e hanno segnato il mio immaginario: ne ero tanto affascinata quanto terrorizzata. Ripensandoci da adulta, mi sono però accorta che la maggior parte dei demoni raccontati erano di genere femminile: si trattava di reiette dall’aspetto grottesco la cui unica colpa era quella di sapere cosa volevano”.
“Donne, dunque, a loro modo potenti e aggressive in forte contrasto con la figura femminile considerata “ideale”: per tutti, mostri, errori della natura da combattere”, ha proseguito la regista. “Donne che però in me ispirano rispetto e in cui mi identifico. Anch’io come loro sono una creatura grande, brutta e spaventosa perché libera e indipendente. Le rigide strutture che governano la nostra società vorrebbero soffocare la natura essenzialmente selvaggia che ognuna di noi, soprattutto da giovane, porta con sé. Sta a noi far prevalere la nostra individualità, fatta di istinto e resistenza, per abbracciarne l’indipendenza e la forza che ci offre”.
Ragione per cui quello di Zaffan nel film Tiger Stripes è il viaggio di un’adolescente che deve affrontare i giudizi di chi la circonda e vincere la paura e la vergogna per reclamare la sua libertà. Contrariamente a quanto tramanda il mito dell’Harimau jadian (che racconta di una tigre che assume sembianze umane per cercare di integrarsi nella società), Zaffan si tramuterà in tigre per allontanarsi da un ambiente che vuole negarle la sua indipendenza pe riconnettersi con la natura circostante.