Quando è stato diramato il comunicato stampa di avvio di riprese di Enea, il secondo film da regista di Pietro Castellitto in uscita al cinema l’11 gennaio con Vision Distribution, tutti siamo rimasti sorpresi dal trovare nel ruolo di coprotagonista Giorgio Quarzo Guarascio, meglio noto come il trapper Tutti fenomeni. Colto, raffinato, amante del surreale e dei giochi di parole, Tutti Fenomeni nel film Enea debutta infatti come attore nel ruolo di Valentino, il miglior amico dell’eponimo protagonista impersonato dallo stesso Castellitto.
Prodotto da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle, e Luca Guadagnino per Frenesy, il film Enea è una produzione The Apartment, società del Gruppo Fremantle, Vision Distribution, società del Gruppo Sky, e Frenesy, in collaborazione con Sky, Prime Video e Giovane Film, che già si candida a titolo di opera contemporanea e necessaria sul desiderio di sentirsi vivi in un’epoca complessa come la nostra.
A fianco di attori come Benedetta Porcaroli, Chiara Noschese, Giorgio Montanini, Adamo Dionisi, Matteo Branciamore e Sergio Castellitto, Tutti Fenomeni e Pietro Castellitto nel film Enea danno vita a due amici di oggi che, vittime e artefici di un mondo corrotto ma animati da una vitalità incorruttibile, vanno incontro a un mare pieno di umanità e simboli da scoprire, con tutte le conseguenze che un’avventura per altri criminale comporterà per loro.
Valentino ed Enea, nello specifico, sono uniti, usando le parole di Pietro Castellitto per descrivere il film, da una forma d’amore sui generis: “Si muovono in una dimensione in cui solo Enea e Valentino possono capirsi: i due hanno dei segreti che soltanto loro conoscono perché hanno condiviso i passaggi più intensi e avventurosi della loro vita, c'è un cantuccio di intimità che è soltanto loro e questo porta a un sentimento che è anche amore. Sono entrambi eroi romantici, sono mossi da una curiosità e una vitalità romantica, tutto quello che fanno lo fanno per temprare il cuore, per crearsi grandi ricordi, per spirito d'avventura. Per loro si tratta degli elementi basilari dell'esistenza, ancora prima di fare la cosa giusta hanno voglia di sentirsi vivi”.
Con due album all’attivo e un terzo che prima o poi, come ci conferma lui, arriverà, Tutti Fenomeni ha risposto a un paio di nostre domande sulla sua esperienza sul set di Enea e su alcune domande.
Intervista esclusiva a Tutti Fenomeni
Chi è Valentino, il personaggio che interpreti nel film Enea?
Valentino nasce innanzitutto dalla penna estremamente fantasiosa di Pietro Castellitto. Io e lui non ci conoscevamo prima ma, a suo dire, durante una fase di blocco mentre scriveva la sceneggiatura, pare abbia scelto di conoscermi attraverso le mie canzoni. E sostiene che, una volta fatto, la sceneggiatura abbia cominciato a decollare.
Leggenda vuole che sia stata sua sorella a fargli scoprire la musica di Tutti Fenomeni.
Pietro non l’ha mai né confermato né smentito. Non so se l’avesse già ascoltata prima ma la sorella è di sicuro colei che ha posto l’accento sul riascoltarmi o sul conoscermi meglio. Valentino è, comunque, il miglior amico di Enea. Da quando sono piccoli, condividono un po’ tutto e, più che altro, Valentino è pronto a morire per Enea. Per tale ragione, lo definisco un eroe tragico. Pietro Castellitto sostiene che il suo è un film sul desiderio di sentirsi vivi ma, forse, Valentino è già consapevole dell’impossibilità del sentirsi vivi in un’epoca come la nostra. Ciò è testimoniato anche dal discorso che in apertura della storia Valentino fa sul sentirsi terrorizzato dalla famiglia borghese in cui è immerso, con una madre al terzo matrimonio che ha scelto di non parlare più, un padre che non c’è al quarto e uno zio al quinto.
“Io la speranza ce l’ho”, dice Valentino in quella sequenza che apre il tutto in medias res. Cos’è la speranza per Giorgio?
La speranza è dare una chance a tutti nella vita perché comunque si sta bene e si vivono bei momenti stando con gli altri. Diamo una chance a tutti ma con l’augurio di conoscere soltanto persone memorabili e in grado di accrescerti. A me ha fatto molto crescere l’essere stato scelto da Pietro. La sua volontà di farmi un film mi ha portato a essere lusingato dal grande schermo e probabilmente mi porterà bene anche dal punto di vista personale. Tramite quest’esperienza, ho conosciuto persone memorabili che mi stanno accrescendo anche come persona.
“Che lavoro fai?” è una delle domande che emerge dal dialogo tra Valentino ed Enea. Tu, che lavoro fai? Continui a fare il musicista? La recitazione è solo un incidente di percorso?
Assolutamente sì, rimango un musicista, anche se sempre aperto all’imponderabile. La musica è ciò che so fare meglio ed è comunque un lavoro autoriale che passa da me: se non la faccio io, non si materializza. La recitazione è invece un privilegio per pochi: si viene scelti da altri. Comunque sia, se qualche regista pensasse che la mia interpretazione nel film Enea valga qualcosa, non disdegnerei di dare continuità anche al percorso di attore.
Anche senza dover cantare tre o quattro volte Spiagge, la canzone di Renato Zero che ritorna spesso nel film?
Credo che questo possa succedere solo una volta nella vita. A oggi, ogni volta che casualmente in radio sento partire l’arpeggio di quella canzone, mi commuovo. In un primo momento, mi chiedevo cosa avesse in mente Pietro ma poi ho smesso di farlo.
Ti ha almeno spiegato perché proprio Spiagge?
Semplicemente perché, nello scrivere il film d’estate, l’aveva ascoltata così tante volte che aveva cominciato con lo storpiarne ogni volta il testo, cantando sopra la musica qualsiasi cosa. Non ne abbiamo mai parlato esplicitamente ma credo che Pietro, dopo essere rimasto molto soddisfatto dell’iconicità della scena della famiglia di I predatori (il primo film di Pietro Castellitto da regista, ndr), si sia convinto che una canzone scritta da lui fosse una cifra del suo cinema. Quello di Spiagge è stato dunque un escamotage per inserirne una.
“Stare sulle nuvole, non fa sentire liberi”, dice il tuo Valentino a proposito del suo lavoro da aviatore parlando con lo psichiatra Sergio Castellitto nella clip che proponiamo in esclusiva. Cos’è per te la libertà e cosa non ti fa sentire libero?
Secondo me, la libertà è sopravvalutata, un po’ inflazionata. A me fa sentire libero la forza di volontà, soprattutto nel rinunciare a qualcosa. Non so… la forza di volontà di riuscire a smettere di fumare per me è libertà. Ma sono autoreferenziale in questo: ci sto provando e il mio ultimo mese non è che scandito da quest’argomento… non che faccio che parlarne!
Nel film, il legame di amicizia tra Valentino ed Enea è molto forte. Capita raramente che in un film, soprattutto italiano, si racconti un legame di vicinanza maschile così forte. È stato facile per te metterlo in scena, considerando che comunque provieni da un mondo come quello della trap che viene spesso connotato come maschilista?
Tra Valentino ed Enea c’è senza dubbio un’amicizia che sfocia in una sorta di amore platonico semi corrisposto ma comunque velatissimo, soprattutto a livello intellettuale. Ed è un qualcosa che io sperimento tuttora nella vita con i miei migliori amici. Non ci baciamo (fa riferimento a una scena del film, ndr) ma è pur sempre amore. Non l’ho accolta come una stravaganza… anzi, è una delle cose meno stravaganti che il film proponga.
Cosa sarebbe per te stravagante nel film?
Beh, senza spoilerare nulla, ma la scena del ristorante di sushi e del cuoco è stravagante. Emergeva quanto lo fosse già in sceneggiatura e mi sono sorpreso di come i produttori abbiano detto sì. Non è facile partire da una cazzata e poi renderla al cinema.
Enea è stato uno dei film italiani presentati in concorso al Festival di Venezia. Com’è stato ritrovarsi addosso i riflettori di quella bolgia?
Nonostante io sia una persona abbastanza robusta e con una grande capacità di astrazione che mi permette di stare ovunque e in qualsiasi situazione, ho per certi versi sofferto la passerella. O, meglio, tutte quelle sirene di Ulisse che chiamavano il mio nome senza nemmeno conoscermi solo perché volevano uno scatto da rivendere. Non ero molto preparato a quel continuo “girati a sinistra, guarda di qua, sorridi”: ammetto che è stato un po’ stressante… mi hanno fatto sentire troppo presente in presenza e, di conseguenza, pensare a come venissi in foto, timori a cui di solito non do nemmeno peso.
Ed è per questa ragione che sui tuoi social, sotto a uno scatto da Venezia, hai scritto “mi preferisco oggi con le rughe che a 20 anni coi complessi”?
È una frase geniale ma non è mia. L’ha detta Alba Parietti a Pomeriggio 5. Non so nemmeno perché stessi guardando il programma ma nel sentirla pronunciare quelle parole ne ho subito percepito la genialità. E ho pensato che, se detta da uno che ha 27 anni, sarebbero state ancora più geniali: racchiudono la cifra della mia ironia, di quel mio lato artistico che trova poesia nelle parole degli altri. Di mio, non sono poi così originale: sono come un’antenna che capta frasi che non possono passare inosservate.
Sentirsi vivi, lo dicevamo prima. Cosa ti fa sentire vivo?
Smettere di fumare (ride, ndr), svegliarmi la mattina, non uscire il sabato sera, svegliarmi la domenica mattina alle 9 e vivermi la giornata col sole… ma anche guardare le partite della Nazionale di calcio, bere acqua frizzante con una fetta di limone.
Il 2024 sarà anche l’anno del tuo terzo album, dopo gli ottimi riscontri dei primi due?
Ho passato un momento di ispirazione a fasi alterne. Sono contento di aver avuto una bella pausa girando il film e distraendomi dalla musica. Ho tanti provini pronti ma so che concretizzare l’album non sarà semplice: solitamente, partivo dal titolo ma a oggi non ne ho uno. E, quindi, senza un titolo non riesco a concretizzare ciò che sarà… di sicuro, nel 2024 finirò l’album ma non so se o quando usciranno nuove canzoni: non vedo però l’ora di rilasciare nuovamente nuova musica che però al momento non è pronta.
Il tuo secondo nome è Quarzo, voluto da tuo padre, ingegnere minerario. È stato negli anni più un regalo o una maledizione?
L’ho preso più che altro come un destino: mio padre mi ha dato un nome comunque particolare che già mi portava a dover spiegare qualcosa agli altri più di un semplice “Piacere, Luca!”.