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Valentina Martelli: “Ho lasciato la Rai e l’Italia per amore. E ho creato un evento internazionale” – Intervista esclusiva

Valentina Martelli
Da giornalista a CEO di un importante gruppo legato al business del settore audiovisivo, Valentina Martelli si racconta in esclusiva a TheWom.it, ripercorrendo le sue molteplici vite di mamma (a sedici anni), giornalista e ora imprenditrice, tra Treviso e Los Angeles.

Valentina Martelli di vite ne ha vissute più di una. Nata nel trevigiano, sin da piccola sognava di fare la giornalista da grande. I suoi temi a scuola erano dei piccoli reportage e i professori non avevano dubbi su cosa avrebbe dovuto fare da grande. Ma, come spesso accade, il destino fa percorrere strade un po’ più lunghe del solito per arrivare a un traguardo. Ed è così che Valentina Martelli si è ritrovata incinta a sedici anni mentre frequentava Ragioneria per lavorare un giorno nell’azienda del padre.

Quella gravidanza Valentina Martelli avrebbe potuto interromperla, ognuno è libero di scegliere e il diritto di scelta è inalienabile. Ha preferito, però, tenere quel bambino che, giorno dopo giorno, diventava il motore di ogni suo passo. Con disciplina e determinazione, ha continuato ad andare a scuola: il diploma è arrivato tra un pomeriggio passato a giocare con il figlio e una sera trascorsa sui libri tra il bucato da fare e la cena da preparare.

Licenziata dal padre che ha capito quali fossero le sue reali inclinazioni, Valentina Martelli ha potuto finalmente riprendere in mano la strada del giornalismo. Ha iniziato a scrivere di sport per un giornale locale ritrovandosi in breve a lavorare prima per la sede veneta della Rai e per Mediaset dopo, arrivando a Rete 4 sul finire degli anni Novanta. Dalla più azzurra delle reti generaliste si è ritrovata poi alla più rossa: Rai 3. Ed è lì che tra un programma di approfondimento e la conduzione del GT Ragazzi che era a un passo da una grossa promozione.

Ma ancora una volta l’amore ha dettato le sue mosse. L’amore che, complice un viaggio negli Stati Uniti, si è palesato attraverso l’uomo che dopo due anni di relazione a distanza le ha chiesto di sposarlo. Di fronte a un bivio, la carriera o la famiglia, Valentina Martelli ha scelto la seconda, volando a vivere a Los Angeles, dove ha cominciato un’esistenza del tutto nuova, senza mai perdere quella gentilezza trasmessale dai genitori.

Ed è oltreoceano che ha avuto inizio la sua nuova professione, quella di CEO di Good Girls Planet, gruppo che – fondato con la giornalista italiana Cristina Scognamillo - ha dato vita all’ITTV International Forum, evento di global networking nel settore audiovisivo e media che si propone “di creare una piattaforma di confronto permanente per facilitare opportunità co-produttive tra potenziali partner oltreoceano ma anche europei”. In pratica, un ponte tra Italia e Stati Uniti, a cui quest’anno si aggiunge anche il Canada. Ma di cosa sia l’ITTV e di come sia diventato in poco tempo un riferimento alla Mostra del Cinema di Venezia è la stessa Valentina Martelli a raccontarcelo in quest’intervista esclusiva.

Valentina Martelli.
Valentina Martelli.

Intervista esclusiva a Valentina Martelli

“Ma la cassata di quella pasticceria è ancora buona? La chiamano la monacale”, mi chiede Valentina Martelli non appena le dico che sono di Palermo. Lei, dall’altro lato del mondo oramai da anni, si ricorda esattamente il nome del posto (che per ovvie ragioni pubblicitarie non scriviamo). Ed è in quel frangente che, causa i funerali appena finiti da poco, mi vien da risponderle che sì, è ancora buona, e che il bar (a esser corretti), ancora in attività, è lo stesso dove era solito recarsi il presidente Silvio Berlusconi quando passava in città.

“Non ci posso credere, ho i brividi addosso”, mi risponde Valentina Martelli. “Mi fai tornare in mente un aneddoto legato al mio passato. Ho lavorato a Rete 4 e ho avuto modo di conoscerlo e con me ha fatto una di quelle cose fantastiche che stanno emergendo in questi giorni”.

“Parliamo di fine anni Novanta. Attraversando i corridoi di Mediaset a Palazzo dei Cigni, mi rendo conto che in portineria erano tutti sull’attenti: era arrivato il presidente con la sua scorta. Si è fermato a salutare tutti, chiedendo come stessero la moglie, il figlioletto appena avuto o il nipotino. Ero nuova in azienda e non sapevo come comportarmi: si è avvicinato e come prima cosa mi ha detto “Ben arrivata, so che è stata presa da poco a lavorare con noi e sono proprio contento che entri nella famiglia di Mediaset (all’epoca, ancora Fininvest)”. Rimasi congelata: non me l’aspettavo, sapeva tutto anche di me, nonostante non ci fossimo mai visti prima”.

“Questa è una dote che tutti quanti gli riconosciamo profondamente: sapeva essere compassionevole e la sua compassione non era falsa, era vera. E non importava la fede politica, sapeva essere super partes: io stessa sono passata qualche tempo dopo al Tg3. Non ha mai dettato orientamenti o pensieri: al Tg4 stesso, da sempre roccaforte della destra, c’era chi al mattino si presentava in redazione con il quotidiano di sinistra in bella mostra”.

Ci ritroviamo oggi per parlare prima di tutto della tua nuova vita negli Stati Uniti e dell’ITTV. Com’è nato?

Tutto è nato casualmente mentre nel 2019 stavo facendo una passeggiata con una collega che si chiama Francesca Scorcucchi nelle famose colline di Los Angeles. Parlavamo dell’ennesimo film festival in corso in città e del fatto che si continuasse a far festival autocelebrativi che non teneva conto di come l’audiovisivo, in particolare la televisione per viene dell’avvento dello streaming, stesse cambiando. Da lì, una parola dietro l’altra, è venuta fuori l’idea di un festival sulla televisione ma… la parola festival era fuorviante: non volevo un altro evento in cui si darebbero dati premi e ce la saremmo raccontati da soli.

No, volevo mettere in piedi qualcosa che creasse un’opportunità di business per l’Italia negli Stati Uniti e per gli Stati Uniti in Italia attraverso il mondo dell’audiovisivo. In qualche modo, sono stata visionaria o profetica: la diffusione dello streaming ha portato poi al superamento dei confini della lingua e gli stessi Stati Uniti da grandi esportatori di contenuti sono pian piano diventati importatori di contenuti internazionali. Basti pensare a serie tv come Narcos o Gomorra, trasmesse in piattaforma anche in America, in originale e con i sottotitoli, e balzate nella top ten delle più viste.

Nata l’idea, ho contattato Cristina Scognamillo, giornalista e ufficio stampa italiano, e le ho proposto il progetto dell’ITTV, che già al primo anno ha premiato Paolo Sorrentino: è il perfetto esempio di come un regista, premio Oscar, si può spostare dal cinema alla serialità con successo, come stanno facendo in tanti oggi.

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E come è arrivato l’ITTV da Los Angeles a Venezia?

La prima edizione si è svolta in presenza ma con l’arrivo della pandemia, ho dovuto rivedere l’organizzazione. L’ipotesi di un evento virtuale non mi soddisfaceva e, quindi, per continuare in presenza sono riuscita ad avere uno spazio durante la Mostra del Cinema di Venezia, con la partnership della Regione Veneto e della Veneto Film Commission. Ed è da quel momento che l’ITTV è diventato più un forum, una sorta di “salotto” a cui presenziano i leader dell’industria ma anche i talenti creativi, i brand e i rappresentanti delle film commission (come dimostra il successo dell’edizione siciliana di The White Lotus: una serie tv scritta intorno a una location che ha portato indotto sia durante le riprese sia dopo la sua uscita).

Quindi, in parole povere, l’ITTV è un’opportunità completa di business nata dalla visione di noi donne, che sappiamo essere anche molto visionarie e trasformare un evento nato per caso in un punto di riferimento sia durante la Mostra del Cinema di Venezia, sopravvivendo persino a una pandemia, sia nei giorni che negli Stati Uniti precedono l’American Film Market. Al binomio Stati Uniti e Italia, quest’anno si aggiunge anche il Canada e la presenza del Paese offre opportunità nuove per via dei suoi rapporti diretti di co-produzione con il nostro. In più, per l’edizione di quest’anno, avremo come partner la CAA, l’agenzia di agenti che ha in mano quasi tutte le sorti di Hollywood e che terrà mezza giornata di panel.

A proposito di donne, nonostante siano sempre meno rispetto agli uomini, è interessante notare come in questo business la loro presenza sia aumentata: è sinonimo di un allineamento di idee che soprattutto le nuove generazioni portano avanti. Non è un caso che la società dietro all’ITTV che abbiamo creato si chiami Good Girls Planet ma quanto abbiamo faticato in passato per far comprendere agli sponsor quello che avevamo in mente di fare.

E come si riesce a convincere sponsor, trovare gli ospiti e cercare ad esempio le location giuste?

Occorre avere capacità analitiche e disciplina. Per farcela in un mondo dominato dagli uomini - ma mi piacerebbe pensare a un mondo che non sia dominato da nessuno, né da uomini né da donne – una donna deve avere grandissima disciplina per mettere insieme tutti i ruoli che ricopre: madre, moglie, fidanzata, professionista. Sarà un retaggio culturale, soprattutto italiano, quello di doverci sentire necessariamente responsabili di tutto anche quando gli altri non ci responsabilizzano. E se vogliamo far tutto serve disciplina ma serve anche gentilezza: non vuol dire farsi mettere i piedi in testa o non arrabbiarsi ma ricordarsi che prima di ogni cosa siamo tutti esseri umani. Per me, la gentilezza è una delle chiavi di lettura del mondo, come ho imparato dai miei genitori.

E la determinazione?

È compresa nella disciplina. Ci vuole disciplina per portare avanti anche la determinazione ed evitare di lasciarsi prendere dallo scoramento di fronte alle tante difficoltà che si presentano.

Valentina Martelli ed Elisabetta Canalis.
Valentina Martelli ed Elisabetta Canalis.

Questi tre fattori chiave – disciplina, gentilezza e determinazione – ti hanno portata a cambiare vita. Nel momento in cui la tua carriera in Italia era all’apice e ti stavi per preparare a un cammino proficuo nel giornalismo italiano, hai lasciato tutto per gli Stati Uniti. Ci spieghi cosa è accaduto?

Un’altra parola chiave mia vita è “amore” ma bisogna partire da lontano. Ho avuto un figlio a 17 anni e, di conseguenza, a 16 anni ero già incinta. La scelta più facile sarebbe stata quella di non portare avanti la gravidanza, ognuna di noi è liberissima di farlo, ma non l’ho fatta perché ho provato immediatamente amore per quell’esserino che cresceva in me. Ero una ragazza come tanti, che guardava Happy Days e sognava di studiare, di andare all’università e di trasferirsi in America: il mio più grande desiderio era quello di andare al college e di entrare in una confraternita, come veniva raccontato dalla televisione….

E, invece, ho scelto di portare avanti la mia gravidanza ma le difficoltà del caso non hanno smorzato la mia determinazione. Ho continuato ad andare a scuola e a studiare per diventare giornalista: era la mia aspirazione sin dalle scuole medie, avallata dai commenti dei professori. Sono diventata mamma ma non mi sono fermata: ho cominciato a scrivere di basket per le testate locali prima di lavorare al Tg3 Regione e spostarmi da Treviso a Milano per lavorare in Mediaset (per un programma di medicina condotto da Daniela Rosati in cui ho conosciuto Giorgio Medail, che mi ha insegnato molte cose) e, dopo, in Rai. Ho condotto un programma che si chiamava Europa, che mi ha permesso di andare anche nelle zone dell’ex Jugoslavia in cui erano in atto dei conflitti e di mettermi a confronto con situazioni complicate.

Tornata in Italia, mi sono trasferita a Roma. Per il Tg3 ho condotto Primo piano ma anche quella che considero una delle mie esperienze professionali più belle, il GT Ragazzi. Il giornalismo vero è quello che ti permette di raccontare le cose ai ragazzi: con loro devi essere onesta e usare un linguaggio semplice. Noi non dobbiamo insegnare niente a nessuno: abbiamo semmai il compito di trasmettere una conoscenza senza preconcetti di alcun tipo (altrimenti siamo opinionisti e non giornalisti, purtroppo ce ne dimentichiamo) e senza spinte politiche.

E qui il giro lungo che ho fatto arriva alla risposta per la tua domanda. Un bel giorno ho deciso di portare mio figlio in vacanza negli Stati Uniti e di fargli vedere Los Angeles, dove però incontro quello che sarebbe poi diventato mio marito… ed ecco che ritorna la parola “amore”! Per due anni, abbiamo vissuto una relazione a distanza, non semplice da gestire. La sua proposta di matrimonio mi è arrivata una domenica sera, quella antecedente a una proposta allettante in Rai: il lunedì mattina successivo sono arrivata in Rai e mi hanno proposto la conduzione di un telegiornale serale, uno dei più ambiti. A quel punto, dovevo fare una scelta: la professione o l’amore? E io ho non ho avuto dubbi: l’amore.

ITTV: Le foto

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Hai cresciuto da sola tuo figlio?

No, ho cresciuto mio figlio con suo padre. Mi sono sposata molto giovane ma a volte i matrimoni non funzionano. Così come ci siamo sposati giovani, ci siamo lasciati giovani ma non avrei potuto pensare a miglior padre per mio figlio di quello che ha avuto. Se oggi mi si chiedesse se rifarei un figlio a 17 anni, non avrei dubbi sulla risposta: sì ma per tantissimi motivi, a cominciare dalla grande forza mentale e fisica che si ha a quell’età. Mi ricordo che mi alzavo, svegliavo mio figlio, lo portavo dai nonni, andavo a scuola, mangiavo e mi mettevo a giocare con lui… e poi la sera studiavo, facevo il bucato, preparavo la cena e lo mettevo a dormire. E così il giorno dopo… Avere un figlio a quell’età può essere inconcepibile ma ti fa vivere la responsabilità dell’essere genitore con più leggerezza: ecco, con un’incoscienza responsabile!

L’avere un figlio non mi ha comunque fermata. Anzi, mi spronava maggiormente ad andare avanti: in casa avevo l’amore di mio figlio che mi diceva di andare avanti perché altrimenti, quando lui sarebbe cresciuto, io mi sarei ritrovata a 35 anni senza niente. È stata la mia più grande forza e lo è tuttora.

Quella per il lavoro da giornalista è stata una passione innata?

Si. Mio padre aveva un’azienda meccanica e non ha mai avuto nulla a che fare con quello che facevo io (mi diceva sempre che sarei dovuta andare avanti solo con le mie forze). Mio padre mi aveva fatto, tra l’altro, studiare ragioneria, nonostante io preferissi il liceo classico. Voleva che entrassi nell’azienda di famiglia. Così è stato, in effetti, ma solo per dieci giorni: è stato mio padre stesso a licenziarmi dandomi in quel modo la possibilità di portare avanti quello che era realmente il mio sogno.

In qualche modo, è stata mia madre ad aiutarmi: in un panificio ha incontrato un giornalista locale a cui ha raccontato il mio desiderio e lui l’ha suggerito di farmi mandare una richiesta alla sua testata. Dovevo occuparmi di sport e il mio primo articolo è finito invece in prima pagina: avevano scoperto che avevano rubato le scalinate di uno stadio! Dopo il giornale, è arrivata la tv locale, con un piccolo programma dedicato alla pallacanestro, al volley e al rugby. Ed è stato grazie a quel programma che mi ha notato la Rai veneziana. Il giorno del colloquio, però, sono andata via: il caporedattore mi aveva fatto aspettare troppo! Mi ha poi richiamata e il resto l’ho raccontato prima.

Comunque, mio padre aveva visto bene: fare i conti mi torna utile ora che la mia vita ha subito questo cambiamento. Sono alla fine diventata un’imprenditrice che alla base si attiene alle regole del giornalismo, la cui principale è proprio l’attenzione alla notizia. Mio marito dice sempre che anche quando vado al supermercato dopo due secondi le persone in fila alla cassa sono già lì a raccontarmi la loro vita.

Un giornalista deve avere sempre il desiderio di conoscere le persone e raccontare le cose. Purtroppo, si è lentamente persa la consapevolezza che questo è un mestiere e non un lavoro… ed è forse anche uno dei motivi per cui mi sono un po’ allontanata dal mondo del giornalismo. Si è persa anche a causa dei social: permettono di fare cose fantastiche ma hanno distrutto una professione che una volta aveva una sua deontologia.

Alle ragazze dico che non è mai facile. È più facile semmai alzare le mani e dire “non ce la posso fare”. Ma ricordatevi che non esistono limiti. Mio padre, un grande femminista, ha sempre spinto noi figlie, me e mia sorella, ad andare avanti con le nostre vite. Anche mia madre, una casalinga con grandissimi sogni, ha cercato nel suo piccolo in un periodo in cui una donna doveva solo pensare alla famiglia e alla casa di affermarsi. Abbiate sempre la libertà di poter essere chi volete e di fare ciò che volete: è la base per andare avanti, insieme a disciplina, determinazione, gentilezza e amore.

È dura ma si va e si fa, senza arrendersi. Quando sono arrivata negli States, ho tentato di cercare lavoro nel mondo del giornalismo ma ai colloqui mi sentivo rispondere che ero “over qualified”, un modo elegante per dirmi che avevo superato i trent’anni. Ma non mi sono fermata e ho cercato di creare il mio personalissimo sogno americano, quello che poi si è trasformato in ITTV, il mio progetto con Cristina Scognamillo che considero come un altro mio figlio. Indipendentemente da quello che vi dicono, createvi il vostro sogno: non siete definite dal vostro genere di appartenenza, dal colore della pelle o dagli orientamenti politici o sessuali, ma dalla vostra professionalità.

Valentina Martelli e Cristina Scognamillo.
Valentina Martelli e Cristina Scognamillo.
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