Sarà presentato in concorso al Festival di Venezia il 5 settembre il film April della regista Dea Kulumbegashvili. Interpretato da Ia Sukhitashvili, Kakha Kintsurashvili e Merab Ninidze, il film April ci porta in Georgia per raccontarci la storia di Nina, un’ostetrica e ginecologa che, dopo la morte di un neonato durante il parto, vede la sua morale e la sua professionalità messe in discussione a causa di voci secondo cui esegue aborti illegali per chi ne ha bisogno. Single e in astensione da relazioni personali, vedrà ogni dettaglio della sua vita personale e professionale esaminato attentamente.
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Prodotto tra gli altri dalle italiane Frenesy Film (di Luca Guadagnino) e Memo Films, April è il secondo lungometraggio della regista georgiana e segue di quattro anni l’impressionante opera di debutto Beginning. Dopo la storia di una moglie e madre perseguitata per le sue credenze religiose in un villaggio provinciale, la regista torna con questo dramma tenebroso e provocatorio sulla precaria posizione sociale di una donna che vive in una comunità isolata.
April, fotografato da Arseni Khachaturan (Bones and All), bilancia realismo a lunghe riprese ed espressionismo da incubo, offrendo una rappresentazione complessa e inquietante di una figura di cura in crisi, ricca di immagini metaforiche e inquietanti che sembrano provenire direttamente dal subconscio della regista.
Tra esistenza e femminilità
Nina (Ia Sukhitashvili), la protagonista del film April, è una ginecologa che vive una vita austera nella Georgia orientale, ai piedi delle montagne del Grande Caucaso. Come i paesaggi che la circondano, Nina ha un carattere severo e aspro, facilmente distinguibile in un luogo dove le donne indipendenti possono trovarsi svantaggiate. Nina sopporta le difficoltà della vita e permette al suo dolore di alimentare le sue ambizioni.
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Nonostante gli ostacoli costanti, rimane salda nelle sue scelte e radicata nella sua missione. Oltre a svolgere il suo lavoro di ginecologa, assistendo coloro che attraversano i dolori del parto, pratica aborti clandestini per donne disperate nel suo tempo libero.
Quando un neonato muore sotto le sue cure poco dopo il parto in ospedale, la morale e la professionalità di Nina vengono messe in discussione, e viene avviata un'indagine quando le voci sugli aborti illegali raggiungono l'amministrazione. Sebbene abbia una certa protezione da David (Kakha Kintsurashvili), un collega ed ex amante, e riceva il beneficio del dubbio dal primario (Merab Ninidze), le pressioni esterne stanno crescendo, la reputazione di Nina minaccia la salute della clinica e molto è in gioco per lei.
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Quella che segue è poi una potente riflessione sull’esistenza e sulla femminilità, che conta sul montaggio di Jacopo Ramella Pajrin e sulla colonna sonora originale di Matthew Herbert.
"Il mio obiettivo con April era di esplorare e analizzare la dicotomia e la convergenza tra esistenza e femminilità", ha dichiarato la regista. "Questo mi ha naturalmente portata ai temi della nascita e della morte. La storia inizia con una donna singolare, un personaggio intriso di una certa qualità epica. Una persona in grado di sopportare sofferenze e incanalare quel dolore nelle scelte e ambizioni della sua vita. Nonostante questo, resta con i piedi per terra e ben separata dal resto del mondo. Con “epico” non intendo lo stile narrativo, ma la vasta portata della vita e dell’esistenza di un individuo".
"Il film approfondisce gli aspetti tangibili e terreni della vita, nonché le dimensioni enigmatiche e inspiegabili dell’essere. Nina vive la vita austera di un medico, rischiando la propria serenità per fornire aborti illegali a chi ne ha bisogno. Incontra le donne nei loro momenti più intimi, in preda a un travaglio straziante quando stanno per diventare madri o durante aborti dolorosi e clandestini di nascosto dalla famiglia. Nina è un personaggio che ama universalmente ma non ama nessuno in particolare. Possiede un’empatia sconfinata ma fa fatica a stabilire legami personali. Spinta unicamente dalla propria missione, non desidera e non ha bisogno di nulla per sé. Alla fine si ritrova però incapace di contribuire a un vero cambiamento".