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Vittoria Gallione: “La mia prima chance” – Intervista esclusiva

Nel film di Rai 1 La seconda chance, Vittoria Gallione interpreta la figlia di Max Giusti e Gabriella Pession in una storia che parla in maniera sincera di rapporti tra genitori e figli. L’abbiamo incontrata per una delle sue prime interviste in esclusiva.
Nell'articolo:

Vittoria Gallione tra qualche giorno, il 5 gennaio, compirà 25 anni ma nel film di Rai 1 La seconda chance porta in scena una dei due figli adolescenti della coppia formata da Max Giusti e Gabriella Pession. Il suo personaggio si chiama Tina e ha qualcosa in comune con lei, a cominciare dal fatto di essere una gemella.

Nata a Genova, Vittoria Gallione ha diciotto anni aveva chiaro che sarebbe voluta diventare un’attrice. Era una consapevolezza che l’accompagnava sin da bambina forse anche grazie al sangue che scorreva nelle sue vene, quello di una nonna che, quando alle donne quasi tutto era proibito, si era imposta come artista sfidando regole e convenzioni. Quella nonna, Franca, oggi novantottenne, è ancora al suo fianco e insieme vedranno il film La seconda chance la sera del 29 dicembre su Rai 1.

Per diventare attrice, Vittoria Gallione è volata appena maggiorenne a New York per un corso di studi che ha vissuto con l’eccitazione di chi finalmente usciva da un’adolescenza travagliata e non sempre facile, fatta di introversione e di silenzi. Ma lasciamo che a parlare della sua esperienza personale e professionale sia lei, che oggi ha ben chiaro come la ricerca della verità e dell’emancipazione siano i suoi obiettivi principali.

Vittoria Gallione.
Vittoria Gallione.

Intervista esclusiva a Vittoria Gallione

“Sono a casa a Genova, dove guarderò il film La seconda chance con mia nonna, che ha 98 anni”, ci rivela Vittoria Gallione quando le chiediamo dove ha trascorso le vacanze natalizie. “È la mamma di mia mamma: è entusiasta all’idea, acne se non sa cosa l’aspetta”.

E non sappiamo nemmeno noi: chi è Tina, il personaggio che interpreti?

Tina è il diminutivo di Valentina Mancini, la figlia di Max Mancini, interpretato da Max Giusti, e Anna Ferretti, portata in scena da Gabriella Pession. È una ragazza adolescente, sorella gemella di Nico, e rappresenta quella parte di conflitto un po’ più ribelle che i due figli hanno con i genitori. A lei è affidata la parte più aggressiva e arrabbiata: mentre il fratello è un po’ più passivo e introverso, Tina manifesta i suoi problemi e si ribella. Scappa ad esempio dalla finestra per andare a ballare e, una volta scoperta, non si fa molti scrupoli nel dire che lo ha fatto veramente: è schietta e onesta, con un bel carattere forte. Però, la sua onestà è qualcosa che va premiata e non recriminata.

Ti somiglia in qualcosa?

Ci somigliamo nell’avere un carattere forte e nel condividere la stessa idea di onestà, anche se a differenza sua tendo a essere più introversa nelle situazioni di conflitto: reprimo di più e non ho tutta la sua schiettezza. Il carattere forte di Tina è in realtà una sorta di corazza che nel tempo si è costruita: grazie a una storia costruita in maniera secondo me poetica, la vediamo anche com’era da piccola e da bambina era molto sensibile, a tratti insicura e affettuosa nei confronti dei genitori. Abbiamo con il tempo costruito entrambe questa specie di corazza che ci rende molto, molto simili…

…e siete entrambe gemelle di qualcuno.

È un’altra grandissima somiglianza: lei e Nico, due gemelli, sono figli unici come me e la mia gemella Margherita. Mi faceva molto sorridere come Fabio Bizzarro, l’attore scelto per il ruolo di Nico, il mio gemello in scena, avesse in realtà sei anni meno di me quando invece in scena siamo coetanei… mi sono detta, scherzando, che è una bella fortuna poter ancora interpretare una ragazza che sta per compiere 18 anni quando in realtà io ne sto per fare 25! Ne ero comunque contenta proprio perché la narrazione ce la mostra come se fosse più adulta del fratello: ha molti amici, ha già un fidanzato e va a ballare la sera mentre Nico è ancora un “bambino” che passa il tempo con i videogiochi ed è molto timido nelle relazioni, anche in quelle amicali.

Quello nel film La seconda chance è il tuo primo ruolo di un certo peso. Hai preso parte in passato a Doc (dove tornerai anche nella stagione 3 nel ruolo di una delle figlie del personaggio di Elisa D’Eusanio). Che esperienza è stata?

Un’esperienza che mi ha fatto molto effetto ma che mi ha anche dato molta gioia: ho alle spalle sei anni di tantissimo studio grazie a cui ho raggiunto una certa consapevolezza artistica, per cui avere l’opportunità di stare più di due giorni su un set e avere un ruolo con una scrittura che mi permetteva di avere molte più informazioni è stato bellissimo… ero in brodo di giuggiole, provavo quasi una sensazione di benessere nello stare sul set. Il benessere derivava anche dal fatto di non essere in una situazione più grande di me: ho saputo grazie alla passione e all’applicazione di tutto ciò che avevo studiato gestire il tutto a mio favore. Mi sono divertita molto ed è stata una grandissima soddisfazione, che ovviamente mi auguro possa ripetersi presto e magari più continuamente. Vorrei davvero che quello di attrice diventasse il mio lavoro.

Cosa ti ha trasmesso una professionista come Gabriella Pession?

La bellezza. Ma non solo quella esteriore, che nel suo caso è palese e accecante. Parlo di quella interiore di persona e artista: è una bella persona, veramente fantastica, dotata di una grandissima sensibilità ma anche di grande forza.

Vittoria Gallione.
Vittoria Gallione.

Con i genitori, come ci hai anticipato, Tina ha un forte contrasto. Come è stata invece la tua adolescenza? Fatta di rapporti più sereni o altrettanto complicati con i tuoi genitori?

Mi piacerebbe dire che fossero sereni ma non sono stato così. Ho avuto un’adolescenza travagliata perché subivo le conseguenze del non avere molto dialogo con i miei. Avevo delle grandi ferite interiori di cui facevo fatica a parlare con loro e ciò aveva ovviamente delle ricadute sul nostro rapporto. A differenza di Tina, mi chiudevo molto in me stessa… ma credo che sia una fase che attraversiamo un po’ tutti: è raro che qualcuno sia un adolescente tranquillo o che viva in una di quelle famiglie che si vedono nella pubblicità.

Ti aiutava il fatto di avere una sorella gemella, Margherita, che vivesse le tue stesse difficoltà?

Sì ma anche no. Ho pochi ricordi dell’infanzia e quei pochi che ho sono stati rinfrescati da mia sorella ma da piccole eravamo molto complici e ci spalleggiavamo molto. Tuttavia, crescendo, le nostre differenze hanno preso il sopravvento. Da eterozigote, siamo diverse biologicamente ma anche caratterialmente e fisicamente: ognuna di noi ha fatto scelte diverse, a cominciare dalle scuole superiori, e da quel momento c’è stata una sorta di incomunicabilità che ci ha fatto perdere, è triste dirlo, la complicità. Era come se fosse un terzo genitore con cui relazionarsi ma, per fortuna, abbiamo da qualche tempo recuperato ciò che ci è venuto a mancare. Siamo come tornate in partnership: lei vuol fare regia e sceneggiatura.

Hai cominciato a studiare recitazione a diciotto anni. Cosa ti ha spinto verso quella strada?

L’essermi parlata in maniera consapevole. Sin da bambina, sapevo già che da grande avrei voluto fare l’attrice, era qualcosa che faceva parte di me… un’attitudine a cui ricorrevo anche nella vita di tutti i giorni. Era il mio modo di rispondere a quello che mi accadeva. In più, sono nata con la Luna in Leone, una caratteristica che sottolinea la propensione al dramma, al racconto delle emozioni attraverso una storia. Da piccola, ero in grado di far credere alla nonna che stessi piangendo veramente quando in realtà non lo stavo facendo.

E, per studiare recitazione, hai lasciato Genova per New York…

…ed è stato semplice. Quando hai diciott’anni ed esci da un periodo di chiusura un po’ nero come è stato per quello adolescenziale, nel guardarti intorno sei convinta di ciò che vuoi realmente. Per me, è stata un’esperienza incredibile andare a studiare a New York, era qualcosa che volevo con tutto il cuore. Approfittando del riconoscimento dei miei genitori al bel voto rimediato alla maturità (il massimo), mi sono fatta fare quel bellissimo regalo… ed è stato come se si fossero definitivamente allineati i pianeti: ero già iscritta a Roma alla facoltà di Giurisprudenza quando ad agosto mi sono ritrovata negli Stati Uniti a studiare recitazione!

Col senno di poi, è stato difficile forse abbandonare una strada spianata, l’università e una carriera probabilmente assicurata, per rendermi conto pian piano che quello del cinema era un mondo più incerto e con maggiori difficoltà. E, quindi, andare a New York è stato come bere un bicchiere d’acqua: era necessario per me, non potevo fare altrimenti. La presa di consapevolezza, invece, è stata più complessa: mettere le mani in pasta in maniera concreta era difficile e lo è tuttora.

La seconda chance: Le foto del film

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Francesco Marino
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Subito dopo aver studiato recitazione anche in Italia, cominci a lavorare in teatro, che per un attore rappresenta il banco di prova per eccellenza. Ricordi la prima volta che sei salita su un palco?

Molto bene. Ho cominciato a far teatro quando ancora ero iscritta a Giurisprudenza. Vicino alla facoltà, c’era un complesso scolastico in cui insegnava Maria Letizia Gorga, una grandissima attrice. Ho cominciato allora a presenziare ai suo laboratori serali aperti agli adulti ed è con lei che ho fatto i miei primi spettacoli, un’esperienza che mi ha investita con molto piacere. Il teatro è molto più vero rispetto a cinema e televisione proprio perché tutta la realtà si consuma sul palco: non ci sono tagli ma si va avanti tutto d’un fiato, in un flusso che non si interrompe fino a quando non si finisce l’intera rappresentazione.

Stai ora lavorando a un tuo cortometraggio insieme a tua sorella.

È un progetto che è nato nel corso di un pomeriggio in cui ho scritto la storia collegandomi a qualcosa di mio molto profondo. Ho cercato di mettere per iscritto un messaggio che mi premeva trasmettere e, quando mia sorella l’ha letto, è rimasta colpita dalla scrittura stessa. Con la sua approvazione sincera, mi ha dato la giusta carica per mettere in moto il tutto e mi auguro di poterlo concretizzare nel giro di un anno.

La regia sarà ovviamente di Margherita, che mi ha anche aiutato a perfezionare la sceneggiatura, mentre a me piacerebbe interpretare la protagonista di quella che è una storia, non edulcorata e abbastanza drammatica, di emancipazione femminile. La protagonista è una donna di cui si sentirà più che altro parlare nel corso della storia: è sulla bocca di tutti e solo molto più in avanti si rivela dal suo punto di vista, con un senso molto diverso.

Rispetto alle donne delle generazioni precedenti, ti senti più emancipata o libera?

Sento di avere più possibilità rispetto a quelle avute ad esempio da mia nonna Franca. Lei è nata nel 1920 e, nonostante non lavorasse come il marito, non rimaneva in casa a far le faccende domestiche. Era un’artista e ha passato la sua vita a dipingere i volti delle donne e a vestire da uomo, facendo ciò che voleva e senza lasciare che qualcuno le imponesse qualcosa. È stata una donna emancipatissima perché ha avuto il coraggio di non farsi schiacciare o demoralizzare dalla circostanze, qualcosa che dovremmo fare tutte noi anche oggi. Serve anche nelle circostanze più impensabili, come ad esempio a una tavolata con gli amici ma non significa che occorre essere aggressive nei confronti degli altri.

È nonna a raccontarti i suoi aneddoti di vita?

Ma non occorre che li racconti: basta vedere come si vesta ancora oggi a 98 anni in maniera perfetta e impeccabile, come si trucchi tutte le mattine e si curi per capire chi è stata e chi è. Più che raccontarmelo, me lo mostra direttamente.

Vittoria Gallione.
Vittoria Gallione.

Ci vuol coraggio a scegliere di far l’attrice: come hanno reagito i tuoi?

Non si sono mai opposti alla mia decisione ma erano un po’ spaventati da una realtà che non conoscevano, dall’incertezza che, soprattutto all’inizio, mi aspettava. L’unica artista in famiglia è stata nonna ma è stata la mia certezza e la mia sicurezza a farli pian piano accettare la mia scelta e appassionarsi al mio lavoro. Oggi sono orgogliosi di ogni passo.

In merito alle incertezze, come si reagisce a un provino perso o a un “no”?

Provini persi sono ovviamente tantissimi ma la mia reazione è cambiata nel corso degli anni grazie allo studio e al mio approccio a questo lavoro. All’inizio, fingevo che non mi importasse molto, reprimendo ancora una volta i miei sentimenti. Poi, c’è stato un periodo in cui ho cominciato ad affezionarmi molto ai personaggi per cui sostenevo i provini ed è stato un grande errore. Adesso, invece, di fronte a un “no” capisco che si tratta di una risposta professionale e non personale: non ero semplicemente adatta per il ruolo, non ero io l’attrice giusta che cercavano… Non bisogna di fronte a un no rimettere in discussione la propria identità: è una trappola in cui è difficile non cadere ma occorre capire che esistono mille fattori diversi per cui non sei tu quella che non è giusta. Non è una decisione che dipende da te.

Cosa ti aspetti da questo lavoro?

Mi aspetto tanta profondità e tanta esplorazione… tantissima ricerca della verità per stracciare ipocrisie grazie a racconti veri e sinceri di umanità nella sua totalità. Proviamo a dare un senso alla vita al mondo anche attraverso l’arte.

Vittoria Gallione.
Vittoria Gallione.
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