Siamo cresciuti e cresciute in un mondo unicamente definito al maschile e al femminile e, di conseguenza, a lungo il nostro linguaggio è stato influenzato dal cosiddetto binarismo. Oggi (per fortuna) stiamo assumendo una consapevolezza sempre maggiore su una verità imprescindibile: sebbene qualcuno ancora non voglia accettarlo, esistono tante sfumature diverse e l'identità di genere apre le porte a un mondo più inclusivo, anzi completo. All'ormai obsoleto binarismo fa da contraltare il non binarismo e in questa cornice si inseriscono le persone non-binary, molte delle quali si definiscono intergender. Ma cosa significa esattamente?
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Come sempre, per comprendere a fondo il significato di un termine è bene guardare proprio alla sua etimologia. Le parole sono importanti, a maggior ragione in un contesto, come quello odierno, in cui stiamo imparando a poco a poco a definire il complesso mondo delle identità di genere, le loro sfaccettature e uno spettro ampio che va al di là del semplice binomio maschile-femminile.
Il genere non è il sesso e ce lo confermano proprio le cosiddette identità non binarie: nascere con i genitali maschili o femminili non ci etichetta automaticamente in un'identità di genere definita. Una cosa è il sesso biologico, mentre altro è il genere a cui si sente di appartenere. A lungo ci siamo soffermati sui due generi di base (maschio/femmina) ma ci sono persone che si sentono come parte di un "terzo genere" che può restare fisso o fluire nel tempo (gender fluid).
E in questo quadro generale, cosa c'entra la parola intergender? Torniamo al discorso sull'etimologia: intergender è un termine di derivazione latina, formato dalle parole inter (che significa tra) e gender, da genus ovvero genere. La persona che si definisce intergender, dunque, si posiziona tra i due generi "tradizionali" e non si percepisce né nell'uno né nell'altro. Vuol dire che, in pratica, non si identifica nelle categorie binarie.
Com'è nata la parola intergender
Abbiamo visto che le persone intergender si percepiscono in una sorta di "zona franca" che esula dalle tradizionali categorie binarie (maschile/femminile). Ed è interessante sapere come questa parola sia stata coniata da persone diverse e in momenti diversi, ma con il medesimo significato. C'era l'esigenza di trovare un modo per definirsi, oltre il binarismo.
Negli anni Novanta, Donna Lynn Matthews creò un gruppo di discussione su Internet (ancora non esistevano chat e social), volto proprio a raccogliere/accogliere/supportare le persone che si identificavano come intergender. E nel loro "statuto" ha così definito il termine: "Gli individui intergender non si identificano come uomini o donne, ma da qualche parte nel mezzo, come un mix di qualità maschili e femminili (...) ponendosi così completamente al di fuori dello spettro di genere".
Nelle intenzioni di Donna Lynn Matthews c'era la volontà di riuscire a creare uno "spazio" per chi non concepisce un mondo binario e va al di là delle obsolete convenzioni sociali. "Sono entrambi e nessuno dei due allo stesso tempo - scrive nello statuto - (...) Non ci interessa passare per donne o uomini, non vogliamo altro che essere semplicemente ciò che siamo, senza dover scegliere tra due estremi".
Intergender e intersessuale
La parola intergender, proprio per via della sua "ampia" origine, non ha sempre messo tutti d'accordo. Inizialmente era un po' come un termine "ombrello", come l'odierno non-binary, poi Matthews lo ha reso più specifico ma nel corso degli anni c'è chi ha voluto dargli un'altra accezione. Su tutti Aeshling (un utente di Tumblr) che nel 2014 ha stabilito, nella sua definizione, che il termine intergender debba far riferimento solo ed esclusivamente a persone intersessuali.
Per Matthews può essere intergender anche una persona non intersessuale, per Aeshling no. Quindi dove sta la verità? L'intersessualità è un "fenomeno che si manifesta con la coesistenza in uno stesso individuo di caratteri maschili e femminili più o meno intermedi fra i due" (Treccani), quindi ha a che vedere con il fenotipo, con il sesso biologico assegnato alla nascita.
Il dibattito è ancora oggi aperto: c'è chi è più propenso ad accettare la definizione di Aeshling e chi, invece, apprezza maggiormente quella di Matthews. Entrambe, in ogni caso, sono concordi nell'uscire dal binarismo del maschile/femminile.
La bandiera intergender
Tra le bandiere degli orientamenti sessuali e delle identità di genere c'è anche quella intergender ed è bellissimo come, attraverso l'accostamento cromatico, si possa rendere visibile un concetto che per tanto tempo non ha neanche avuto un nome né una definizione.
Simile per certi versi alla bandiera bigender e a quella transgender, la bandiera intergender ha sette righe orizzontali, tutte delle stesse dimensioni: la prima è rosa e indica il genere femminile; la seconda e la sesta sono bianche e si riferiscono al genere neutro; la terza e la quinta riga, invece, sono di colore viola e rappresentano l'unione del genere maschile e femminile; l'ultima riga è azzurra e indica il genere maschile.
Ma è la riga centrale, forse, la più importante: quella grigia, colore che rappresenta chiunque non rientri nel binarismo.