Stiamo probabilmente vivendo uno dei periodi storici in cui è più facile parlare e sentir parlare delle drag queen. Eppure, la verità è che non tutti hanno capito cosa sono davvero le drag, cosa fanno concretamente e qual è la loro vocazione primaria anche se, senz'altro, grazie ad artisti del calibro di RuPaul e al suo RuPaul's Drag Race, la fitta coltre di disinformazione e banalizzazione si sta dissipando.
Tuttavia vale la pena approfondire l'argomento, precisando sin da subito che pur essendo fortemente e strettamente legate al mondo LGBTQIA+ le drag queen hanno poco o niente a che vedere con l'identità di genere e l'orientamento sessuale.
Una drag queen, infatti, è un'artista, una performer altamente preparata che mescola ed esagera i significanti del maschile e del femminile allo scopo di fare spettacolo, ribaltando i ruoli di genere per dare vita a momenti di intrattenimento curati nel minimo dettaglio, che richiedono tempi di preparazione lunghissimi e a tratti estenuanti.
Un breve excursus storico
Non si tratta neanche di un nuovo genere di arte performativa, anche se, chiaramente, il passare del tempo l'ha resa sempre più all'avanguardia. Le sue radici affondano nelle antiche culture occidentali: alle donne non era permesso esibirsi a teatro, pertanto erano gli uomini a interpretare personaggi femminili.
La storia drag si evolve e si diversifica maggiormente nel secolo che va dal 1800 al 1900. In questi cento anni nascono due ruoli essenziali, che segneranno e ispireranno l'intero filone di quest'arte performativa: il primo appartiene al teatro inglese ed è quello della pantomime dame, che introduce nella rappresentazione femminile da parte di uomini il concetto di camp, ovvero l'uso consapevole e voluto dell'esagerazione, del kitsch e del trash.
Nelle pantomime dame si trovano le caratteristiche base che, ancora oggi, sono un must delle drag queen: make up esagerato, acconciatura folta e cotonata e tratti fisici volutamente enfatizzati. Il secondo ruolo, che si inquadra nel vaudeville (1900) è quello della prima donnas. Messi da parte gli elementi fisici esagerati, la prima donnas mostrava un aspetto più raffinato e delicato e si allontanava da gesti più rozzi, villani e volgari pur mantenendo comicità, sagacia e, a tratti, anche una pungente ferocia.
Una prima donnas di spicco fu Julian Eltinge, il primo attore uomo a impersonare una donna sul palcoscenico di Broadway. La carriera di Eltinge, purtroppo, non durò a lungo: per quello che ai tempi era (doveva essere) un maschio bianco etero, l'impersonazione di una donna era sinonimo di deviazione sessuale.
Se nel mix fra pantomime dame e prima donnas sono in qualche modo sintetizzati quelli che sono i principi archetipici dell'interpretazione drag, nell'esaurirsi della carriera di Eltinge è riassunto lo strettissimo legame fra drag culture e ambiente LGBTQIA+: in un contesto storico desolante in cui l'omosessualità era considerata un crimine, interpretare una donna era diventato un reato, motivo per cui gli spettacoli iniziarono a svolgersi in locali notturni che, per la massa, erano ritenuti poco raccomandabili e che invece erano una sorta di casa proprio per la comunità arcobaleno.
Dovranno passare molti anni prima che le drag queen si riapproprino del loro ruolo di performer (e ancora il processo è in divenire), anche se a partire dagli anni Ottanta i drag show cominciano, seppur molto lentamente e non senza fare i conti con un'accoglienza vieppiù fredda, a uscire dai club notturni. Proprio in quegli anni si afferma una delle drag queen divenute iconiche, Divine, che con il suo stile fortemente camp è entrata a far parte della storia del cinema americano e... ha ispirato il personaggio di Ursula ne La Sirenetta.
Il percorso storico che abbiamo tracciato è brevissimo e fin troppo sintetico rispetto alla lunga storia drag - che vi consigliamo di approfondire - ma ha subito una notevole evoluzione oggi. Come abbiamo accennato all'inizio, le performance e la cultura drag sono in piena ascesa, e i drag show sono sempre più apprezzati. La fama attuale è però frutto di un percorso difficile, segnato da pregiudizi e preconcetti da cui è sempre più necessario affrancarsi.
Le drag queen e le arti dello spettacolo
Ed è necessario per più motivi, ma facciamo focus su quello che apparentemente può sembrare banale: il rispetto del lavoro della drag queen. Come abbiamo abbondantemente ribadito, la drag queen è una performer, una professionista che studia, affina e padroneggia le arti dello spettacolo allo scopo di creare un momento di alto intrattenimento curato nel dettaglio.
Ogni artista sceglie uno o più ambiti d'elezione (teatro, musical, danza, canto, recitazione, persino trucchi di magia e abilità circensi) per realizzare esibizioni totalizzanti che grazie all'uso delle espressioni facciali, della voce e del linguaggio del corpo conducono alla messa in scena del personaggio in modo convincente, credibile ed evocativo.
Allo stesso personaggio, inoltre, sono dedicate ore di studio che vanno ad unirsi agli sforzi finalizzati al continuo miglioramento e perfezionamento delle arti portate in scena. Ancora, non sono da sottovalutare abiti, parrucche e make up: le drag queen (non tutte, ma una certa quantità lo fa) realizzano da sole le proprie mise, le acconciature e il trucco, curando ogni dettaglio dell'aspetto fisico.
La performance finale è spesso una summa di tutte le discipline dello spettacolo: l'artista canta, balla, sfila, si muove, si atteggia e intrattiene il pubblico, con carisma, unicità, coraggio e talento.
Drag persona e out of drag
Proprio perché la drag queen è una performer, è necessario spiegare la differenza tra drag persona e out of drag. La drag persona è, appunto, il personaggio interpretato, mentre la persona out of drag è l'artista quando dismette i panni del suo personaggi. Per rendere la differenza ancor più chiara, prendiamo ad esempio la mente al timone di Drag Race Italia: Mariano Gallo è l'artista, la persona out of drag, mentre la spumeggiante Priscilla è la sua drag persona.
Le drag queen non si mostrano perennemente in drag (fanno eccezione i social, dove il/la performer può decidere di mostrare solo la sua drag persona perché lo ritiene il suo modo per esprimersi meglio). Questo aspetto va tenuto presente perché è alla base di una delle convinzioni più errate su queste artiste.
Le convinzioni più errate sulle drag queen
Di quale convinzione stiamo parlando? Di quella che accosta drag queen e travestitismo. Cogliamo l'occasione per dire che non si può proprio più parlare di travestitismo, perché è un termine errato con un forte retaggio discriminatorio: al più è corretto parlare di crossdressing.
Al netto di quanto detto, la drag queen e il crossdresser sono del tutto diversi e non sono associabili. Il crossdresser è una persona che per una questione di identità e orientamento indossa abiti che "convenzionalmente" non vengono indossate dalle persone del suo genere sessuale: non è un artista e non dismette il suo personaggio.
Se questa è la prima convinzione errata da accantonare, altrettanto sbagliato è trattarle come fenomeni da baraccone: si tratta (ripetiamolo ancora) di performer, di artiste complete, che non hanno nulla di insolito e anomalo e non stanno giocando, ma stanno lavorando e manifestando il proprio talento.
Cosa vuol dire davvero essere una drag queen?
Infine, per capire cosa sono le drag queen vale forse la pena chiedersi cosa significa davvero esserlo in prima persona. La "brutta" notizia è che non esiste una sola risposta: il percorso di ogni drag è personale, intimo, e non può essere ingabbiato in poche parole applicabili a livello globale.
Ciononostante, per avere un'idea, possiamo prendere in prestito le parole che la drag queen Silvana Della Magliana ha usato durante la prima puntata della terza stagione del già citato Drag Race Italia: «spesso noi drag queen veniamo viste come maschere sempre felici, come quegli artisti sempre pronti a strappare una risata. Ma dietro a tutto questo c'è molto altro: c'è la nostra storia [...]».
E se non bastassero, possiamo arricchirle con quelle di uno splendido articolo a firma di Marco Baldini pubblicate sul sito web Final Round, che dicono che «essere drag vuol dire essere “altro” da sé, fare il giro completo e arrivare a incarnare la forma più autentica di sé. Essere drag significa trasformarsi in qualcun altro, avere esperienze diverse da quelle che proviamo nei nostri panni, nel quotidiano, e arricchire così il nostro vissuto per divenire la versione migliore di noi stessi».