Hai mai sentito usare la parola machismo? Ma soprattutto, hai mai sentito usare la parola macho in un contesto sicuro e positivo? La risposta è che probabilmente no. Al massimo, avrai sentito usare la parola macho in un contesto scherzo.
Quando il concetto di mascolinità viene inculcato e tatuato nella mente delle persone sin dalla tenera età, senza consenso e senza riflessioni sottostanti, si trasforma in un condizionamento che va a intossicare la sanità mentale. E si trasforma così nella sindrome del macho.
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Per quanto possa sembrare sorprendente ai più, il concetto di machismo associato alla tossicità è recente. Se ne parla da troppo poco e talvolta qualcuno ancora fatica a coglierne l’accezione negativa. Molti detrattori della causa, che vogliono sminuire questa tematica, tendono ad associare il machismo alla virilità e alla mascolinità in generale. Un’altra freccia all’arco dei detrattori del femminismo, che strumentalizzano un odio molto focalizzato e lo illustrano alle masse come ciò che non è: il femminismo (e il transfemminismo) non odia gli uomini. Il maschio non è per forza negativo e tossico. Anzi.
Con maschio tossico si intende una persona di genere maschile che interpreta a macchinetta tutti gli stereotipi maschili che sono stati veicolati da secoli e secoli di mentalità sessista, patriarcale, binaria e transfobica. Il problema di questa forma di machismo non ricade a cascata solo sulla donna, che deve subire la sua idea Ottocentesca di come dovrebbero andare le cose. Ricade anche sugli uomini queer e naturalmente sugli eterosessuali cisgender che non sentono di aver bisogno di ingabbiarsi in un ruolo maschile tradizionale.
I veri uomini non piangono
Il maschio che risponde a tutti i requisiti per essere considerato tale, dagli altri uomini e dalle donne che vivono in questa struttura sociale da abbattere, segue uno schema molto preciso. Innanzitutto è eterosessuale, e viene cresciuto nella convinzione di dover incarnare il pater familias per antonomasia. Si deve sposare per procreare, deve tacere i suoi sentimenti. Non deve aver mai sentito parlare della parola “sensibilità” o comunque deve viverla come un problema da eradicare, e non un modo di essere.
Il maschio alfa, il macho tossico, è un uomo che ama le donne belle, anzi, tutte le donne bellissime, e fa apprezzamenti sessuali come se la sua libido fosse sempre al 350%, giusto per non rischiare di sembrare “uno di quelli a cui piacciono gli uomini”. Il machismo tossico porta anche a usare l’omofobia, o varie sfumature della stessa, per completare un senso dell’umorismo scadente di battute che vanno a rincalzare la sua armatura di eterosessualità. La quale non deve mai essere messa in discussione.
Il ruolo sociale del maschio alfa, del macho, è quello di chi si trova al di sopra di ogni scala sociale. Un macho è un uomo che va con molte donne, e che non ne delude sessualmente nessuna. Un uomo che deve costantemente proteggere il suo scudo di virilità dileggiando tutte le categorie presuntamente “inferiori”, tipo le donne o i membri della comunità LGBTQ+. Per stare sul sicuro è meglio dileggiare anche gli uomini sensibili.
Ora che abbiamo un po’ giocato con la definizione, spingendo forte sull’acceleratore, fermati un attimo e rifletti. Che pressione sociale vive una persona che incarna il machismo agli occhi della società? Potrà mai essere davvero se stessa?
L’uomo che non deve chiedere mai
Chi ricorda questo spot pubblicitario, forse di un profumo o qualcos’altro, sa benissimo che la frase “l’uomo che non deve chiedere mai” incarna la definizione di machismo tossico. Un macho è un narcisista che ha un’idea grandiosa della sua virilità e per essa dev’essere rispettato e ammirato.
Questo bisogno costante di dimostrare a sé e agli altri qualcosa comporta un peso notevole sulla mente. Nato, cresciuto e programmato per essere forte, l’uomo tenderà a chiudersi in se stesso ed evitare di condividere le sue emozioni – considerate un sintomo di debolezza. Le emozioni sono “femminili”, mentre la forza è “maschile”. Naturalmente questa concezione retrograda a compartimenti stagni ha provocato e provoca ancora oggi non pochi danni psicologici agli uomini che ne rimangono vittime.
La vittima media del machismo tossico, ovvero l’uomo che vive la mascolinità come una pressione sociale, e non un modo di essere, sarà una persona eternamente insoddisfatta di ciò che è. Troppo debole, troppo emotivo, troppo sentimentale. Queste spirali portano alla paura, alla rabbia, alla depressione e, in alcuni casi, al suicidio.
Ciò detto, il machismo colpisce anche la società che ospita questi soggetti e le persone che vivono intorno al macho. È difficile stringere una relazione amorosa con un uomo che non riesce a esprimere sé stesso perché non lo ha mai fatto. Così sarà il rapporto con famiglia e amici. Se si impedisce all’uomo di mettersi in contatto con sé stesso perché altrimenti “non è un vero uomo”, quest’ultimo finisce per perdere il contatto anche con tutti gli altri esseri umani.