L'eredità che riceviamo dai nostri genitori non si limita a quella genetica e a quella materiale. Crescere un altro essere umano vuol dire in larga parte plasmarlo in modo che nemmeno si immaginano e influenzare le sue modalità affettive. Proprio per questo non è un mistero che il rapporto con la madre influenza le relazioni, il modo che abbiamo di approcciarle e gestirle, esattamente come accade per il rapporto con il padre.
Negli anni inconsapevolmente si assimilano gli atteggiamenti dei nostri genitori e li si fa propri. È un processo psicologico che avviene anche contro la nostra volontà: amiamo come siamo stati amati, come del resto viene ipotizzato nella teoria degli stili di attaccamento. Il risultato non è certo matematico: le varianti e i fattori in gioco sono numerosissimi, e ognuno può reagire in modo diverso allo stesso stile affettivo, non a caso anche due fratelli molto vicini di età possono sviluppare modalità di risposta diversa alle azioni dei genitori. Andiamo allora ad approfondire il modo in cui il rapporto con la madre può influenzare il nostro modo di vivere le relazioni.
VEDI ANCHE LifestyleCome sopravvivere a una famiglia “tossica”Le differenze tra figli e figlie
Per parlare di rapporto tra genitori e figli è necessario fare una premessa fondamentale: c'è una distinzione tra il rapporto materno con il figlio maschio e con la figlia femmina. Nel primo caso, la figura della madre è molto decisiva: per il maschio, la mamma è la prima figura femminile che vede nella sua vita, la prima donna con la quale instaura un rapporto indissolubile sin dai primi attimi di vita durante la gravidanza.
Per quanto riguarda il versante femminile, invece, la madre diventa è un modello e un'ispirazione. Le figlie, infatti, iniziano a instaurare un legame davvero forte con la mamma, verso i 5 anni, quando le madri sono modelli da emulare e seguire. Figure in cui riconoscono la propria identità femminile, ovviamente a patto che sia questa la loro identità di genere.
Crisi adolescenziale o conflitto?
Va da sé che, sia in un caso che in un altro, se la figura della madre si dimostra essere tossica, o non rispetta una sequenza lineare di comportamenti coerenti ed educativi agli occhi dei figli, questa tenderà a causare effetti indesiderati. A 10 anni nel figlio maschio si potrebbe innescare una naturale reazione di rabbia nei confronti di una madre troppo ingombrante. In questo momento, il figlio si distacca completamente dalla madre e inizia il suo percorso verso l'autonomia e la crescita personale.
Nelle figlie, invece, questa fase di rabbia potrebbe presentarsi poco dopo i 10 anni, sotto forma di recriminazione e rivendicazione di una preparazione al mondo femminile che non è mai arrivata. La figlia femmina, infatti, nei confronti di una madre assente o esuberante, potrebbe accusarla di non averle dato i giusti insegnamenti per essere donna nel mondo.
Come capire se si ha una madre tossica?
Una madre si può definire "tossica" quando, durante la crescita dei figli, prevale il lato divorante, iperprotettivo, inibente, ansiogeno e preoccupato, piuttosto che quello sano ed emancipante. Una madre equilibrata tende a crescere i propri figli con fermezza e premura, ma anche con libertà. Una mamma tossica, invece, non accetta che i figli possano intraprendere strade che li portino lontani dal suo modo di pensare, o ancor peggio, lontani da lei.
Per le mamme di questa tipologia, il libero arbitrio o l'amore liberante non sono ammissibili. La sola idea che i figli (soprattutto maschi) vogliano volare con le proprie ali, le terrorizza. Questo è il tipico atteggiamento ossessivo che definisce le basi di un rapporto madre-figlio patologico.
Dall'altra parte si parla di rapporto conflittuale quando la madre non si pone in alcun modo come esempio da seguire, e anzi, è assente. Rientrano in questa categoria le madri impegnate su altro. Quelle che dedicano troppo poco tempo alla famiglia e che spesso, con i loro esempi sbagliati, contribuiscono non solo a costruire un'idea distorta dei rapporti umani nelle menti dei figli, ma anche a provocargli una reazione di attaccamento evitante.
VEDI ANCHE LifestyleLasciare una persona tossica è difficile: ecco le strategie giuste per farloIn che modo il rapporto con la madre influenza le relazioni
La relazione madre-figli è un rapporto che, inevitabilmente, educa alla relazione con gli altri. Sono numerose, infatti, le varianti in cui il rapporto con la madre influenza le relazioni da adulti. A tal proposito, secondo recenti studi, è stato dimostrato che le madri trasmetterebbero ai figli anche le proprie abilità relazionali. A quanto pare, i figli di donne con più partner e reduci da numerosi rapporti poco stabili, tenderebbero a seguire l'esempio delle madri, anche se non si tratta di una regola.
Così come il caso del figlio che ha costruito un rapporto simbiotico con la madre e che porterà sempre dentro di sé tracce di nostalgia e di rimpianto nella ricerca della donna futura. In questi casi, molti uomini sono attratti proprio da donne con caratteristiche simili alle madri, sia a livello caratteriale che fisico.
In altri casi, invece, potrebbe presentarsi la situazione inversa in cui il maschio cerca compagne diametralmente opposte alla madre, sotto ogni punto di vista. Per le ragazze, forse, il discorso è un po' più complesso dal momento che la proiezione della figura materna non si applica su terzi ma su se stesse.
Può capitare, infatti, che tra madre e figlia si sia instaurato un rapporto di paragone, fatto di ammirazione e al tempo stesso di rivendicazione. In questi casi la figlia sentirà sempre il peso della delusione di non essere abbastanza nei confronti della madre, o di non essere riuscita a ricrearne una versione migliore. Questa continua sensazione di delusione delle aspettative non farà altro che rendere la ragazza insicura e bisognosa di accettazione, molto spesso da parte di partner tossici e dominanti.
Si può dare la "colpa" alla madre per i fallimenti amorosi?
Detto questo è quindi giusto dare la "colpa" alla propria madre se si continua a incappare in relazioni disfunzionali? Si e no. O meglio, può succedere che l'imprinting materno ci influenzi a tal punto da sviluppare la tendenza a costruire relazioni non sane, ma essere adulti significa essere responsabili della propria vita. I
l che comprende anche analizzare le proprie criticità interiori e lavorarci su (con l'aiuto di uno psicologo se serve) in maniera tale da cominciare a comportarsi in maniera diversa. Insomma, stabilire cosa ci ha influenzato va bene, ma volerci bene e fare cose che non ci danneggino è in tutto e per tutto compito nostro.
Il ruolo del genitore: un lavoro a sé!
Considerato che durante la crescita le madri lasciano inconsapevolmente le proprie tracce nei figli, e che anche i loro atteggiamenti vengono passivamente assorbiti, quello del genitore è un lavoro davvero complicato. Infatti, così come vale per una madre, la storia segue lo stesso iter anche nel caso del rapporto con il padre.
Si tratta di un continuo gioco di fiducia e rispetto da ambe le parti. Un gioco dove vince il genitore che comprende fino in fondo che, per quanto il figlio sia una propria creazione, arriva un momento in cui bisogna considerarne l'individualità e preservarla.