Il trattamento del silenzio indica una dinamica incredibilmente diffusa per affrontare i contrasti relazionali. Potrebbe esserti capitato, potrebbe capitarti regolarmente con il partner, con un familiare o con gli amici. Oppure potresti essere tu a mettere in atto il cosiddetto trattamento del silenzio.
Ma di cosa si tratta di preciso? In sintesi il trattamento del silenzio consiste nell'interrompere un litigio o una discussione semplicemente con il silenzio. Smettendo quindi di rispondere, a volte addirittura rendendosi irreperibili pur di seppellire la discussione. Il silenzio può durare ore o giorni, e può essere estremamente doloroso da subire. Al contrario, chi lo mette in pratica spesso si nasconde dietro la scusa che il silenzio sarebbe utile a raffreddare gli animi e abbassare i toni della discussione. Peccato che al contrario diventa un modo per interrompere qualsiasi discussione.
In realtà, più che di una tecnica per non far degenerare una discussione, il trattamento del silenzio finisce il più delle volte per rivelarsi una modalità manipolatoria. Comprendere i meccanismi che si nascondono dietro a questo comportamento può essere molto utile per difendersi e reagire in maniera sana. Andiamo a vedere tutto quello che c'è da sapere sul trattamento del silenzio.
Che cos’è il trattamento del silenzio
Il trattamento del silenzio è una delle tattiche passivo-aggressive più frustranti e comuni. Non è raro, infatti, subirlo e sentirsi impotenti non sapere come poterne uscire e smettere di soffrire. Si tratta di un abuso emotivo silenzioso, che ha il fine di controllare, punire o rendere innocuo chi lo riceve.
VEDI ANCHE LifestyleLasciare una persona tossica è difficile: ecco le strategie giuste per farloIn cosa consiste il trattamento del silenzio di preciso? Come abbiamo accennato, spesso viene messo in atto durante un litigio, e consiste precisamente nel tagliare la discussione non rispondendo più, assentandosi, non dando più riscontri di alcun tipo all'altra persona. Un grande classico è smettere di rispondere ai messaggi e al telefono, magari dopo essere andati via fisicamente dal luogo in cui si sta discutendo. Chi lo mette in atto ha spesso la "scusante" di voler abbassare i toni del litigio e far raffreddare i bollenti spiriti. Ci può stare, certo, ma ignorare completamente l'altra persona è in realtà un abuso emotivo vero e proprio. Specie se poi la persona che ha attuato il silenzio si ripalesa dopo un certo lasso di tempo come se niente fosse, pretendendo di aver ricomposto la discussione semplicemente col suo silenzio, e soprattutto senza chiedere scusa.
Viene messo in atto, perlopiù, da chi ha delle caratteristiche narcisistiche della personalità, o da chi è immaturo emotivamente. Non accade solo nelle relazioni amorose: può essere il comportamento ricorrente di un genitore, di una sorella o un fratello, ma anche di un amico.
In base alle varie declinazioni, chi lo subisce si sente improvvisamente insignificante, invisibile e soprattutto impotente. Possono subentrare confusione, dubbi e – addirittura – sensi di colpa. Chi lo mette in pratica, invece, può esprimere disprezzo e disapprovazione.
Le conseguenze negative
Il trattamento del silenzio è un vero e proprio abuso emotivo che può provocare delle conseguenze negative e che sarebbero decisamente da evitare. Le più comuni sono cinque:
- Il trauma emotivo
Si manifesta sotto forma di stress, depressione, irrequietezza, isolamento e rifiuto. Chi ne è vittima può sentirsi anche tradito;
- Lo stress psicologico
Scaturisce dalla manipolazione. La vittima si sente in balia dell’altra persona e perde la propria autostima;
- Effetti collaterali fisici
Sono dovuti all’attivazione della corteccia cingolata anteriore del cervello. Fra i sintomi ci sono mal di testa, mal di stomaco, insonnia, ansia e spossatezza;
- Cambiamenti nel comportamento
Essere ignorati ci fa mettere in discussione, dubitare di noi stessi;
- Deterioramento delle relazioni
La comunicazione fra due persone è fondamentale. Il silenzio non fa altro che danneggiarla o eliminarla del tutto, provocando una sorta di esternazione, per cui si crede che il problema sia dell’altro. Risultato: nessuno interviene.
Sono, queste, tutte situazioni da evitare. Per poter essere incisivi e non farsi trascinare dagli eventi il primo passo è il riconoscimento di un problema e, poi, la ricerca di aiuto da parte di esperti del settore. Perché se per quanto riguarda le relazioni si può decidere di interrompere ogni contatto, quando ad attuare il trattamento del silenzio è un genitore la situazione è molto più complessa.
VEDI ANCHE LifestyleCome imparare a gestire un manipolatore e neutralizzarloOpportune distinzioni e motivazioni comuni
È fondamentale fare una differenza fra chi rimane in silenzio perché non vuole più discutere, perché crede che il conflitto sia in uno stato di stallo e non vuole aggiungere altra carne al fuoco, e chi usa la mancanza di dialogo come un’arma per punire.
Chi lo fa con quest’ultimo intento, di solito, non ha altre risorse psicologiche da mettere in campo. Lo fa chi crede di non essere ascoltato e cerca un modo per attirare l’attenzione, chi pensa che il proprio interlocutore sia in errore e dovrebbe chiedere scusa.
Lo fa anche chi crede che raggiungere un accordo sia impossibile e prova a far cedere l’altro, ma pure chi è profondamente offeso e non vuole riconoscerlo. Infine, il trattamento del silenzio è proprio di chi non vuole affrontare un argomento delicato, accusa l’altro e lo castiga con il fine di fargli cambiare argomento.
A prescindere dalla causa scatenante, l’obiettivo è piegare chi si ha di fronte (idealmente o realmente). È un modo per scaricare la responsabilità e far sentire in colpa. Arrivati a questo punto, non interessa più il dialogo ma solo che l’altra persona accetti il punto di vista differente.
Come reagire al trattamento del silenzio
Chi mette in atto il trattamento del silenzio si nutre degli stati d’animo negativi che mostra la vittima. Di conseguenza, è meglio evitare di cercare – inutilmente – il dialogo. La risposta ideale è mettere da parte tutta la sofferenza e i sentimenti di sconforto naturalmente scaturiti e prendere atto che si ha di fronte una persona che ha fatto ricorso a un abuso emotivo perché non è in grado di fare altro.
Per rompere il meccanismo, bisogna distaccarsi e non fomentarlo. A lungo andare, il passivo aggressivo cederà perché capirà di non ottenere il risultato sperato. Questa, certamente, è la risposta più saggia quando il silenzio è punitivo, manipolatorio e vuole controllare.
Un altro modo di reagire è attraverso il distacco e il dialogo semplice: un messaggio unidirezionale che avrà effetti differenti in base al soggetto che lo riceve. Bisogna chiarire che si è stati vittime di un atteggiamento immaturo e che non sortirà alcun effetto.
Se si ha un rapporto stretto con il proprio interlocutore, inoltre, si può suggerire di cominciare una psicoterapia per imparare a gestire emozioni e pensieri. Quella di coppia non è detto che venga accettata subito, meglio iniziare con quella individuale.
Infine, quando inizia il trattamento del silenzio, è bene imporsi di allontanarsi (fisicamente o psicologicamente) da chi sta commettendo l’abuso.
Quando il silenzio è positivo
Alle volte è meglio rimanere in silenzio, ci sono dei casi in cui – quindi – non si sta mettendo in atto un comportamento sbagliato. Succede quando si è troppo arrabbiati, quando l’interlocutore è troppo esaltato e si rischia di degenerare.
Il silenzio, inoltre, può essere una pausa fruttuosa nella discussione, un momento di riflessione. Si riconosce quando è positivo perché il fine è il rispetto e non la punizione. In questi casi però bisogna verbalizzare chiaramente il proprio bisogno: chi dei due sente il bisogno di interrompere momentaneamente la discussione deve dirlo chiaramente all'altro, e spiegare che preferirebbe interrompere lo scontro per riaffrontarsi in un secondo momento, a mente fredda e dopo aver riflettuto su quanto accaduto. Questo vuol dire che ci si impegna anche a riprendere la discussione in un secondo momento, in cui si avrà la freddezza e la tranquillità di confrontare le proprie posizioni in maniera più civile e fruttuosa. Un silenzio "benevolo" non può mai rappresentare la morte della discussione, in seguito alla quale non si risolve la questione e semplicemente si fa finta di nulla.
In sostanza, si tratta di un dardo vuoto che può avere tanti significati, quindi se qualcuno è davvero importante per noi, diciamo in maniera assertiva quello che sentiamo e che pensiamo.
Non lasciamo che i fraintendimenti ci allontanino dalle persone a cui vogliamo bene. Altrimenti i problemi, invece di risolverli, li amplifichiamo e li rafforziamo. Questo non porta a nulla di buono.