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Ecco perché allenare l’altruismo ti migliora la vita

altruismo
21-02-2024
Ti sei mai sentito meglio dopo aver fatto una buona azione? Questo senso di gratificazione non è puramente egoista, ma di certo il proprio benessere gioca un ruolo importante quando si allena l’altruismo
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Qual è il vero significato dell’altruismo? Si tratta di un modo di agire che è sicuramente pensato per fare del bene agli altri perché è costruttivo e proattivo, ma aiuta anche il nostro benessere perché ci fa stare meglio.

L’essere umano, animale sociale per definizione, trasforma i momenti conviviali e l'aiuto dato agli altri in occorrenze in cui trovare una leva essenziale individuale. L’altruismo, in tal senso, funziona alla perfezione, e può regalarci numerosi benefici psicologici.

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Parliamo di altruismo

È più facile esercitare l’altruismo quando siamo in grado di metterci nei panni di chi abbiamo davanti praticando l'empatia. Questo assunto è vero e purtroppo limita non poco la nostra capacità di provare un sentimento capace di liberare la parte migliore di noi stesse.

Altruismo significa compiere delle azioni a beneficio degli altri senza aspettarsi nulla in cambio. La finalità è fare del bene, e non trarre un ritorno vantaggioso dall’atto. Molto spesso esercitiamo l’altruismo in maniera quasi chirurgica, e tante volte solo a beneficio di una ristretta cerchia di parenti o amici.

Dal punto di vista mentale, però, l’altruismo è un’arma chimica potentissima, capace di scatenare gli ormoni della felicità e rilasciare un senso diffuso di piacere. In che modo la psicologia giustifica questa reazione?

Psicologia dell’altruismo

In opposizione all’egoismo, dove ogni azione è mossa da un tornaconto personale, l’altruismo è una tendenza a compiere azioni a beneficio degli altri, con il preciso obiettivo di fare del bene – in vari modi – senza attendersi un tornaconto personale. L’altruismo agisce dunque per il bene collettivo in maniera disinteressata. È nobile perché non riguarda noi, non ci dà vantaggi, ma ci fa sentire bene senza bisogno di dimostrarlo a nessuno.

Situazione borderline: un influencer o una personalità celebre fanno una donazione a un ente benefica e lo fanno sapere sui social media e sulle piattaforme televisive. L’atto è sicuramente benefico e generoso, ma non può essere considerato altruista. Di questo termine manca infatti la seconda parte, ovvero “l’assenza di tornaconto”.

Quando si fa del bene con lo scopo o comunque l’effetto di farlo sapere a tutti, l’altruismo cessa di essere tale? Purtroppo non è sempre tutto nero o bianco: esistono zone grigie che diventano fonte di discussione.

Perché si diventa altruisti?

Le persone assumono comportamenti altruisti perché vogliono aiutare persone a loro vicine, come amici o membri della famiglia. In generale, chi nasce in una famiglia altruista, tenderà a manifestare comportamenti altruisti.

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Alcune persone amano la sensazione biologica di benessere rilasciata dal gesto di altruismo. I centri di gratificazione e di distribuzione del piacere si attivano quando facciamo un atto di altruismo. Altre, invece, aiutano le persone che si trovano in situazioni di sofferenza perché oltre al beneficio “chimico”, l’altruismo aiuta a rafforzare l’idea positiva che ci si è costruita di se stessi.

Ci sono tanti motivi per cui si sceglie l’altruismo e spesso, a livello sociale, esso deriva da un senso civico o un senso del dovere. Un giovane aiuta una signora anziana o una donna incinta a caricare i bagagli sul treno per un senso di altruismo innescato dall’attività chimica del suo cervello, ma anche perché è la cosa giusta da fare.

L’altruismo reciproco

Robert L. Trivers, biologo e sociobiologo statunitense, ha ipotizzato la teoria dell’altruismo reciproco. In essa, l’altruismo è scatenato al di fuori del cerchio ristretto familiare quando il danno che potrebbe ricevere il benefattore è più basso del beneficio che riceve la persona aiutata. Al tempo stesso, il benefattore potrebbe diventare a sua volta destinatario di un gesto altruistico da parte di chi ha ricevuto aiuto.

Insomma: l’altruismo è una linea sottile e chi la pratica tende comunque a ricevere un beneficio, sebbene autoindotto attraverso forme di sollievo, autostima migliorata e approvazione sociale. Inoltre esiste sempre la possibilità di essere ricambiati.

Praticare l’altruismo: come allenare questo muscolo buono

Non è facile determinare se un essere umano è altruista per nascita o come conseguenza della situazione ambientale in cui è cresciuto. Un uomo nasce forse altruista, e diventa egoista in base alle relazioni sociali che subisce o che sperimenta?

Qualche filosofo affermava che l’uomo nasce puro e solidale per natura, trasformandosi con le esperienze di vita e corrompendosi nei meccanismi viziosi della società. A volte si diventa egoisti per un puro istinto di sopravvivenza, difficile da controbattere.

Allenare l’altruismo è un atto volontario che dipende dalla nostra capacità di provare empatia nei confronti di chi abbiamo davanti. Immedesimarsi o tentare di prevedere le necessità altrui è importante per sviluppare questo senso di coesione, coesistenza e armonia con la società che ci circonda.

Chi non è abituato all’altruismo può trovarsi davanti la barriera del giudizio o della commiserazione nei confronti degli altri. Qualcuno pensa di non voler avere niente a che spartire con le persone in situazioni difficili, e se ne allontana come fossero contagiose. L’altruismo guarda oltre la paura, le cose che non si riescono a capire bene, e vede la bellezza della quotidiana umanità – imperfetta, ma al tempo stesso capace di accomunarci tutti.

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