Spesso ci concentriamo sulle criticità dei rapporti con gli altri, familiari, amici, partner - e su come ci approcciamo a loro. E magari finiamo per dimenticare il rapporto più importante, vale a dire quello con noi stess*, e dimentichiamo completamente di praticare l'autocompassione.
Volersi bene è fondamentale per vivere in maniera equilibrata e serena, ma cosa vuol dire davvero? Prova a riflettere su quanto sei capace di perdonarti e di prenderti cura delle tue ferite. Prova a riflettere su quanto sei severa con te stessa, sulle parole che usi con te stessa, e se sono più o meno aggressive di quelle che usi nella vita quotidiana per rapportarti con gli altri. Se ti rendi conto che sei molto più gentile con i tuoi amici che con te stessa, forse qualcosa non va.
Secondo alcuni studi, le persone che coltivano l’autocompassione tendono a soffrire meno di ansia e depressione manifestando invece maggiore ottimismo e motivazione ma soprattutto soddisfazione nella vita. Se anche tu ti sei accorta di essere la peggior nemica di te stessa continua a leggere questo articolo: cercheremo di spiegare cosa è davvero l'autocompassione e come imparare a praticarla per vivere meglio.
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Prendersi cura di se stessi è fondamentale, il mondo della psicologia calca molto su questo aspetto ma non è solo questa scienza a spiegarlo. Per potersi far amare ma soprattutto per amare in modo sano e bilanciato è prima necessario fare un lavoro su se stessi. Tra gli strumenti che vengono in nostro aiuto c’è l’autocompassione.
L’autocompassione in psicologia è da intendere come la capacità di perdonarsi ed essere più indulgenti e meno critici con se stessi. Il lavoro che deve essere fatto è quello di entrare in empatia con se stessi, imparare l’arte della gentilezza, perdonare i propri errori ed essere davvero fan dei propri traguardi. Si tratta di un’abilità dell’intelligenza emotiva che va a nutrirci ed è un ottimo strumento per andare a posare lo sguardo su nei stessi imparando a conoscerci.
Come si identifica
L’autocompassione si può identificare in tre elementi principali. Il primo è quello dell’auto-gentilezza. Proprio come facciamo quando parliamo di compassione verso gli altri dovremmo praticare atti di gentilezza verso noi stessi trattandoci come tratteremmo un amico o un familiare nella medesima situazione.
Il secondo step è quello dell’umanità: percepire il nostro essere umani e quindi fallibili è assolutamente necessario. Nessuno è invincibile anche se vogliamo provare a vestire i panni di supereroine. Il terzo elemento è quello della consapevolezza: questa è proprio la chiave di svolta che può aitare a gestire il momento e provare davvero auto-compassione.
I benefici
Praticare autocompassione riesce a dare vita a diversi effetti positivi. Secondo gli studi chi riesce a mettere in pratica questo atteggiamento riesce ad avere un approccio più positivo alla vita che sfocia poi in maggiori soddisfazioni ma non è tutto qui. Se da una parte si riesce ad evidenziare un aumento di ottimismo e un approccio più felice alla vita, dall’altra si notano anche diminuzione di stati d’ansia, di depressione o di problematiche legate allo stress.
VEDI ANCHE Lifestyle8 semplici esercizi per migliorare l’autostima da fare ogni giornoCome praticarla?
Ora che abbiamo capito di cosa si tratta e quali benefici porta andiamo al dunque: come si pratica l’autocompassione? Per riuscire a praticarla devi farti qualche domanda. La prima è “come reagiresti se nella tua situazione ci fosse una persona a cui vuoi bene?”. E metti in pratica il medesimo atteggiamento verso te stesso. Pratica gesti di gentilezza, coccolati e prenditi cura di te. Perdona i tuoi errori e prova a trovare una soluzione efficace ma senza condannarti mai per quanto accaduto.
Tra i metodi più apprezzati e consigliati per applicare l’autocompassione c’è la filosofia Mindfulness. Questa filosofia sta riscuotendo grande successo e viene apprezzata sia dagli psicologi che la consigliano, sia dalle persone che una volta provata non tornano indietro.
Perché manca la compassione verso noi stessi
I motivi per auto-sabotarsi sono tantissimi e spesso sono legati alla nostra infanzia o al nostro passato. Quello che è certo è che la mancanza di compassione va a generare un circolo vizioso da cui difficilmente si esce. Per prima cosa si provano rabbia e difficoltà che portano ad un autoisolamento, dimostrando come mancanza di fiducia e isolamento siano collegati. Poi si inizia un percorso di irresponsabilità, disconoscendo le proprie colpe e addossando ad altri quelle delle proprie sofferenze. Si arriva poi a provare disprezzo che ci rende vulnerabili ed infine mancanza di speranza ed obiettivi. Questo ultimo passo è quello che più ci porta a spegnerci.
Compassione VS autocompassione
Se la compassione è legata all’empatia con cui riusciamo a percepire la sofferenza degli altri, l’autocompassione è lo stesso atteggiamento ma rivolto verso noi stessi. Secondo alcuni studi psicologici siamo più portati a provare compassione per altri che per noi stessi; siamo infatti i nostri peggiori nemici e tendiamo troppo spesso ad accusarci invece di comprenderci e accompagnarci verso una soluzione con un atteggiamento più positivo.
Non è egoismo
Quando si parla di autocompassione e di non accusarsi dei propri errori molte persone vanno incontro all’errore di sovrapporre questo concetto con l’egoismo. L’autocompassione in realtà si discosta totalmente dall’egoismo perché è direttamente collegata alla compassione, cioè all’empatia verso l’altro. Praticarla non significa schiacciare e fregarsene degli altri ma avere un occhio di riguardo per se stessi senza accusarsi sempre di qualsiasi cosa ma avendo un atteggiamento più positivo e di supporto per se stessi.