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Psicologia della compassione: perché coltivarla verso noi e verso gli altri ci cambia la vita

compassione
19-03-2024
Un sentimento che unisce e che ci rende parte dell'altro e più consapevoli di noi stessi. Ecco così la compassione e perché è importante coltivarla.

Cosa è la compassione? Si tratta di un sentimento che ci spinge verso chi abbiamo di fronte e che motiva i nostri comportamenti di aiuto verso l’altro e verso la sofferenza dell’altro. Un comportamento anche detto pro-sociale e che si traduce nella capacità di soffrire con chi si ha davanti, accogliendo la sua sofferenza senza alcun tipo di giudizio, immedesimandosi in ciò che prova e che sente e per questo provando una spinta ad aiutarlo. La compassione non è la stessa cosa dell’empatia, ma che è ancora più profonda.

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Cos’è la compassione

La compassione è la capacità di sentire l’altro, di riconoscere la sua sofferenza come fosse propria, senza nessun tipo di giudizio o pregiudizio, senza difese e senza limiti, pietà o alcun tipo di commiserazione. Ma trattando la sofferenza provata come fosse la propria e come se ci riguardasse in prima persona.

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Si tratta di un sentimento che deriva dalla capacità di provare qualcosa di molto simile o alla pari della persona che si ha vicina, sentendolo come proprio e che, come detto anche dal Dalai Lama, deriva dalla non sopportazione della sofferenza altrui, tanto da provare un desiderio genuino e spontaneo di alleviarla.

Un sentimento che nasce spontaneo ma che può essere coltivato, mettendosi in contatto realmente con la sofferenza e imparando a conoscerla, comprenderla e approfondirla. E in primo luogo facendolo verso se stessi.

Per natura, infatti, si è molto più propensi a provare compassione verso le persone che ci sono più care, come famigliari e amici, un sentimento che nasce come risposta a ciò che ci viene mostrato a nostra volta. Come a dire, se ricevo del bene ne darò a mia volta e così allo stesso modo per ciò che bene non è.

Ma chi prova compassione reale la prova per tutti, indipendentemente da ciò che si riceve, perché quando c’è sofferenza questa è insopportabile a prescindere da chi la vive. Un sentimento che quindi non si basa sull’atteggiamento di chi si ha davanti, ma sul saper riconoscere che quella persona sta soffrendo, esattamente come soffriamo anche noi.

Compassione verso di sé

La compassione, infatti, non riguarda solo ciò che si prova verso gli altri, ma ha anche molto a che fare con noi stessi e con la nostra capacità di comprenderci e di non giudicarci. Sempre facendo riferimento alle parole del Dalai Lama, infatti, “Se vuoi che gli altri siano felici, pratica la compassione. Se vuoi essere felice tu, pratica la compassione”. Ed è così che dovrebbe essere.

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Provare compassione verso se stessi, infatti, non ha nulla a che vedere con l’autocommiserazione, con il giustificarsi o con il “piangersi addosso” ma è un passo fondamentale che ci permette di accettarci per come siamo, senza vergogna, giudizio alcuno o colpa, liberi da congetture o critiche ma aperti ad accogliersi per ciò che si è.

Piscologia della compassione

Un aspetto talmente importante per la propria serenità, da essere stato inserito nella Compassion Focused Therapy (CFT), un approccio terapeutico ideato da Paul Gilbert, professore di psicologia presso l’Università di Derby nel Regno Unito, e che punta a sviluppare nei pazienti un atteggiamento di autoconsolazione e compassione verso se stessi, utile a sviluppare una miglior regolazione emotiva e ad aumentare la sicurezza in sé stessi.

Provare compassione verso di sé e verso gli altri, quindi, dipende molto dal saper cogliere l’umanità nelle persone, trattandole e trattandosi come esseri umani e non come numeri, e di conseguenza potendo provare compassione e potendo comprendere a pieno la sofferenza vissuta, sia quella degli altri che la propria.

Un sentimento e una capacità che unisce e avvicina al prossimo, che ci fa tendere la mano e che ci fa comprendere ciò che viene vissuto come fosse capitato a noi, facendoci diventare un vero aiuto per chi abbiamo davanti così come per noi stessi, mettendoci nell’impossibilità di fare e farci del male. E di fatto portando avanti un’idea di vicinanza e amore esteso e che abbraccia ogni persona in quanto tale.

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