La vita è difficile e il vittimista, in questa verità, ci sguazza. Naturalmente capita a tutti di avere dei momenti decisamente no, in cui si sente il bisogno di spiegare ad amici e parenti che le nostre emozioni sono reali e ci rendono la persona più infelice del mondo.
C’è però una differenza tra chi vive male una brutta esperienza e chi fa la vittima, e questa importantissima differenza è insita nel significato della parola vittima.
Vittimista o estremamente infelice?
La vittima. La vittima è una persona che ha subito un torto, è stata umiliata o peggio ancora e non ha potuto farci niente. Parliamo di vittime anche in situazioni di cronaca nera, quando pensiamo alle vittime dei femminicidi o, per esempio, alle vittime di un incidente stradale. Quando usiamo questa parola nel contesto di un evento catastrofico, come per esempio un aereo che precipita, stiamo parlando di persone che si sono trovate coinvolte in una situazione al di fuori della loro sfera di controllo, e che non hanno colpe per quello che è accaduto.
Ebbene, quando parliamo di vittimismo, la questione è un po’ diversa. Lui vuole essere una vittima, e trasla il caleidoscopio degli eventi in maniera da far sembrare che il mondo congiuri specificamente contro di lui. È una persona che sostiene di avere tutti contro di sé, e soprattutto non è capace di assumersi la responsabilità delle sue azioni che, talvolta, possono essere state sbagliate. Al vittimista questo però non importa: le cose sono andate male, e adesso la vittima è lui.
La mentalità della vittima: cos’è?
Partiamo da un presupposto importante: il vittimismo non è una malattia. Detto ciò, però, esistono alcuni segnali, o atteggiamenti, per cui una persona ha avuto esperienze negative in passato e adesso vive con la granitica certezza che è solo questione di tempo prima che si verifichino di nuovo.
Non solo: il vittimista è certo che la colpa di tutte queste disgrazie sia da imputare esclusivamente agli altri, e di conseguenza cercare di risolvere i problemi o cambiare non ha assolutamente senso. È colpa degli altri, cosa ci si può fare se il mondo è ingiusto?
Infine, il soggetto in questione è campione olimpico di lamentele. Ama crogiolarsi nella sua sfortuna raccontando agli altri tutto ciò che gli accade, ma lo fa mettendo in luce solo il lato negativo degli eventi.
Quando la situazione diventa patologica, dietro il vittimismo potrebbero esserci altri problemi annessi e connessi a un trauma. Gli effetti di questo trauma hanno devastato l’immagine che questa persona ha costruito di sé, cambiando le sue convinzioni su quello che il futuro ha in serbo per lui. Inoltre, il trauma può portare la persona a dissociare le sue colpe dagli eventi, andando invece a far ricadere le brutte esperienze sul mondo gramo.
Come si riconosce un vittimista?
Ci sono alcuni segnali inconfondibili che possono aiutarti a capire se hai davanti una persona che sta attraversando un brutto momento, o invece hai a che fare col vittimista:
- La ricerca del colpevole, che non è mai lui, è la sua prima missione nella vita. Ammettere un concorso di colpa? Impensabile, è lui la vittima.
- Manipolazione dei fatti e distorsione della realtà, in maniera tale da creare una narrazione conforme a quello che il vittimista percepisce.
- L’autocommiserazione se la mangia a colazione. E anche per lo snack mattutino, per il pranzo, la merenda, la cena e lo spuntino di mezzanotte. Una pentola di fagioli che borbotta continuamente quando la sua vita sia sciagurata.
- È invidioso dei successi altrui, e cerca di sminuirli mettendosi al centro. “Se la mia vita fosse stata diversa, al suo posto ci sarei io, ma come al solito sono troppo sfortunato”.
- Anche se ama fare proselitismo sul fatto che la vita è difficile, la sua visione non è solo pessimista, ma estrema. Non c’è modo che un vittimista possa esprimere le sue emozioni senza essere drammatico o, perfino, tragico.
- È rancoroso, ma non sul breve periodo. Il suo rancore è più solido delle fondamenta di un grattacielo, e non dimentica facilmente i torti subiti.
- Ha la costante sensazione che qualcosa manchi nella sua vita, ma non riesce a capire cosa.
Cosa ci si guadagna col vittimismo?
La posizione del vittimista può risultare molto comoda, ed è proprio per questo motivo che, quando lo si asseconda, si tende a rendere la tendenza al melodramma un fenomeno cronico. Se lo si commisera, o comunque gli si dà ragione, si finisce inevitabilmente per validare il suo stato d’animo, andando a peggiorare la situazione.
Manifestazioni di affetto e compassione nei confronti di un vittimista possono essere nocive per la sua redenzione. Il mondo può non essere “giusto” come lo si intende filosoficamente parlando, ma di certo non si è svegliato un mattino decidendo di prendersela con il vittimista.