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Come si impara davvero la comunicazione non violenta

coppia che passa tempo insieme praticando la comunicazione non violenta
21-06-2022
La violenza entra nella nostra vita in tanti modi, persino nelle conversazioni più banali. Imparare i termini della comunicazione non violenta ti educa a un linguaggio più consapevole e compassionevole, e ti è utile anche difenderti

Attraverso le regole della comunicazione non violenta (o nonviolenta), le persone trovano il modo di esprimere loro stesse attraverso un linguaggio più consapevole del potere delle parole.

La violenza ti travolge in tanti modi e può farlo in qualsiasi momento, anche solo con le parole nell'ambito di una conversazione banale. Se la violenza fisica risulta essere più facilmente riconoscibile, non devi limitarti a quello che vedono i tuoi occhi.

Nessuno di noi è immune da forme di violenza verbale che talvolta è gratuita, dovuta alla mancanza di educazione comunicativa. E che dunque può essere evitata. Riconoscere il linguaggio violento per combatterlo, o prendere le dovute distanze e proteggersi: ecco lo scopo di questo piccolo articolo.

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La violenza verbale: come riconoscerla

La violenza prende tante forme, e alcune di esse sono talmente subdole da nascondersi nelle parole. Quando ti senti violata da un comportamento verbale, quando senti di essere stata ferita da una forma di violenza passiva, sappi che la medesima ferita è tanto difficile da guarire quanto lo è un livido, o un taglio. A volte, un discorso può fare così male da provocare un allarme permanente dentro di te, un acuto squillo che inizia a cantare ogni volta che ti trovi in una situazione analoga. E ti ricorda che non sei all’altezza, non sei adatta, non sei abbastanza.

Le parole possono costruire o distruggere l’autostima, e sai bene quanto è facile distruggere rispetto al costruire. Esse giocano un ruolo fondamentale nella dinamica delle relazioni, e ci permettono di legittimare o delegittimare un comportamento. Attraverso le parole, si possono attribuire i comportamenti violenti agli stati emotivi, a forze più grandi di noi, alla salute o a qualcosa che non siamo in grado di controllare.

Ti ho urlato contro perché sono stanco. Ti ho detto che hai il sedere grosso perché sono stressato. La società fa schifo, e quindi chissenefrega se mi comporto in un certo modo. Se le leggi così, sembrano giustificazioni quasi comiche: il problema è che nello svolgersi della vita quotidiana, ci troviamo spesso a dare o ricevere risposte su questo tono per delegittimare un comportamento verbale o psicologico quantomeno deprecabile. Se non addirittura inaccettabile.

Usiamo le parole anche per dare una definizione assoluta delle persone che ci circondano, giudicando senza tener conto del fatto che il nostro è un parere personale. E non la verità piovuta dal cielo. Quando fotografiamo gli altri con un’etichetta pesante (morto di fame, buona a niente, sfigato) creiamo una macchia che può rimanere sulla loro identità anche per tutta la vita. E proiettiamo sugli altri quello che vorremmo non accadesse a noi, ma che sentiamo di poterci meritare.

Cos’è la comunicazione non violenta?

Attraverso la comunicazione non violenta, o la comunicazione empatica, puoi educarti a usare le parole non come un’arma, ma come uno strumento. Non serve a niente ferire qualcuno attraverso un linguaggio pungente: gli insulti, velati o meno, non lo spingeranno verso più miti consigli. Le parole sono uno strumento pacifico che, attraverso un’espressione onesta e trasparente, ci permette di comunicare cosa sentiamo e cosa vogliamo, senza dimenticare che dall’altra parte ci sono degli esseri umani come noi.

La comunicazione non violenta, dunque, ci permette di diventare più consapevoli che il giudizio morale è l’espressione diretta (o contorta e complessa) di un nostro bisogno.

Attraverso questo tipo di comunicazione non solo riusciamo a essere persone migliori per la società, ma riusciamo a fare chiarezza sui fatti che ci provocano una reazione, sulle emozioni che sentiamo in relazione agli stessi e a ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Può sembrare complicato, ma vedila così: il modo in cui parli, il linguaggio che adoperi, esprime una verità di te più profonda di quanto non immagini neanche.

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Come si pratica la comunicazione non violenta?

Il modello di comunicazione non violenta si articola in quattro punti diversi a cui dovrai educarti col tempo. Non appena li avrai letti, penserai: ma è impossibile! Come faccio a essere oggettiva quando sono arrabbiata? Vedo tutto rosso!

Ecco perché praticare la comunicazione empatica richiede allenamento: si tratta di un modo diverso non solo di scegliere le parole, ma di fare ordine nelle emozioni e nel cervello.

  • Osserva, ma non giudicare.

Quando hai bisogno di tirare fuori un argomento di discussione o confronto, ricordati di descrivere i fatti nel modo più oggettivo che puoi, senza giudicare e senza procedere per assoluti. Non: “Sei sempre arrabbiato”, ma “Ho notato che ultimamente la sera sei così stanco che fai fatica a tenere sotto controllo la tua rabbia”.

  • Esprimi i tuoi sentimenti.

Davanti al fatto oggettivo che hai appena descritto, devi provare a riconoscere i tuoi sentimenti. “Quando mi aggredisci con tutta quella rabbia mi sento davvero demoralizzata e avvilita”.

  • Assumiti le tue responsabilità.

Se è vero che chi hai davanti ha provocato quei sentimenti, l’unico responsabile di essi sei tu stessa. Sei tu che scegli di interpretare i tuoi sentimenti in quel modo. Ricordati che esprimere i sentimenti non significa spingere la persona che hai davanti verso il senso di colpa, manipolando il soggetto. “Mi sento così avvilita perché non riesco a capire come posso aiutarti”.

  • Avanza una richiesta costruttiva.

Adesso che hai espresso la situazione e i tuoi sentimenti, devi trovare il modo di chiarire, il ponte del compromesso, al fine di trovare una soluzione concreta, positiva e attuabile che descriva le azioni che scegliamo di intraprendere. “Mi piacerebbe essere la tua ragazza, la sera, e non uno sparring partner solo perché sei arrabbiato”.

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