Selfcare

Che cos’è il consumismo emotivo?

consumismo emotivo
02-01-2024
Quando senti la pulsione di colmare un vuoto o sedare un dolore attraverso la gratificazione immediata delle “meraviglie” del consumismo, sei vittima del consumismo emotivo
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Chi è senza consumismo emotivo scagli la prima pietra. In un mondo complesso, articolato, aggressivo, in costante mutamento e pieno di imprevisti, un mondo a cui non siamo preparati nella maggior parte dei casi perché tutto è pronto, tutto è scritto da qualche parte e va solo trovato, il consumismo emotivo è la punta dell’iceberg.

Devi risolvere un problema per l’università? Google. Devi trovare una guida completa al tuo prossimo viaggio? Google. Devi fare un’operazione? Calcolatrice. Quando la risposta ad ogni cosa diventa tanto semplice da richiedere pochi tap, le emozioni si trasformano in mostri deformi e incomprensibili, che richiedono troppo tempo per essere ammansiti. Molto meglio trovare una scorciatoia.

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La società della scorciatoia

Sì, è vero, viviamo in un mondo complesso, reso ancora più strutturato dall’information technology. Veniamo bombardati di informazioni, notizie, nozioni e se vogliamo ogni nostro dubbio può essere risolto in cinque secondi di ricerca online. Abbiamo l’automobile, o i mezzi, che ci portano dove vogliamo. I social media ci mostrano storie di successo stratosferico che sembra nato dal nulla. Scrolliamo il feed di Instagram e vediamo ragazzini di vent’anni con la Maserati che ti spiegano come hanno fatto il loro primo milione di dollari in cinque settimane.

Il mondo attuale è difficile e complesso perché fa sembrare tutto così maledettamente facile! Ci avete fatto caso? Eppure basta davvero poco per capire che non è affatto vero. Le cose sono tanto difficili quanto lo erano un tempo e la vita ha problemi diversi, ma non è priva di difficoltà perché la congiuntura economica è tutto sommato accettabile, almeno in Europa. Non in tutta l’Europa.

Ci siamo convinti, anche grazie alla tecnologia, che tutto sia alla portata della nostra mano. La gratificazione, il successo, la felicità: è tutto vicino. Sta lì sotto i nostri occhi, in un video su Instagram dove la nostra amica ci mostra la sua vacanza a Marsa Alam e quel sedere che, ci avresti giurato, prima di partire non era mica così bello. La felicità sembra così facile quando guardi le foto delle supermodelle o delle cantanti che sfoggiano su Instagram i loro look sponsorizzati per un sacco di soldi.

La vita non è così semplice: ci sono un milione di motivi di ingiustizia sociale ed economica che non staremo qui ad elencare, ma per cui loro sono lì, e tu stai mangiando crackers che sanno di cartone bagnato da sei mesi e non hai ancora perso mezzo grammo.

La verità è che in qualche modo ci siamo convinti che esista una scorciatoia per la felicità. Spoiler, non c’è. Ma questo non ci impedisce di provare con il consumismo emotivo.

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Consumismo emotivo: sei davvero quello che compri?

Il consumismo emotivo è un fenomeno molto comune per cui lavoriamo come matte per racimolare uno stipendio che basta appena per acquistare beni, utili o meno, senza pensare minimamente alla possibilità di riconnetterci a quello che davvero è importante. Ai valori che contano.

Sei triste? Apri Amazon e fatti un regalo. Quando arriva sei felice per quanto: cinque minuti? Un’ora? Dai, due giorni. E poi, sprofondi di nuovo. A questo punto hai già messo gli occhi su qualcos’altro da acquistare, ma dentro di te sai benissimo che stai solo prendendo tempo. E spendendo soldi che non ti aggiusteranno quello che non va dentro.

Attraverso il consumismo emotivo, le persone cercano al di fuori qualcosa che manca loro dentro, o a cui non riescono ad attribuire il meritato valore.

Stai perdendo tempo

Il semipermanente nuovo ogni due settimane. Sì, è una coccola, sì, è selfcare, ma ti serve davvero? Il braccialetto nuovo, il charm, l’agenda che lo sai, la usi fino a febbraio, marzo se va bene. Quanto tempo impegni a guardare spot pubblicitari alla ricerca dei prodotti che ti piacciono, e quanto tempo ed energie sprechi alla ricerca di risorse esterne che paghi con i soldi, ma soprattutto con ore preziosissime. Ore che non tornano indietro. E soprattutto, il costo del consumismo emotivo è ambientale: ti serve davvero quella lampada a forma di gatto che si accende quando le passi vicino e ti dice “Miaogiorno”? No, ma è carina. Però tra tre mesi la odierai e la butterai. E allora, avrai solo creato altra spazzatura.

Comprare per sentirsi meglio: è una dinamica che conosciamo tutti, e che purtroppo non è la soluzione.

Perché lo faccio?

Ci sono diversi motivi per cui il consumismo emotivo ci consuma, o ci lasciamo consumare da esso. Il primo riguarda soprattutto la tua percezione di te: una bassa autostima per cui avendo di più, possedendo più oggetti, sarai sicuramente più felice. Non è così. E lo sai.

A volte anche la stanchezza contribuisce al consumismo emotivo: nella frenesia della vita moderna, sempre in movimento e sempre alla ricerca di qualcosa, un acquisto veloce veloce ci gratifica sul momento. Vivi la tua vita ai cento all’ora: ti gratifichi ai cento all’ora.

Spendere il denaro non sapendo quello che ci costa (e ci costa molto più delle semplici ore di lavoro) è un modo sofisticato, ma poco lungimirante, per spegnere anche solo per qualche secondo quel malessere che ci portiamo dentro e a cui abbiamo paura di dare un nome. Tu gliel’hai dato?

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