Vi sarà capitato, leggendo, parlando, ascoltando una conversazione al bar o in televisione, di imbattervi o di utilizzare dei termini di uso medico, psicologico e specialistico. Senza essere nel contesto appropriato per farlo e, ancora più di frequente, senza avere nessuna competenza e specializzazione per poterlo fare con cognizione di causa. Si tratta del cosiddetto therapy speak, ovvero la tendenza a utilizzare nelle conversazioni quotidiane termini che arrivano dalla psicologia e dalla psicoterapia. E in generale che hanno a che fare con il tipico linguaggio terapeutico e che riguarda la salute mentale.
Parole di uso comune come limiti, abuso, psicopatico, rimozione o trauma, utilizzate per descrivere un proprio stato o quello di qualcun altro. Ma senza in effetti essere nella posizione per poterlo fare, quanto meno per una mancanza oggettiva di studi specialistici a riguardo.
Un modo di parlare che, soprattutto negli ultimi anni, è diventato di uso comune. Talmente comune da essere alla base delle nostre conversazioni e dei maggiori dibattiti che ci vengono proposti dai media. Ma cos’è davvero il therapy speak ed è bene utilizzarlo?
VEDI ANCHE LifestyleGuardarsi dentro per vivere meglio: come imparare a fare introspezione psicologicaCos’è il therapy speak
Con il termine therapy speak, infatti, si va a indicare la tendenza a utilizzare una certa terminologia nel corso della propria quotidianità. Parole che toccano specifiche aree e campi (salute mentale, psicologia, ecc.) e che in quanto tali andrebbero lasciate a chi ha gli studi e le competenze necessarie per poterle usare con cognizione di causa.
Una tendenza che si è sviluppata per via di due fattori principali. Il primo riguarda la presenza sempre maggior di persone che intraprendono percorsi terapeutici. La seconda è l’ampia condivisione di tali termini sia da parte dei professionisti di settore che delle pagine social o testate di divulgazione.
Di fatto, però, quello che avviene, è una normalizzazione e accettazione di questa tipologia di linguaggio. Quasi come se il therapy speak, o linguaggio terapeutico, si fosse insinuato piano piano e in modo profondo nel nostro modo di parlare comune. Dando l'impressione che tutti siano diventati improvvisamente esperti di salute mentale, e cercando perfino di consigliarsi a vicenda. Anche nella grandissima casistica in cui, certi termini, vengono utilizzati con assoluta noncuranza, convinzione eccessiva e senza una reale comprensione di ciò che si sta dicendo e descrivendo.
Si tratta di un modo di esprimersi che, se utilizzato con consapevolezza può anche essere utile a inquadrare meglio determinate dinamiche e situazioni. Ma che se utilizzato con leggerezza comporta dei pericoli.
Therapy speak, quando è pericoloso usarlo e perché
Quando il therapy speak è sano, infatti, ci si apre alla riflessione, alla comprensione di sé e degli altri, all'educazione. Aumentando la consapevolezza delle parti riguardo un determinato argomento e con la certezza che ciò che viene detto sia compreso da entrambe le parti in modo chiaro.
Se il therapy speak viene utilizzato con leggerezza, invece, in modo superficiale e senza una reale comprensione di ciò che si sta dicendo o ascoltando, quello che avviene è che si può trasformare rapidamente in un’arma a doppio taglio. E in un mezzo di manipolazione di chi si ha di fronte.
VEDI ANCHE LifestyleCosa aspettarsi da un percorso psicologicoQuando determinati termini vengono fraintesi o trasmessi in modo sbagliato, si da inizio a una cattiva comunicazione e interpretazione degli stessi. Parole che vengono poi riutilizzate in modo improprio e associate a situazioni che nulla hanno a che vedere con il termine in questione.
Esempi di “cattivo” therapy speak
Parole come “trauma”, per esempio, che dovrebbe indicare una risposta emotiva a un evento terribile, con il therapy speak è stato divulgato come un termine generico. Una parola volta a descrivere qualsiasi tipo di evento sconvolgente. A prescindere dall’entità e dalla natura dello stesso.
Una modalità di linguaggio che riguarda moltissime altre parole o patologie, come il narcisismo, la schizofrenia, il concetto di abuso, di limite, di confine, di relazione tossica e via dicendo. Tutti termini dal significato medico ben preciso utilizzate per descrivere persone, situazioni o stati emotivi che non hanno nulla a che vedere con la parola usata per spiegarli.
Un esempio perfetto di therapy speak strumentalizzato è probabilmente l'uso ormai spasmodico che si fa della parola "narcisista", o peggio "narcisista patologico". Qualsiasi psicoterapeuta potrebbe confermarci come i veri narcisisti patologici sono incredibilmente più rari di quel che pensiamo. Al contrario il più delle volte ci troviamo di fronte a persone che presentano alcuni tratti del carattere narcisisti, per le quali il concetto di "patologia" è utilizzato veramente a sproposito. Insomma, il fatto che qualcuno ci abbia ferito o trattato male non ci autorizza a fare diagnosi che non abbiamo alcuno strumento per fare.
Ecco perché è importante evitare di usare termini solo per sentito dire o per rendersi più interessanti e colti verso chi si ha davanti, o peggio per convincere gli altri del nostro pensiero. Per smettere di rendere patologici comportamenti che non lo sono e imparando ad affrontare il therapy speak con maggior consapevolezza e attenzione, sia verso se stessi che verso il prossimo.