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Perché riconoscere la dissonanza cognitiva può farci diventare persone migliori

dissonanza cognitiva
02-02-2022
Ti è mai capitato di pensare a una cosa e dirne invece un’altra, pensando lì per lì che si trattasse di due pensieri simili o addirittura compatibili, quando invece non hanno niente il comune?
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Pensieri antitetici, azioni scollegate dalle nostre intenzioni: ci sono tanti modi in cui la dissonanza cognitiva può manifestarsi in un individuo. Potrebbe essere capitato a ognuna di noi almeno una volta.

Questa voragine tra due pensieri o idee può creare disagio e metterci davanti alla molteplicità della nostra mente, o ai piccoli falli logici che spesso, se messi in evidenza, ci aiutano a comprendere meglio in che modo lavora la nostra mente.

La dissonanza cognitiva è una cosa grave?

La dissonanza cognitiva non è un disturbo né una condizione: è una teoria di psicologia sociale introdotta da Leon Festinger nel 1957 per dimostrare come nella mente umana pensieri, fattori sociali, credenze, nozioni, conoscenze e idee od opinioni possano, in un discorso, entrare in contrasto tra loro.

Questo fenomeno mette in contrasto cose che si danno per assodate, e dunque genera una sensazione più o meno profonda di disagio e tensione interiore. Quando le tue convinzioni i comportamenti non si riflettono nel tuo atteggiamento, potresti rimanerci male. E dunque interrogarti sulle ragioni che ti hanno portato a tenere una certa linea comportamentale.

Le persone tendono a desiderare che le loro idee corrispondano alle loro azioni. Si tratta di un riflesso naturale e piuttosto logico che ci portiamo dentro in qualità di esseri umani. Quando una discrepanza si manifesta tra ciò che pensi e ciò che dici, anche in un contesto che non ti aspetteresti, arriva la dissonanza. E dunque la tensione.

Inutile dire che qualsiasi essere umano proverà ad agire per appianare la differenza tra questi due elementi, al fine di trovare un compromesso ideale.

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Esempi di dissonanza cognitiva

Abbiamo parlato di questo fenomeno in maniera del tutto teorica. Ora che conosciamo il principio, andiamo a vedere qualche esempio per capire meglio in che modo esso si manifesta nella nostra vita di tutti i giorni.

Sappi che rilevare una dissonanza cognitiva può non essere facile, e richiede un po’ di autoanalisi. Tuttavia, già il semplice fatto che tu voglia metterti in discussione è un ottimo punto di partenza per avviare un processo di comprensione dei propri pensieri.

Ci tengo all’ambiente, e vorrei lasciare ai posteri un mondo più pulito e ricco di biodiversità. Al tempo stesso però uso una macchina che inquina parecchio, acquisto prodotti provenienti da ogni parte del globo terracqueo e compro bottiglie di plastica. Vorrei rispettare l’ambiente e mi indigno con le multinazionali, ma non faccio la raccolta differenziata.

Si tratta di un esempio molto evidente di dissonanza cognitiva, fatto appositamente per aiutarti a capire che pensieri e azioni sono spesso su due poli diametralmente opposti. E che questo fenomeno non è poi così distante da nessuno. Non siamo qui per risolvere la questione ambientale. Siamo qui per spiegarti che questo è un esempio perfetto di ciò che stiamo trattando.

La sola idea degli allevamenti intensivi mi fa sentire male. Se dovessi uccidere un animale, sarei vegetariana. Credo fermamente nel rispetto di ogni vita, anche quella degli animali, e sto male quando li vedo soffrire. Eppure non mi tiro indietro davanti a un bell’hamburger, e amo il ragù della mamma.

Altro esempio di dissonanza molto popolare. Le nostre idee ci spingono verso una concezione vegetariana o vegana di alimentazione, ma le nostre azioni, davanti a un menù di carne, tendono a dimostrarci tutto il contrario.

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Sono un’ipocrita, quindi?

No. La dissonanza cognitiva non ti rende automaticamente ipocrita, specialmente nel momento in cui ti rendi conto di starla sperimentando. Il giudizio, come sempre, è un’accetta che va calata con parsimonia, anche se il bersaglio siamo noi stesse. A cosa serve giudicarsi, se non a sentirci peggio per ciò che pensiamo e poi facciamo?

La dissonanza cognitiva ci aiuta a esplorare ciò che siamo, ciò che vogliamo pensare e ciò che invece ci identifica meglio. Sperimentarla è sano, a patto che la si usi per arrivare a ridurne gli effetti su di sé.

Come si esce dalla dissonanza cognitiva?

La ricerca della coerenza è l’obiettivo di una vita per molti di noi. I conflitti tra le cognizioni ci spingono a riflettere, cambiare, evolverci. Ultimo ma non per importanza, ci aiutano a comprendere chi siamo davvero.

Ci sono tanti modi per vincere la dissonanza: concentrarsi per esempio su convinzioni più favorevoli e che superano la credenza dissonante. Supponiamo che tu sia preoccupata dalle emissioni della tua auto. Potresti cambiarla con un modello ibrido, oppure potresti cercare informazioni che ti spiegano che quello che fai, dopotutto, non è così grave. Le emissioni della tua singola auto non sono nulla a confronto di quelle delle grandi fabbriche. Entrambi gli argomenti esposti sono validi e mitigano, forse parzialmente, il disagio della dissonanza.

Una persona che mangia carne potrebbe invece decidere che ridurre le quantità il più possibile sia un buon modo per mettere a tacere la vocina che le sussurra sia sbagliato. Mangiando carne una volta a settimana, e non sempre, si sentirà molto meno colpevole della sua passione per gli hamburger.

La risoluzione alla dissonanza, qualsiasi essa sia, dovrebbe sempre portare a un miglioramento della nostra situazione di vita.

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