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Gender rage gap: perché le donne sono più arrabbiate (ma lo mostrano meno)

gender rage gap
10-01-2024
Le donne sono “più arrabbiate” degli uomini. A dirlo non siamo noi, ma le ricerche. E questo astio, che germina e si diffonde come un’erba cattiva, è frutto della disuguaglianza. Da qui nasce il concetto del gender rage gap

Il gender rage gap ha tutto a che vedere con la disuguaglianza. È il prodotto naturale di tutti quei gap di cui forse hai già sentito parlare con una certa frequenza, come il gender pay gap o il gender wage gap. Attenzione però a non confonderli: non si tratta solo di un problema di vil denaro. La questione è molto più radicata e ci rende sempre più furiose.

Perché le donne sono così arrabbiate? In questo articolo esploriamo a fondo il concetto di gender rage gap e te lo spieghiamo con i numeri, con le nostre idee e con i rudimenti del femminismo intersezionale, il quale tiene conto non solo dell’essere donna. È un movimento che tiene conto del fatto che la lotta alle donne deve riguardare più ambiti, come la decostruzione di ogni forma di discriminazione causata dal genere, dall’abilismo, dall’ageismo, dall’etnia, dalla religione e dal reddito e le possibilità economiche. Quella che chiamiamo lotta di classe.

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Parliamo di gender rage gap: perché le donne sono così arrabbiate?

Le donne sono sempre più arrabbiate. A dirlo non siamo noi, ma una ricerca della BBC raccolta in un periodo di 10 anni dal Gallup World Poll. Circa 120mila persone in oltre 150mila paesi hanno effettuato il sondaggio ogni anno per dieci anni di fila, e i risultati sono stati preoccupanti. Secondo il report, infatti, le donne sono più propense a dichiarare di provare sentimenti ed emozioni negative, molto più degli uomini. Non che gli uomini, in realtà, se la cavino troppo meglio rispetto a 10 anni fa, ma il gender rage gap descrive che il divario tra l’infelicità maschile e quella femminile si sta ampliando col tempo che passa.

Alcuni paesi nel mondo sono “più arrabbiati” di altri, e il gap è più forte. Per esempio, in India, il 40,6% delle donne che hanno condotto il test hanno ammesso di aver provato rabbia nei giorni precedenti. Gli uomini che hanno risposto lo stesso sono stati il 27,8%. Nel 2012, la “rabbia” femminile si attestava intorno al 30%, quella maschile intorno al 26%. I dati sono poi schizzati in periodo pandemico.

Gender rage gap: una rabbia semplice

Se le donne sono arrabbiate non c’è troppo da stupirsi. Negli ultimi anni in molte parti del mondo è stato fortemente percepibile il fatto che non si stesse avanzando verso una forma maggiore di parità di genere, ma che si stesse invece regredendo. I passi indietro sono tanti: pensiamo a quegli stati in USA in cui l’aborto è stato negato. Più vicino, pensiamo al rialzo dell’IVA sugli assorbenti.

Anche la pandemia ha colpito duro, e in particolare le donne. Il mondo ha fatto sacrifici, ma le donne ne hanno fatti di più. Molte di esse, con i figli a casa, si sono viste licenziare, o hanno dovuto rinunciare al lavoro per poter accudire i figli. Uno studio globale ha dimostrato che le donne si sono prese cura dei figli tre volte di più di quanto non abbiano fatto gli uomini. Del resto tirare su i figli è un lavoro da donna… Vero? Falso, naturalmente. Ma questa mentalità è ancora molto radicata in tantissimi paesi. Inoltre, questo filo di pensieri ricalca alla perfezione l’ideale maschile e patriarcale per cui alla donna piace prendersi cura della sua famiglia, e l’unico ringraziamento che desidera è la felicità degli altri. Bella Addormentata, sei tu? No, certo che no, la Bella Addormentata è morta, e il Principe Azzurro è troppo occupato a investire in criptovalute.

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La rabbia è un buon segno

Nello sconforto generale di queste notizie, mentre le donne lentamente ma inesorabilmente sentono di non fare abbastanza passi verso l’emancipazione, bisogna guardare il lato positivo. Il solo fatto che le donne provino rabbia è un buon segno: ammettere l’insoddisfazione è il primo passo per capire cosa non va e iniziare a cambiare le cose.

La rabbia è corrosiva, ma, se incanalata a dovere, può essere un importante catalizzatore del cambiamento. Pensiamo ad esempio al movimento #MeToo.

La donna bianca etero sperimenta il gender rage gap, ma quella di colore, lesbica, povera o trans non è da meno. Il problema, come sempre, non è solo una questione femminile: è una questione di contesto sociale, di strutture di supporto e soprattutto di possibilità. Anche economiche. E quando si parte svantaggiate in una partita truccata com’è quella del mondo del lavoro, dove i salari maschili sono più alti per il semplice fatto che lo sono, è normale provare rabbia.

È normale sentirsi furiose davanti alla busta paga più bassa a parità di compiti. È normale provare rabbia quando qualcuno ci chiede di sorridere perché oh, tesoro, quando sorridi sei molto più carina.

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