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L’invidia spiegata bene: perché siamo invidiosi e come smettere di esserlo

invidia
18-03-2022
Possiamo davvero smettere di provare invidia? Scopriamo da dove nasce il sesto dei sette vizi capitali e come non farci travolgere dall'emozione negativa più rifiutata della storia

Inutile negarlo: siamo umani e in quanto tali, amiamo e odiamo. Ogni giorno siamo investiti da milioni di sentimenti contrastanti, che ci mettono alla prova e che spesso, possono essere molto negativi. Come l'invidia per esempio.

Uomini e donne, ma anche i bambini, si trovano a dover fare i conti con questo sentimento. Uno dei più scomodi, ma sicuramente dei più comuni. Scopriamo quindi come non farci travolgere dall'invidia, e come utilizzarla invece a nostro favore. Per essere delle persone migliori e per vivere meglio.

Cosa significa davvero invidia?

L'invidia non è bella da provare, ma nemmeno da subire. Almeno una volta nella vita è capitato a tutti di sentirsi addosso occhi indiscreti, sguardi che potrebbero definirsi non proprio amorevoli. Forse invidiosi. Perché l'etimologia della parola "invidia" si riferisce proprio a questo. Direttamente dal latino "in" + "videre", letteralmente "guardare contro/ostilmente". Una spiegazione che mette nuova luce sul significato della parola invidia.

Questo sentimento ha vita lunga, e nella tradizione sinonimo di invidia è l'atto di "gettare il malocchio". Per fortuna ai nostri giorni alcune cose sono superate, ma le radici storico-culturali rimangono sempre difficili da estirpare completamente. E proprio per questo al concetto di invidia spesso si associa il concetto di "augurare il male" alla persona invidiata, così come quando si incorre in qualche evento sfortunato spesso ci si chiede se non siamo vittima delle maledizioni (andate a segno) di qualcuno che ci invidia.

Perché proviamo invidia

Tanto velenosa quanto inconfessabile, l'invidia è uno di quei moti dell'anima che non sa dove andare. Si aggira nella mente, nel cuore, a volte anche nello stomaco, e colpisce dove riesce. Soprattutto perché agisce nell'ombra, tentando di celarsi tanto dagli altri quanto da noi stessi.

Ammettere di provare invidia è infatti una sconfitta tanto sociale quanto personale, ma a volte inevitabile. Si tratta di un sentimento insito nell'uomo perché lo contraddistingue in quanto animale sociale. E nasce proprio dal confronto con la collettività, dalla competizione, con chi riteniamo essere meglio di noi. 

La proviamo quando perdiamo e invece vorremmo vincere, quando dobbiamo seguire al posto di condurre, quando possiamo solo guardare senza poterci fare nulla.

Un bel voto a scuola, una gonna più elegante, un diamante più grande, un marito più ricco, un amore più corrisposto, una vita più felice…l'elenco potrebbe essere infinito. Perché la verità è che esistono milioni di motivi per cui provare invidia, ed una sola ragione per smettere di farlo.

donna che guarda

Come smettere di provare invidia

Il malessere, l'inadeguatezza, la malevolenza verso la persona invidiata possono, certo non sempre, lasciare posto a spazi in cui anziché preoccuparci tanto degli altri, dedichiamo tempo e risorse preziose a noi stessi.

Non per fuggire, ma magari per affrontare anche una realtà sgradevole. E no, non si tratta dell'ennesima lezione morale di chi predica bene e razzola male.

Tutti abbiamo provato, proviamo e proveremo invidia. L'importante però è acquisire la capacità di non lasciarsi travolgere. Perché se essere invidiosi è un sentimento che proviamo nei confronti di qualcun altro, in realtà ha anche molto a che fare con l'immagine che abbiamo di noi stessi e con la scala di valori a cui facciamo riferimento.

Nella vita si sa infatti che c'è chi scende e c'è chi sale, ma evidentemente basta avere dei solidi punti di riferimento per evitare di perdere l'equilibrio. Per andare avanti sempre e comunque. Nonostante le sconfitte sociali e quelle personali.

Probabilmente semplicemente partendo da punti di vista diversi, dando il giusto nome alle cose e lasciando l'invidia ai latini. Guardare ostilmente, "gettare il malocchio" sono infatti atti che possiamo lasciare alla storia e alle gesta degli antichi. E che possiamo sostituire con i sentimenti che nascondono dietro: mancanza, rivalità, senso di inferiorità.

Concederci di nominarli e di provarli, ci darà infatti un senso di libertà, ce li farà conoscere e ci consentirà di scendere a patti con noi stessi, riconoscendo i nostri limiti. E col tempo, insegnandoci ad amarli. In barba ad Esopo e alla sua convinzione che chi non arriva all'uva dice che è amara, impareremo a preferire i frutti di bosco.

Come superare il senso di inferiorità

Vietato svalutarsi. Quando l'invidia corrode l'anima, la cura è volare sopra il risentimento. Guardare l'oggetto del desiderio con il distacco di chi sa di poter ambire a qualcos'altro. Diverso ma ugualmente prezioso.

Sguardo maligno ed ostilità nascosta lasceranno il tempo che trovano. Il senso di inferiorità si trasformerà in opportunità di miglioramento; il soggetto invidiato, magari, nella persona da cui prendere esempio.

E se sapere che la bellezza è negli occhi di chi guarda non dovesse essere una sufficiente spinta motivazionale ad essere migliori, fate appello alla vostra cultura. Dante, nella Divina commedia, colloca gli invidiosi in Purgatorio, con le palpebre cucite da fil di ferro per chiudere «gli occhi che invidiarono e gioirono dalla vista dei mali altrui».

A noi dunque conviene, forse, chiudere volutamente un occhio su quello che desideriamo ma non abbiamo. E aprire per bene l'altro, per vedere piuttosto quello che abbiamo, e fin dove possiamo arrivare senza il peso di pensare a dove arrivano gli altri.

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