Le strategie di simulazione dei manipolatori non sono poche, e non sempre vengono usate insieme o con tecniche che rendono manifesti i loro effetti. Al contrario, chi subisce queste strategie tenderà a sentirsi in colpa, e in qualche modo ad agire per assecondare l’agenda del manipolatore, talvolta come se si trattasse di iniziative che provengono direttamente dalla loro stessa volontà.
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Inutile dire che certi tipi di persone emanano negatività e, soprattutto, diffondono un clima tossico e malato che contamina il resto della vita. Più si rimane sotto il giogo del manipolatore, più diventerà difficile distinguere la realtà dal delirio di onnipotenza di queste persone.
Fare le vittime
Quando il manipolatore agisce sulla base di un affetto, tale o presunto, comincia a nutrirsene risucchiandolo da chiunque stia ad ascoltarlo. Le vittime vengono letteralmente svuotate dei loro istinti, desideri e soprattutto dei loro sentimenti, finché, prive d’energia, non raggiungono uno stato d’oppressione e apatia tale da non opporre più resistenza.
Come si manifesta questa tecnica? Si tratta di una complessa alternanza di complimenti e critiche, ricatti e regali che vengono alternati da parole di sperticata dolcezza e momenti di distanza senza motivazione apparente. L’obiettivo è creare dipendenza, sì, ma anche confusione, in maniera che la persona che gli sta accanto dipenda affettivamente, o si senta in qualche modo sempre in difetto, davanti al manipolatore. Questo spremerà anche le ultime gocce di emozione da una persona.
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E se per caso dovessi accorgerti cosa sta accadendo? Il manipolatore farà la vittima, ovvero attribuirà la causa dei suoi errori, delle sue mancanze e dei suoi sbagli a qualcosa che gli è successo tanto tempo prima, a qualcun altro o a una serie di circostanze di cui non è assolutamente responsabile. La mancanza di capacità di assumersi le proprie responsabilità è una parte fondamentale della manipolazione.
Fare l’innocente
Non c’è verso di portare un manipolatore a individuare e riconoscere le proprie responsabilità. Tra le più diffuse strategie di simulazione troviamo quella dell’innocenza: nelle discussioni c’è questo viscerale bisogno di avere sempre l’ultima parola, cambiando se necessario la versione dei fatti o deformando la realtà affinché meglio si assecondi alla sua narrazione.
Quando viene preso con le mani nel sacco, il manipolatore ha però ancora un asso nella manica: la sua autostima, o presunta tale, gli consente di giustificare le proprie azioni intavolando un discorso in cui si dimostra indignato, offeso o sorpreso dalle accuse rivoltegli, affinché in qualche modo la vittima non finisce per sentirsi un carnefice. Insomma: anche davanti alla responsabilità e al fatto compiuto, sarà l’accusatore, che è sempre stato la vittima, a sentirsi un mostro.
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Fingere disponibilità
La disponibilità di un manipolatore appare così cristallina e così evidente che non si può non scegliere di coglierla al volo. Insomma: abbiamo davanti qualcuno che sembra genuinamente fedele a una causa, a un’idea o a un valore, e nel momento in cui cerchiamo di affidarci alle sue azioni ci troviamo inevitabilmente con un pugno di mosche.
Al che entrano in gioco tutte le altre strategiche che abbiamo elencato in questo punto, prese singolarmente o in ordine sparso, così da ricordarci che tutto sommato, alla fine, la colpa non è affatto sua. Al contrario.
Fingere confusione
Una volta individuata la responsabilità del manipolatore non si è che all’inizio di una montagna di cui abbiamo la netta impressione che la vetta non si possa raggiungere, per quanto si tenti di scalarla. È una sensazione difficile da spiegare, ma molto facile per chi ha vissuto con una di queste persone.
La confusione che può simulare un manipolatore sarebbe comica se non facesse soffrire così tanto: con questo atteggiamento si vuole fare finta di nulla, cercando di mostrarsi in confusione fino al punto che l’accusatore inizia a dubitare dei suoi sentimenti o delle sue ragioni. Insomma: ancora una volta il manipolatore plasma la volontà di chi ha davanti, facendolo dubitare delle proprie idee e delle proprie convinzioni.
Sminuire il prossimo
In tutte queste strategie troviamo anche la denigrazione: ci si trova al punto in cui si ha la sensazione di avere davanti una persona potenzialmente pericolosa per la propria salute. Eppure, quando si arriva al momento del confronto, ci si trova davanti a una berlina.
Quando una vittima cerca di difendersi, l’arma di questi individui è appunto l’accusa e, soprattutto, la minimizzazione della faccenda. In altre parole si finisce per passare per carnefici, e non vittime, e talvolta (quasi sempre) la discussione finisce con la vittima che domanda scusa al manipolatore.
La tattica del “tutto lo fanno, perché tu no?”
L’effetto inclusione è una tattica manipolatoria per cui siccome tutte le persone (o le presunte tutte) fanno una determinata cosa, non sussiste il motivo per cui la vittima non dovrebbe farla. In questo modo la si mette in una condizione difficile, dove o ci si sottomette al volere del manipolatore, o si passa per “qualcosa di meno” rispetto agli altri. È una strategia pericolosa e molto, molto dolorosa.