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Ecco perché il modo in cui parliamo della paura può cambiare tutto

Donna spaventata corre con una torcia in mano
Sai che il modo in cui parliamo della paura può farla percepire in maniera diversa a seconda della lingua d'origine? Ecco come e perché
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Parlare della paura può servire a esorcizzarla, questo lo sappiamo bene, ma quello che forse non sappiamo è che la nostra lingua madre ha un impatto decisivo sull’intensità degli effetti psicofisici legati alla paura. Cosa vuol dire tutto questo? Che il modo in cui parliamo della paura è importante.

Perché? Perché le parole hanno un grande potere sulla nostra parte emotiva e che, soprattutto se pronunciate nella nostra lingua d’origine, possono farci percepire le emozioni in maniera ancora più forte. Scopriamo di più sul perché il modo in cui parliamo della paura è importante.

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Che cos’è la paura

L’abbiamo provata, la proviamo e continueremo a provarla sempre: la paura è uno stato emotivo che ci accompagna in ogni fase della vita e che ci ricorda che esistono pericoli esterni da cui dobbiamo proteggerci e tutelarci. Oltre a uno stato emotivo infatti, la paura risulta essere una vera e propria reazione biologica che avviene non solo tra gli esseri umani, ma anche nel mondo animale. Il suo ruolo adattivo è vitale per ogni essere vivente e consente al corpo di prepararsi alla difesa e alla conseguente fuga.

Essendo sia una reazione psicologica che fisiologica è provata da tutti, indistintamente. Ciò che può cambiare è l’intensità con la quale viene percepita. Un’intensità che riguarda la tipologia di situazione o pericolo che ci troviamo ad affrontare, ma che come vedremo tra poche righe, riguarda anche il linguaggio che viene utilizzato nei contesti che ci spaventano. Che cosa vuol dire? Che il modo in cui parliamo della paura è importante, ecco perché.

Il ruolo della lingua madre sull’intensificazione della paura

La visione di un film dell’orrore, la sensazione di smarrimento in un contesto a noi sconosciuto, possibili minacce alla nostra sicurezza personale, sono tutte situazioni che innescano trigger che scatenano paura, in maniera diversa, ma che sono accomunate dall’utilizzo di un linguaggio. Quando in questi contesti la lingua utilizzata è la propria lingua madre succede qualcosa di curioso. La paura sembra infatti intensificarsi a seconda della lingua utilizzata.

Sentire una minaccia nella propria lingua madre aumenterebbe infatti la sensazione di pericolo e farebbe scattare in maniera più celere e profonda la reazione biologica del nostro corpo e della nostra mente tipica delle situazioni di pericolo. Ma non è finita qui, perché la lingua avrebbe anche il potere opposto, ovvero quello di depotenziare la minaccia. Esistono infatti famiglie linguistiche in cui il termine paura è etimologicamente associato a termini che assumono più di un significato e che quindi non vengono percepiti come totalmente negativi. Vediamo nel dettaglio cosa si intende.

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Il tema della colessificazione

La percezione della paura è universale? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un distinguo tra le principali famiglie linguistiche. Perché la paura è una reazione universale, certo, ma la sua percezione, anche se in minima parte, può variare da lingua a lingua. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il tema delle colessificazioni. Cosa si intende con questo termine? La colessificazione è una delle modalità evolutive del linguaggio e si tratta di un fenomeno che riguarda più concetti correlati a una sola parola.

Nel corso dei secoli infatti, un singolo termine finisce per riferirsi a più concetti correlati, ma distinti. Quando questo avviene, la percezione che si ha del termine non può che essere influenzata dal significato degli altri concetti ad esso correlati. Un esempio esemplificativo potrebbe essere quello del termine inglese “anxious” che è utilizzato sia per descrivere stati di spavento, preoccupazione e ansia, sia per identificare stati di eccitazione ed entusiasmo. Cosa possiamo dedurre da tutto questo? Che gli inglesi percepiscono la paura in maniera differente rispetto a persone di madrelingua diversa, perché il termine da loro utilizzato è storicamente influenzato da concetti correlati, ma semanticamente differenti.

Il modo in cui parliamo della paura è importante

Ecco spiegato perché il modo in cui parliamo della paura è importante, perché oltre ad esorcizzarla cela dinamiche ancora più profonde, anche a livello linguistico. Capire come gli altri percepiscano la paura e come la colessificazione abbia impattato su termini legati a questa reazione biologica primaria universale, ci permette di comprendere meglio sia le nostre reazioni che quelle delle persone che abbiamo accanto. Tutto questo diventa ancora più affascinante se si pensa che quando si parla di paura con gli stessi termini, ma in lingue diverse, la medesima sensazione di pericolo cambia.

Una persona di madrelingua italiana ad esempio, proverà una sensazione di spavento di un certo grado se il racconto spaventoso che sta ascoltando è narrato in italiano. Proverà invece uno spavento meno intenso se lo stesso racconto è veicolato in una lingua diversa dalla propria. Il motivo principale? La minore distanza emotiva che si ha con la propria lingua d’origine e la maggiore distanza emotiva che si ha invece con una lingua diversa dalla propria.

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