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La sensazione di non essere “brava” abbastanza ti perseguita? Affrontala così

Ragazza triste alla finestra
La sensazione di non essere bravi abbastanza mina il nostro benessere mentale e le nostre relazioni? Liberiamocene subito

Non siamo bravi abbastanza, non siamo all’altezza delle nostre aspettative e di quelle degli altri, non siamo abbastanza produttivi, non rispettiamo appieno gli standard della società. Quante volte capita di ripetere a se stessi queste frasi? Quante volte sminuiamo ciò che siamo perché costantemente spinti al confronto con gli altri e al raggiungimento di obiettivi e standard irrealistici mossi da un desiderio di perfezione che è semplicemente un’utopia? La perfezione non esiste e la sensazione di non essere bravi abbastanza deriva proprio dalla continua ricerca di essa, dalla tendenza a raggiungere tappe e traguardi che nella maggior parte dei casi non si rivelano un reale desiderio, ma un’aspettativa imposta dall’esterno.

Un'aspettativa indotta da una società che sembra aver fuso insieme sani obiettivi con ideali di perfezione irraggiungibili che ci portano a perdere fiducia nel nostro valore e a percepire costantemente quell’infida sensazione di non essere bravi abbastanza. Fortunatamente esistono diversi modi per liberarsi da questa serie di percezioni negative. Ecco alcuni dei più efficaci da mettere in pratica.

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Non sei perfetto. E allora?

Il primo modo per liberarsi dalla sensazione di non essere bravi abbastanza è focalizzarsi sul concetto stesso di perfezione, analizzarlo in maniera critica e comprenderlo nel profondo. La perfezione contiene al suo interno, sin dalla sua etimologia, il concetto di completezza, di compiutezza. Il termine deriva infatti dal verbo latino perficĕre «compiere». Ma noi essere umani siamo in continuo divenire, in continua evoluzione.

Viviamo in un moto perpetuo fatto di scelte, cambiamenti, cadute, risalite, esperienze che ci formano e ci fanno crescere e che soprattutto ci trasformano facendo accrescere il nostro bagaglio di vita, di emozioni, di conoscenze, di rapporti che cambiano e che non si misurano nella compiutezza, ma godono e si fortificano dell’evoluzione della nostra persona. Non essere perfetti, vuol dire essere umani.

Significa essere profondamente liberi, sganciati da giudizi e pregiudizi, liberi dalle aspettative che altri hanno su di noi, slegati da standard che nulla hanno a che fare con le nostre reali ambizioni, con il nostro sentire più intimo, con la nostra essenza più pura. Non siamo perfetti, e allora? È grazie agli sbagli, alle cadute, agli errori, che impariamo a crescere e non nella stagnazione imposta da una compiutezza che nulla a che fare con le mille sfaccettature dell’animo e dell’intelletto umano.

Riconosci la tua unicità

Non essere perfetti, non significa non essere abbastanza bravi, significa essere unici. E le persone brillano e spiccano per la loro unicità, non per il loro grado di perfezione. La perfezione è una patina che opacizza l’essenza di chi la indossa. Una maschera che non rivela mai ciò che si è davvero, che imprigiona la propria unicità e che col tempo la soffoca. Questa sensazione può diventare opprimente, debilitante e può portare a stati d’ansia anche molto complessi da affrontare.

Non è un caso che il perfezionismo eccessivo sia una delle cause maggiori degli attacchi di panico. Tutto ciò scaturisce da molti fattori, ma il fatto di non dare valore alla propria unicità, offuscandola con la maschera della perfezione è uno dei fattori preponderanti che possiamo imparare a tenere il più lontano possibile da noi, apprezzando ciò che siamo, lavorando su noi stessi, tornando ad amarci e a riconoscere la nostra preziosa unicità.

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Hai la sindrome dell’impostore?

Lavorare su stessi è più complesso di quanto si possa pensare, per questo può essere davvero utile rivolgersi a un terapeuta in grado di seguirci con competenza, in un percorso che può cambiare radicalmente -in positivo- la visione che abbiamo di noi stessi. Dubitare dei propri risultati e delle proprie competenze è una prassi piuttosto comune, purtroppo. Se però questa tendenza diventa continua, costante e decisamente eccessiva, allora forse dovresti chiederti se stai soffrendo della sindrome dell’impostore. Di cosa parliamo? È presto detto.

La sindrome dell’impostore è un fenomeno di tipo psicologico che induce chi la prova a dubitare costantemente dei propri risultati, piccoli o grandi che siano, sentendosi un impostore, ovvero qualcuno che non merita i frutti che sta raccogliendo dal proprio lavoro. Chi vive questo disagio attribuisce il merito dei propri traguardi non a se stesso, bensì a una serie di cause fortunate e fortuite. Questo fenomeno innalza inevitabilmente i fattori legati all’ansia e allo stress, abbassando e minando al contempo il proprio livello di autostima. Per affrontare questo fenomeno così debilitante per il nostro benessere psicofisico, può essere utile chiedersi quali siano le prove di ciò che affermiamo.

Qual è la prova concreta del fatto che ciò che ci capita di bello sul lavoro, negli studi o perché no, nella vita privata sia solo il frutto del caso e non del nostro impegno e del nostro lavoro? La sensazione di non essere mai abbastanza si basa su fatti tangibili o semplicemente su una serie di pensieri negativi invalidanti? Nella maggior parte dei casi è proprio la seconda la risposta corretta e riconoscere questo vuol dire tornare, pian piano, ad avere nuovamente fiducia in se stessi.

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