Secondo voi è giusto procrastinare un po' nella propria vita o a furia di rimandare si rischia di percorrere strade sbagliate? Se sì, quando e in quali situazioni è più giusto farlo?
Cerchiamo di capire cosa fino a che punto c'è qualcosa di sbagliato in noi quando rimandiamo: se la nostra situazione è da considerarsi problematica o se, invece, facciamo addirittura bene.
VEDI ANCHE LifestyleLe 4 strategie efficaci per smettere di procrastinare sono questePerché si tende a procrastinare sempre?
Quella della procrastinazione è una vera e propria arte. Scagli la prima pietra chi, almeno una volta nella vita, non si si è detto: "Va bene dai, lo faccio dopo". Del resto a volte un po' di autoindulgenza ci fa bene, e rimandare può essere positivo. Quello a cui ci riferiamo è un vero mondo degli "artisti del rimandare" che nella propria vita tendono a procrastinare situazioni, faccende o impegni in maniera sistematica, perché in quel momento non hanno voglia di affrontarle.
Il fatto è che a volte ci sono situazioni che ci creano tensioni, pressioni o stress, e spesso non siamo in grado di sostenerle al primo impatto. Non si tratta di una questione di tempo: il più delle volte il procrastinatore seriale ha tutto il tempo del mondo ma decide volontariamente di non effettuare quella determinata azione. Sarà per noia, per pigrizia o per coraggio, ma lo facciamo tutti inesorabilmente.
È proprio in questi casi che la tentazione di rimandare a dopo è talmente forte che iniziamo a impegnarci (o meglio, distrarci) con tante altre piccole faccende che ci esulano dal dover affrontare quello che piano piano assume sempre più la forma di uno scoglio. Tutto ad un tratto, ci riempiamo talmente di tante distrazioni che quello che all'inizio era un temporeggiamento o un ritardo, alla fine diventa un non fare più ciò che si doveva realmente fare.
Quando procrastinare è problematico?
Come abbiamo visto, la procrastinazione è una scelta volontaria di evitare qualcosa che ci pesa, pur di godere di una sensazione effimera di sollievo. Il punto è che bisogna comprendere a cosa attribuiamo un peso eccessivo, e cosa ci procura pressione e ansia.
Dal punto di vista psicologico, rimandare sine die è una vera e propria strategia emozionale che il nostro cervello mette in atto quando dobbiamo affrontare situazioni spiacevoli o dolorose. La particolarità, però, è che si entra in un circolo vizioso senza fine, dove si è ben consapevoli della scelta che si sta facendo e dell'ansia che questa comporterà ancor di più. Ansia che si aggiunge ad altra ansia: è forse questo il punto esatto dove si può parlare di un vero problema e non di un semplice "vizietto"?
Purtroppo sì. Non avere la forza di affrontare delle situazioni che hanno una data di scadenza è rischioso ma non grave. Chi decide di rimandare, sa bene che prima o poi dovrà fare i conti con la propria deadline, e che quindi, la procrastinazione sarà limitata nel tempo. La patologia sorge quando si parla di procrastinazione a lungo termine, quando ciò che si rimanda sono le scelte di vita, i progetti e le opportunità lavorative a cui forse, per paura del fallimento, o addirittura paura del successo, non diamo mai una possibilità.
Ansia da prestazione, paura di sbagliare, timore di fallire: sono questi i tratti tipici di una persona con una bassa autostima, e ricolma dal punto di vista dell'insicurezza. Quei tratti che ti fanno vivere come spettatore frustrato e non come protagonista soddisfatto dei propri obiettivi raggiunti. Sono proprio questi i casi in cui la procrastinazione diventa un'attitudine problematica nella gestione della nostra vita.
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Si parla di un problema serio, quindi, quando le situazioni sfuggono di mano e si perdono le occasioni. Quando l'ansia è limitante e impedisce di agire in numerosi ambiti della vita. La procrastinazione presa in quanto tale, invece, quella da attuare saltuariamente come strategia organizzativa delle proprie giornate, può non essere così sbagliata.
Secondo alcuni studi, infatti, circa il 20% della popolazione fa parte proprio del team degli artisti del rimandare. A quanto pare, in alcuni casi è giusto procrastinare, e rimandare scelte, decisioni o azioni, non è da considerare una strategia così fallimentare.
A volte rimandare significa anche concentrarsi su altri punti di vista di una determinata situazione. Soffermarsi su altri aspetti spesso è utile perché si permette alla mente di risolvere una situazione complicata lavorando, però, sul generale e non sul particolare. Inoltre, uno studio effettuato negli anni '30 da una psicologa sovietica afferma che, le cose di cui abbiamo più memoria, sono sempre quelle lasciate incompiute o a metà.
Insomma, questo dimostra che a volte, prendersi una pausa da un compito importante, non può far altro che migliorare le prestazioni cognitive (lucidità, attenzione, memoria) e dare una carica in più per ricominciare. In questi casi dedicarsi al compito importante in un secondo momento è semplicemente una modalità per affrontarlo con maggiore efficienza, rispetto magari a un momento in cui non eravamo per niente carichi.
In conclusione rimandare le cose da fare non è per forza un male, ma può anzi diventare una strategia vincente, a patto di non farlo in maniera sistematica e di non fare in modo che questo atteggiamento vada a ostacolare concretamente la nostra vita.