Amate quella sensazione di casa anche quando non siete all’interno della vostra casa? Sentirvi accolti da un luogo, una piazza, un angolo della vostra città o un locale in particolare è una sensazione che vi scalda il cuore? Allora anche per voi il “third place” si rivela fondamentale. Ne avete già sentito parlare? Probabilmente no, ma probabilmente l'avete trovato.
Eh, sì perché il third place, in italiano terzo posto, è un termine coniato nel 1989 dal sociologo urbano Ray Oldenburg, che nel suo libro The Great Good Place, postula l’esistenza di un terzo posto di preferenza dove si svolgono le nostre vite. Ma se c'è un terzo posto, quali sono i primi due? Oldenburg definisce primo posto la nostra casa, quella in cui viviamo; il secondo posto è invece in genere il luogo di lavoro, che assumerebbe un valore sociale enorme per ogni singolo cittadino, aumentando il suo senso di appartenenza alla comunità. Ma quali sono questi cosiddetti terzi posti e perché sono fondamentali per il nostro benessere mentale? Lo scopriamo subito.
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Un tempo erano i salotti letterari a riunire intellettuali e aristocratici che nei palazzi francesi del XVI secolo si dilettavano a disquisire di politica, arte, società, letteratura e non solo. Quei salotti diventati luoghi quasi leggendari per la nostra era digitale, lasciano spazio, oggi, a una serie di "third places" molto diversi tra loro, ma legati dal medesimo valore. Evoluzione 2.0 dei salotti francesi sono sicuramente le piazze virtuali come Facebook, Twitter e Instagram.
Luoghi di condivisione e di connessione tra persone spesso accomunate dalle stesse passioni che hanno la possibilità passare del tempo in un luogo dove potersi esprimere con serenità su tematiche a loro care colloquiando con persone mosse dai medesimi interessi. Ma fortunatamente le piattaforme digitali, seppur innegabili luoghi di condivisione virtuale, non hanno sostituito quei luoghi fisici che più di altri, aumentano davvero il senso di comunità contribuendo anche al benessere delle persone. Eccone alcuni, che, siamo sicure, rappresentano uno dei vostri third places più piacevoli.
Caffetterie
Tra i luoghi informali di aggregazione pubblica, così come li definisce Ray Oldenburg, spiccano senza dubbio le caffetterie, che in Italia trovano una loro corrispondenza nel classico bar. Bere una tazza di caffè, concedersi una pausa dolce con tè e pasticcini, da soli o in compagnia, in un luogo di aggregazione che accoglie tante persone ogni ora, in maniera informale e con quella tipica atmosfera che sa di casa, è fondamentale per il nostro benessere mentale.
È un modo per amplificare le connessioni con le altre persone e per sentirsi parte di una comunità senza dover necessariamente partecipare a dibattiti, riunioni o gruppi politici, ma inserendosi in contesti che esulano dalla casa e dal lavoro e che creano, in maniera naturale, una rete di relazioni e rapporti che hanno un enorme impatto sulla nostra vita.
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Sentirsi parte attiva della comunità e avere la possibilità di socializzare al di fuori del nostro primo posto e del nostro secondo posto (ovvero della casa e del posto di lavoro) è importante per rafforzare la nostra presenza nella società. Tra i luoghi che possono aiutarci ad espandere la nostra rete e ad aumentare il nostro senso di comunità, ci sono, senza dubbio, le biblioteche.
Ogni giorno, in ogni parte del mondo, studenti, pensionati, bambini, anche in età prescolare, si recano nella biblioteca della propria città per studiare, prendere libri in prestito o semplicemente per sfogliare i volumi più interessanti, passando il tempo tra uno scaffale e l’altro e sentendosi accolti in un luogo in cui la cultura e il sapere sono alla portata di tutti.
Presente anche all’interno di strutture a sé stanti come ospedali e atenei universitari, la biblioteca è un perfetto esempio di third place aggregante e ospitale. Un luogo grazie al quale migliaia di persone possono accedere, in ogni momento, ai testi che desiderano leggere e approfondire. Studiare, fare ricerche, interloquire col personale per avere informazioni, incontrare colleghi e amici e sentirsi parte della collettività anche al di fuori del luogo di lavoro, sono tutti vantaggi offerti dalla frequentazione di uno dei third places per antonomasia.
Ciò detto, il nostro third place può essere un po' ovunque, basta che si tratti di un luogo che frequentiamo in maniera abituale e che sia teatro di interazioni sociali. Può essere il luogo di culto per chi pratica una religione, può essere una palestra o un altro luogo in cui pratichiamo il nostro sport preferito, può essere l'enoteca di cui siamo clienti abituali. Non c'è davvero limite a ciò che può diventare il nostro third place.
La perdita del "third place"
Ogni essere umano si esprime in più ambiti, che tradizionalmente corrispondono anche a luoghi fisici diversi. L'arrembaggio delle nuove tecnologie e in particolare dei social network ci ha portato - spesso anche inconsapevolmente - a pensare di poter trasferire tutto sul piano virtuale.
Ci basti pensare alle varie fasi di lockdown causate dalla pandemia covid: per lunghi periodi ci siamo ritirati nel nostro "first place" (la casa) che all'improvviso è diventato l'unico "place". Smart working e social hanno fatto sì che la nostra abitazione diventasse anche il nostro luogo di lavoro e di socializzazione, di certo con una serie di vantaggi, ma anche con innegabili effetti a livello di salute mentale.
Se ad oggi siamo tornati a vivere il mondo esterno come (o quasi) prima della pandemia, è anche vero che i ritmi lavorativi dei nostri tempi - uniti forse all'illusione che i social possano essere un buon palliativo - ci hanno portato a ridurre le possibilità di vivere il nostro "third place".
I benefici del third place
L’aggregazione informale promossa dai third places ha un grande impatto benefico sulla vita delle persone. Un beneficio su tutti? Si rivela un ottimo antidoto all’isolamento sociale. Oltre a vivere in un ambiente domestico e a passare ore sul posto di lavoro, migliaia di persone, soprattutto in aree periferiche, in assenza di third place rischierebbero seriamente di rimanere isolate dalla società.
I luoghi di coesione, condivisione e aggregazione che i third places rappresentano permettono invece di staccare la spina dalla vita domestica e da quella lavorativa facendoci immergere in un luogo distinto dai primi due, un luogo che permette di scaricare stress e tensione, di alleggerire la mente, migliorare la rete di relazioni e non farci sentire soli.
Gli indubbi vantaggi che i third places apportano alle varie comunità sono oggetto di studi da molti anni e sono alla base della pianificazione di moltissime aree urbane, che vengono riqualificate proprio in ottica di ottimizzazione delle connessioni e dei luoghi di aggregazione. Perché è proprio vero che il benessere di una persona può rappresentare il benessere di un’intera comunità.