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Che cosa sono i trigger e perché usare i trigger-warning?

trigger significato
04-04-2023
Chiamati anche fattori scatenanti, i trigger giocano un ruolo chiave nei processi emotivi di chi ha subito un trauma. Ecco cosa sono, perché il termine psicologico è diventato di uso comune e perché sui social si usa il trigger warning
Nell'articolo:

Cosa significa trigger? Cosa sta a rappresentare la sigla TW, che sta per Trigger Warning?

La parola trigger significa letteralmente "grilletto", riferito al grilletto di una pistola, ma in psicologia ha un'accezione più complessa e metaforica. Il termine viene utilizzato nell’ambito della psicologia dei traumi, e il suo uso si è andato diffondendo sempre di più, in tempi recenti anche sui social, tanto da ottenere un posto nell’Accademia della Crusca all’interno della categoria «parole nuove».

Probabilmente avrai visto sui social la dicitura "TW" che sta per Trigger Warning. Ma cosa significa e a cosa serve concretamente?
Per comprendere meglio come e perché un termine così specifico è diventato popolare, è meglio partire proprio dalle sue origini psicologiche.  

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Cosa sono i trigger

In psicologia, un trigger è uno stimolo che riporta il soggetto a una precedente esperienza traumatica. In greco antico, trauma significa «ferita» e, parlando in termini psicologici, si tratta di una lacerazione della psiche. Quando una persona subisce un trauma, prova un dolore talmente profondo che potrebbe (se non trattato) rimanere per sempre.

La mente umana, come forse sai, ha vari meccanismi per cercare di fronteggiare dolori tanto grandi, come la rimozione e la dissociazione. Brevemente, la rimozione è il tentativo della mente di dimenticare il trauma vissuto, per evitare di affrontarlo. La dissociazione consiste invece nell’allontanamento dal trauma e dal dolore (sempre per tentare di evitare una sofferenza insopportabile) per raggiungere una sorta di desensibilizzazione emotiva.

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Dal significato lessicale a quello emotivo

In inglese, la parola trigger indica il grilletto della pistola. La psicologia ha scelto questo termine per indicare uno stimolo, un richiamo involontario che fa rivivere al soggetto il trauma. Lo stimolo (il trigger, per l’appunto), non è necessariamente altrettanto spaventoso o traumatico, anzi potrebbe essere qualcosa che si fa fatica a comprendere come richiamo di un trauma. Il trigger, in quanto grilletto (di una pistola), è qualcosa che genera un’esplosione nella psiche del soggetto, un fattore scatenante, che fa riaffiorare nella mente il dolore legato a un particolare evento passato, con la stessa intensità di quella provata durante il trauma stesso.

Come funziona il trigger

Il trigger, cioè la connessione al trauma, in psicologia è chiamato «accoppiamento traumatico». Quando un trigger innesca quest’associazione, la risposta involontaria può essere anche molto marcata, dal disagio all’attacco di panico etc. La reazione di un trigger si manifesta spesso in maniera inaspettata e difficilmente controllabile. Situazioni apparentemente normali, possono far riaffiorare ricordi traumatici in una persona che, oltre a soffrire nuovamente, può anche sentirsi sola o incompresa.

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Quali sono i trigger più comuni?

Il trigger è solitamente personale e specifico e, come detto prima, non necessariamente correlato all'esperienza reale. Un esempio classico è quello dei veterani di guerra, per cui il rumore di petardi o di fuochi d’artificio si può associare al trauma delle esplosioni e degli spari.

Alcuni esempi di trigger comuni sono:

  • odori particolari (perfino profumi), poiché l’olfatto è più connesso ai ricordi traumatici rispetto ad altre esperienze sensoriali, data la vicinanza del bulbo olfattivo al sistema limbico (area del cervello coinvolta nel trauma);
  • un gusto particolare (potrebbe ricordare un cibo mangiato durante o poco prima di un'esperienza traumatica);
  • suoni e rumori (anche canzoni);
  • determinate ore del giorno;
  • determinati periodi dell'anno o date (che sono ricorrenze inconsce);
  • luoghi;
  • persone somiglianti;
  • argomenti;
  • frasi;
  • situazioni particolari (per esempio luoghi affollati)

Il trattamento

I trigger sono una condizione di cui soffrono molte più persone di quanto si possa immaginare. Pur sottoponendo i soggetti a un’ulteriore sofferenza, poiché li riporta a vivere il dolore del trauma, possono essere anche un fattore positivo per la guarigione. In base ai fenomeni di rimozione e dissociazione, infatti, chi ha vissuto un trauma potrebbe appunto non averlo mai elaborato. Con l’innescamento dei trigger, una persona potrebbe quindi rendersi conto della memoria traumatica. Rivolgersi agli psicologi, soprattutto quelli esperti in traumi, aiuta a elaborare i trigger e il trauma, in modo da “guarire”. Certo, un trauma purtroppo non si può dimenticare, ma un buon supporto psicologico (di terapia comportamentale, EMDR, mindfulness etc) può aiutare le vittime dei traumi a riappropiarsi della propria vita e gestire i trigger senza esserne paralizzati. Insomma, come sempre, se tu o una persona che conosci non sta bene emotivamente, è sempre bene chiedere aiuto a uno specialista.

Cosa sono i trigger warning sui social

Dalla psicologia, il termine trigger è stato adottato anche sui social media. Per la precisione, è stato adottata la parola «triggered», che quindi ha il significato di «innescato». L’uso di questo termine sui social al 2010, (in Italia più recentemente, nel 2016) quando ha fatto la sua comparsa tra i commenti di social come Facebook e Twitter, nel tempo ha poi assunto un valore diverso. Ad oggi, viene utilizzato soprattutto dalla Generazione Z nei meme e sui social in generale per indicare una reazione di repulsione, disgusto, o perfino rabbia e paura. Chi si definisce «triggerato da qualcosa o qualcuno» (da «triggered by…») intende dire che la tal cosa o persona gli ha provocato irritazione, disgusto, etc.

A proposito di social media, esistono anche i trigger warnings, in italiano traducibili come «avvisi di trigger» o, più comunemente, come «avvisi di contenuto», che potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno. Un esempio comune, proprio sui social, sono video o immagini che, appunto, potrebbero risultare troppo forti per il loro contenuto che «potrebbe urtare la sensibilità». In questi casi, il contenuto viene pubblicato con un trigger warning, in modo che il singolo utente possa decidere se aprire il video o la fotografia o meno, sapendo che, per l’appunto, potrebbe suscitare paura, angoscia o altro.

Secondo un articolo della BBC sui trigger warnings, il termine e il concetto sono nati nei siti web femministi che discutevano di violenza contro le donne, per poi diffondersi in altre aree, come la stampa, corsi universitari e social media. Certo, in genere i trigger sono accostati a vista, suono, odore, gusto, tatto, sensazioni che potrebbero essere un fattore scatenante, tuttavia i trigger warnings sono più spesso usati su una gamma relativamente ristretta di materiale, in particolare sui contenuti relativi ad abusi sessuali e malattie mentali (come suicidio, disturbi alimentarie autolesionismo).

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