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Agnese Collino, divulgatrice scientifica alla Fondazione Umberto Veronesi: “La lotta ai tumori passa anche dalla comunicazione”

Membro della supervisione scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, la dott.ssa Agnese Collino si occupa di divulgazione nel campo della prevenzione oncologica. Una professione importante non solo nella lotta ai tumori

Ottobre è il mese della prevenzione del tumore al seno, il carcinoma più frequente nel sesso femminile. Un tumore che interessa ogni anno circa 55mila donne in Italia, ma che grazie agli sforzi della ricerca sta trovando cure sempre più mirate ed efficaci. A sostenere il lavoro di migliaia di ricercatori sono tantissime iniziative, tra cui “Le noci per la ricerca” della Fondazione Umberto Veronesi in collaborazione con l’azienda piemontese di distribuzione e commercializzazione di frutta secca LIFE (qui tutte le info). Per ogni confezione di noci acquistata, 50 centesimi andranno a sostenere il lavoro di medici e ricercatori selezionati da Fondazione Umberto Veronesi e impegnati nei centri di eccellenza di tutta Italia. Un’iniziativa che dal 2016 – anno in cui è stata lanciata - ha consentito di devolvere 290mila euro alla ricerca scientifica e di finanziare il lavoro di 8 ricercatori.

“Le noci per la ricerca” si inserisce all’interno delle attività organizzate dal team di supervisione scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, nata nel 2003 per volere di Umberto Veronesi con lo scopo di promuovere la prevenzione e la ricerca scientifica nel campo oncologico. Abbiamo intervistato la dottoressa Agnese Collino, che si occupa di attività di divulgazione diretta ai cittadini e alle scuole. Ha inoltre recentemente pubblicato La malattia da 10 centesimi. Storia della polio e di come ha cambiato la nostra società per Codice edizioni e I segreti dei centenari per Sperling&Kupfer. A lei abbiamo chiesto di parlarci di prevenzione, comunicazione scientifica e di parità di genere nella ricerca.

Qual è il tuo ruolo all’interno della Fondazione Umberto Veronesi e di cosa ti occupi nel concreto?

Faccio parte della supervisione scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, un’area che si occupa, oltre che di aiutare i ricercatori nella reportistica e di controllare la correttezza dei materiali prodotti dalla Fondazione, di organizzare eventi di divulgazione scientifica. Per lo più si tratta di mostre, laboratori per le scuole, incontri con cittadini e aziende. Le tematiche che affrontiamo sono quelle tipiche della Fondazione: la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori tipicamente femminili e maschili, la prevenzione negli adolescenti e nei bambini, i danni legati al fumo o all’alcool. Se ci viene richiesto parliamo anche degli avanzamenti nell’ambito della ricerca e abbiamo una vera e propria redazione che produce articoli su ciò che emerge sia dalla nostra ricerca che da quella internazionale. Tutto ciò che facciamo è pensato per costruire un’educazione alla prevenzione.

Che cosa comprende esattamente una corretta educazione alla prevenzione?

Esistono due tipi di prevenzione: una primaria, legata allo stile di vita, e una secondaria, che include controlli regolari per la diagnosi precoce. La prima cosa che spieghiamo durante i nostri eventi è che quando si parla di malattia si intende sempre un rischio, mai una certezza. La prevenzione permette di ridurre il rischio di sviluppare una malattia, per questo è così importante.

Qual è la risposta del pubblico ai vostri eventi?

Molto positiva: cerchiamo sempre di evitare qualsiasi tipo di approccio giudicante. Per esempio, se organizziamo un incontro sul fumo, non facciamo mai sentire il fumatore “sbagliato”, ma cerchiamo semplicemente di dare i corretti strumenti per fare una scelta nel modo più consapevole possibile. In generale proviamo a stabilire un rapporto di fiducia e riusciamo ad avvicinare le persone a tematiche non facili senza spaventarle. Nel fare ciò, mi sono accorta che – contrariamente a ciò che si potrebbe pensare – parlare a bambini e ragazzi è più facile rispetto che agli adulti. Le domande che pongono sono motivate dalla pura curiosità, hanno meno preconcetti rispetto all’adulto.

Quali sono le novità più importanti sul fronte della lotta al tumore al seno?

Quest’anno, durante il congresso dell'ESMO (European Society for Medical Oncology), la principale organizzazione professionale per l'oncologia medica, sono stati diffusi due risultati importantissimi, considerati quasi storici, riguardanti i tumori metastatici. Sono emerse novità rivoluzionarie: grazie a nuove terapie a bersaglio che utilizzano gli anticorpi monoclonali, siamo riusciti a trovare due farmaci che aumentano in modo sensibile la percentuale di sopravvivenza delle donne colpite da questa tipologia di tumore. In generale, la ricerca sul tumore al seno è quella in cui sono stati fatti maggiori passi avanti: si pensi che in vent’anni il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi precoce è passato dal 74 all’87%.

Sei laureata in biologia e hai conseguito un dottorato in oncologia molecolare: cosa ti ha spinto poi ad abbandonare il percorso nella ricerca e scegliere di lavorare nella divulgazione scientifica?

Mentre svolgevo il mio dottorato mi sono accorta di una cosa: ogni giorno, nei laboratori di ricerca, vengono fatte scoperte importantissime di cui però si sa poco o niente nel mondo esterno. È come avere un tesoro prezioso che però rimane nascosto. In Italia, la ricerca è finanziata dai cittadini attraverso le tasse, e diventa quindi una questione etica tenere le persone aggiornate su ciò che accade in laboratorio, spiegare i nostri traguardi e obiettivi. Ho capito quindi che si trattava di un mestiere molto importante, e mai come in questo periodo di Covid-19 mi sono resa conto di quanto sia anche dedicato. Perché, come sappiamo, una comunicazione non efficace può creare gravissimi danni.

A questo proposito, quali sono oggi le sfide maggiori nella comunicazione scientifica?

Comunicare i progressi della scienza è una vera e propria professione, anche se non molti lo sanno. La pandemia ha trovato la comunità scientifica molto impreparata a comunicare in modo efficace, lasciando emergere un coro di voci spesso contrastanti che hanno alimentato la sfiducia delle persone. In questo contesto c’è chi sfrutta questo vuoto di comunicazione inserendosi per diffondere notizie errate. Il risultato è un grandissimo caos e un’occasione persa per la comunità scientifica, che fino a oggi non aveva mai avuto un’esposizione mediatica così forte. Ad alcuni è mancata la consapevolezza di mettersi da parte per lasciar parlare le istituzioni. Faccio molta autocritica su questo fronte.

Capitolo donne e ricerca: ti è mai capitato di subire discriminazioni?

Personalmente non mi è mai successo, so che però diverse colleghe non sono state così fortunate. La situazione esiste ed è reale. Purtroppo la percentuale di giovani donne che si iscrivono a percorsi di laurea nell’ambito delle materie STEM è ancora bassa, e ciò si rispecchia in un numero minore di ricercatrici. Alcune di loro ricevono discriminazioni attive da parte di colleghi e supervisori, altre invece sono costrette ad abbandonare la professione per la difficoltà di conciliare famiglia e lavoro. Poche donne riescono a sfondare il soffitto di cristallo e raggiungere posizioni apicali: spesso si trovano a dover scegliere tra carriera e vita privata, oppure c’è una discriminazione nella selezione di chi deve gestire un laboratorio o un centro di ricerca.

Cosa potrebbe invertire questa tendenza?

Credo che innanzitutto serva un impegno maggiore nel stimolare le donne a considerare le facoltà scientifiche alla loro portata. Ma c'è anche bisogno di agire durante il loro percorso, non soltanto prima, aiutandole a rimanere all’interno della carriera scientifica e permettendo loro di avere il tempo necessario da dedicare a lavoro e famiglia.

Cosa consiglieresti a una ragazza che vuole intraprendere un percorso nella ricerca?

Non nasconderei le difficoltà: io stessa, in passato, non mi ero resa conto dell’impegno che comporta questo tipo di carriera. Ero forse un po' incosciente, e meno male! Le direi che è una professione in cui bisogna sgomitare e che comporta anche una certa dose di frustrazione, ma che allo stesso tempo è stimolante, mai uguale a se stessa. Le consiglierei di provarci, di non farsi scoraggiare e di non farsi mettere i piedi in testa in quanto ragazza.

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