Onnipresenti nella quotidianità, dal risveglio sino a quando si posa la testa sul cuscino, sempre più influenti e sempre più specchio della società: i social network sono, nel 2021, uno dei mezzi di comunicazione e condivisione più potenti in circolazione. E alla luce di tutto questo potere (che ha ampiamente dimostrato di avere anche risvolti oscuri) diventa sempre più attuale la necessità di una presa di coscienza in primis da parte delle gigantesche compagnie che li gestiscono. Soprattutto quando si tratta di promuovere modelli di bellezza reali e non “pompati” da filtri e app che modificano tratti e forme per farli aderire a standard stereotipati e quasi sempre irraggiungibili.
In questo senso vanno dunque analizzate le scelte fatte dai vari social: c’è chi, come Pinterest, ha scelto in autonomia di andare in questa direzione, e c’è invece chi - come Instagram - è stato costretto ad adeguarsi a una decisione calata dall’alto, nello specifico dal governo della Norvegia.
In Norvegia niente filtri (non dichiarati) per le foto pubblicitarie
Il caso della Norvegia, in effetti, potrebbe fare scuola. Da inizio giugno è vietato per legge modificare foto e video sui social - Instagram prima di tutto - utilizzando app o filtri per eliminare presunte imperfezioni. L’unico modo per farlo è dichiararlo apertamente, indicando insomma che il filtro è stato utilizzato e che in effetti sì, l’immagine che viene condivisa e che promuove un particolare prodotto non corrisponde interamente alla realtà.
Lo ha deciso il Ministero per la Famiglia norvegese, appoggiato dall’intero governo, deliberando ufficialmente che ogni foto contenente modifiche estetiche di qualsiasi tipo dovrà essere accuratamente etichettata, a prescindere da chi le posta, che si tratti di un’azienda o di influencer che per quell’azienda sta facendo da tramite: in caso di violazione scatteranno multe potenzialmente molto salate. L’obiettivo è ovviamente quello di proteggere la fascia di popolazione che più di frequente usa i social e ne viene influenzata: i giovani, più sensibili e vulnerabili alla pressione psicologica che possono esercitare corpi e volti solamente all’apparenza perfetti.
Gli scandinavi d’altronde a questa particolare pressione hanno dato anche un nome, segno che il fenomeno non solo esiste, ma ha assunto dimensioni sempre più preoccupanti: “kroppspress”, letteralmente “pressione corporea”, a indicare appunto quella spinta indotta a raggiungere modelli e standard di bellezza irreali attraverso immagini che li propongono. E che potrebbero alimentare disturbi alimentari e dismorfofobia (una patologia caratterizzata da un’eccessiva preoccupazione per presunti difetti fisici) e incidere sul benessere psicofisico, incentivando il ricorso a diete folli e chirurgia plastica e correttiva.
“Questa pressione è sempre presente, spesso impercettibile, ed è difficile da combattere - ha spiegato il ministero in una nota - Si spera che il provvedimento dia un contributo utile e significativo per arginare l'impatto negativo che tale pubblicità ha, soprattutto sui bambini e sui giovani".
Ovviamente il dibattito è aperto non tanto sull’utilità di una legge di questo tipo, ma sulla concreta possibilità di vigilare sulla sua applicazione: prima di far scattare multe e sanzioni sarà infatti necessario individuare quelle foto che non rispettano le regole, e anche capire in che modo sono state infrante, se lo sono state. Resta però il fatto che il governo norvegese ha fatto un grande passo in avanti nel regolamentare un mondo che sino a oggi era a esclusivo appannaggio delle start-up digitali e delle agenzie di marketing e pubblicità, prendendo una posizione che è piaciuta anche a molte influencer, che l'hanno pubblicamente apprezzata.
Pinterest e la “body neutrality”: stop alle ad per prodotti dimagranti
Se in Norvegia social e influencer sono costretti ad adeguarsi alla legge, c’è invece un’azienda che ha deciso in autonomia di percorrere una strada che incentivi l’accettazione di sé e la bellezza reale e individuale. È il caso di Pinterest, social diventato famoso per la possibilità di “pinnare”, ovvero contrassegnare immagini e contenuti fonte di ispirazione per creare la propria personale rivista. A inizio luglio la compagnia ha condiviso una nota in cui ha annunciato di aver bandito dalla piattaforma contenuti che promuovono la perdita di peso, con l’obiettivo di andare incontro ai desideri degli utenti: persone sempre più orientate verso la “body neutrality”, e cioè la piena e profonda accettazione di sé e il raggiungimento del benessere di corpo e mente, che poco hanno a che fare con la bellezza stereotipata.
I contenuti e gli annunci pubblicitari che promuovono uno stile di vita sano, che si tratti di fitness, wellness o alimentazione saranno ancora i benvenuti su Pinterest, ma - grazie alla collaborazione con la National Eating Disorders Association (NEDA) - il social ha messo a punto una nuova policy con cui ha bandito tutto ciò che potrebbe incentivare il body shaming e i disturbi alimentari. Il “compendio” messo a punto vieta dunque testi o immagini che parlano di perdita di peso, che idealizzano o denigrano determinate fisicità, prodotti che fanno riferimento a indici di massa corporea o simili, e prodotti che promettono la perdita di peso.
“Incoraggiamo gli altri nel settore a fare lo stesso - hanno sottolineato da Pinterest - riconosciamo, una volta per tutte, che non esiste una taglia unica”. Non solo: recentemente Pinterest ha introdotto un altro cambiamento che in questa direzione, lanciando un nuovo algoritmo inclusivo che include differenti tipologie di capelli per cercare ispirazione. Per farlo ha pensato a tutti i “pinners” - la versione di Pinterest degli Instagrammers - Black, Brown e Latinx, così da consentire agli utenti di cercare ispirazione per i capelli attraverso tutti i tipi di capigliatura.
Le influencer e le celebrity schierate per la bellezza naturale
La spinta verso la body accettante e una visione più “olistica” del proprio corpo, l’invito ad abbracciare e amare se stessi e a pensare al benessere mentale e fisico era già partita qualche anno fa proprio sui social a colpi di hashtag. In principio fu il movimento #nomakeup, che invitava a condividere foto senza trucco per mostrare la bellezza al naturale. Visto che il trucco, però, non ha necessariamente un’accezione negativa - a meno che non gliela si voglia dare - l'hashtag si è evoluto in #nofilter. E sempre più influencer e celebrità hanno abbracciato con entusiasmo questa linea di pensiero.
Alcune, come Danae Mercer, ex giornalista di moda e oggi icona della body positivity, hanno deciso di sfruttare la loro influenza per mostrare quanto di frequente i filtri e le app vengano utilizzati per modificare foto che raccolgono mgliaia di like. Altre, come la beauty guru Huda Kattan, si sono rivolte alla platea di milioni di follower per invitare a dire no a “questi tossici standard di bellezza”. E anche in Italia ci sono ferventi sostenitrici del movimento #nofilter.
L’attrice Matilda De Angelis, per esempio, ha voluto postare diversi scatti in cui mostra la sua acne, spiegando che “sono diventata molto fiera delle mie cicatrici. Mi ricordano di tutte le volte che ho pianto perché non mi sentivo bella e di quanto non me ne freghi in realtà di essere bella. Che non so nemmeno cosa significhi. Ora sono molto fiera di loro”.
E anche Aurora Ramazzotti, che ha già rivelato di avere molto sofferto in passato per i paragoni con la celebre madre, la showgirl svizzera Michelle Hunziker, si è più volte mostrata senza trucco e con l’acne a fare capolino su guance e fronte, rivolgendosi alle follower coetanee e anche più giovani.
“Per postare una foto così, come l’hai scattata, ormai ci vuole coraggio. Soprattutto per chi da sempre fa a botte con la sua insicurezza, il suo peso, i suoi brufoli. Abbiamo dato vita ad una piattaforma dove essere “umani” spicca perché è quasi strano. Siamo tutti belli, famosi, felici e realizzati. Certo, condividere il bello è giusto e lo sarebbe ancor di più se non fosse un mondo un po’ contorto in cui tutti fanno a gara con gli altri. Anche io gioco la mia parte ma cerco sempre di farlo mantenendo quella componente di verità perché altrimenti non sarei fedele a me stessa. E poi non mi piace fingere di essere qualcuno che non sono”, ha scritto.