Politica, blackness e femminismo: questi sono solo alcuni fra i temi che tratta Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice e attivista di fama mondiale. Classe 1977, originaria della Nigeria, si divide fra il suo Paese e gli Stati Uniti. Alle spalle ha numerosi premi e riconoscimenti grazie ai testi scritti con una scrittura onesta e sontuosa, unica nel suo genere: da Americanah a Metà di un sole giallo, sino a L’ibisco viola. Sarà per questo che il suo intervento al XXXIII Salone del Libro di Torino è stato fra i più attesi di sempre. La sua lezione di apertura, arrivata dopo la pubblicazione di Appunti sul dolore, è stata incentrata sul femminismo.
Chi è Chimamanda Ngozi Adichie
Cresciuta a Nsukka, piccola cittadina universitaria della Nigeria, Chimamanda appartiene a una famiglia di etnia igbo. Suo padre lavorava come professore di statistica all’Università, mentre sua madre è stata la prima donna a diventare la direttrice dell’istituto. Il destino di Chimamanda sembrava ormai scritto quando decise di iscriversi a Medicina, ma la vita aveva in serbo per lei qualcosa di diverso. In quegli anni, mentre seguiva i corsi di studio, iniziò a occuparsi della revisione di The Compass, giornale universitario gestito dagli studenti.
A soli diciannove anni ottenne una borsa di studio per seguire un corso di Comunicazione all’Università di Drexel. Inseguendo il suo sogno e una passione che cresceva sempre di più, si trasferì negli Stati Uniti, prima a Filadelfia, poi nel Connecticut. Nel 2001 arrivò la laurea con lode e un master in scrittura creativa a Baltimora. La carriera di Chimamanda come scrittrice è costellata da premi e riconoscimenti. Nel 2015 il Time l’ha inserita nella lista delle cento persone più influenti al mondo. Oggi vive fra la Nigeria e Baltimora, è sposata con il medico Ivara Esege e nel 2016 è diventata mamma di una bambina.
Metà di un sole giallo, Americanah e le altre opere
L’esordio letterario di Chimamanda Ngozi Adichie risale al 1997 quando pubblicò una raccolta di poesie intitolata Decisions. L’anno successivo realizzò un’opera teatrale, For Love of Biafra, che raccontava la vita di una giovane donna durante la guerra civile nigeriana. Fu durante gli ultimi anni di Università che iniziò a lavorare al primo romanzo, Ibisco viola, pubblicato nel 2003. Il libro, che narrava la storia della giovane Kambili e della dura battaglia per affrancarsi dal padre violento, ottenne un enorme successo. Il suo pregio? Raccontare il cammino di una donna forte, che non si arrendeva alla società e rifiutava di piegarsi. Il romanzo conquistò l’Orange Prize come miglior opera pubblicata nel Regno Unito, e il Commonwealth Writers’ Prize.
Poco tempo dopo arrivò Metà di un sole giallo (Half of a Yellow Sun), un libro intenso e straziante, ambientato nel periodo della guerra del Biafra, un evento drammatico spesso ignorato e poco conosciuto, ma vissuto in prima persona da Chimamanda, che aveva perso entrambi i nonni durante il conflitto. L’opera vinse diversi premi e in Italia ricevette il premio internazionale Nonino. Il suo terzo romanzo più famoso è Americanah, pubblicato nel 2013 e nominato dal New York Times fra i migliori dieci libri da leggere. Fra le pagine scopriamo la storia di Ifemelu, giovane nigeriana, e di Obinze, il suo primo amore.
Dovremmo essere tutti femministi
Non solo romanzi avvincenti e saggi straordinari, Chimamanda Ngozi Adichie si è fatta conoscere e apprezzare grazie a due interventi al TEDx che hanno smosso le coscienze e l’hanno resa una icona femminista. Il primo è The danger of a single story, mentre il più famoso è We should all be feminists, ossia Dovremmo essere tutti femministi. Sul palco la scrittrice ha parlato della forza delle donne e del loro diritto/dovere ad aspirare a qualcosa di grande.
“Se facciamo di continuo una cosa, diventa normale – si legge nel saggio tratto da quel discorso -. Se vediamo di continuo una cosa, diventa normale. Se solo i maschi diventano capoclasse, a un certo punto finiamo per pensare, anche se inconsciamente, che il capoclasse debba per forza essere un maschio. Se continuiamo a vedere solo uomini a capo delle grandi aziende, comincia a sembrarci “naturale” che solo gli uomini possano guidare le grandi aziende”.
E ancora: “Insegniamo alle femmine a restringersi, a farsi piccole. Diciamo alle femmine: puoi essere ambiziosa, ma non troppo. Devi puntare ad avere successo, ma non troppo, altrimenti minaccerai l’uomo. […] Mi sono sentita dire se non avevo paura di intimidire gli uomini. Non era un mio timore, anzi, non ci avevo mai pensato, perché un uomo intimidito da me è esattamente il tipo di uomo che non mi interessa”.