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Lorena Cesarini e il monologo sul razzismo a Sanremo: “Scopro che non sono una ragazza come tante. Resto nera”

Lorena Cesarini
L'attrice Lorena Cesarini ha portato sul palco del Festival di Sanremo 2022 un accorato monologo sul razzismo, che fa riflettere e fa comprendere quanto, ancora, la strada per debellarlo sia lunga

È un'attrice talentuosa, Lorena Cesarini. Ha la recitazione nel sangue e una passione per l'approfondimento e per la conoscenza. Al Festival di Sanremo 2022 si muove alla perfezione ed è arrivata per merito, talento, classe ed eleganza.

Eppure, per qualcuno non è così. E a spiegarlo è stata proprio lei, con un accorato monologo sul razzismo portato sul palco dell'Ariston non senza sofferenza e lacrime.

Lorena Cesarini e il razzismo sui social

Classe 1987, Lorena Cesarini ha iniziato a recitare nel 2014 in Arance & Martello di Diego Bianchi (noto come Zoro). Continua a studiare e a interpretare diversi ruoli in film come È per il tuo bene, Il Professor Cenerentolo o in serie come I Bastardi di Pizzofalcone.

A darle la massima notorietà, però, nel 2017, è Suburra, serie targata Netflix dove interpreta Isabel Mbamba, compagna del protagonista Aureliano Adami (Alessandro Borghi). Lorena vive un sogno, impregnato delle sue più grandi passioni. Poi, nel 2022, arriva un nuovo riconoscimento: Amadeus la sceglie come partner per la conduzione del Festival di Sanremo.

Lorena Cesarini

La gioia è tanta, eppure si scontra con qualcosa che la Cesarini non si aspettava: un'ondata di razzismo e di pregiudizio. In seguito all'annuncio, infatti, i social si riempiono di commenti spinosi, dolorosi, legati al colore della sua pelle.

Commenti che dovrebbero essere anacronistici, che sono e saranno sempre fuori luogo. E che la spiazzano. Commenti che lei riporta allo stesso Amadeus e che sono diventati spunto per il monologo che ha voluto far riflettere il pubblico (in sala e a casa) della la seconda serata di Sanremo 2022.

"Resto nera". E l'Ariston resta senza fiato

Bellissima e luminosa, Lorena Cesarini è stata introdotta da Amadeus che l'ha invitata a condividere con il pubblico "qualcosa" che si erano già detti. Con la voce leggermente tremante, così, l'attrice ha iniziato a raccontare, presentandosi ancora una volta.

Lorena ha spiegato che, fino a quando Amadeus ha annunciato la sua presenza al Festival, ha condotto una vita felice e (quasi) da ragazza italiana come tante. Dopo l'annuncio, però, è successo qualcosa di spiazzante, di doloroso:

Subito dopo questo annuncio, scopro una cosa. A 34 anni, scopro che non è vero che sono una ragazza italiana come tante. Io resto nera

Lorena Cesarini

Queste parole lasciano l'Ariston senza fiato. E il silenzio si fa denso, diventa ancora più pesante quando Lorena racconta la sua esperienza, quanto spiega quanto impietosi e fuori luogo siano, ancora oggi, i commenti razzisti sui social.

Lorena Cesarini e Amadeus

Non senza emozione, la Cesarini va avanti leggendo quanto le è stato detto: «Non se lo merita, l'hanno chiamata lì perché è nera»; «È arrivata l'extracomunitaria!»; «Forse l'hanno chiamata per lavare le scale a innaffiare i fiori». Commenti che hanno scatenato in lei una prima reazione di rabbia, di delusione. Ma che poi l'hanno spinta a riflettere e a rispondere proprio dal palco del Festival.

Il razzismo spiegato al pubblico di Sanremo

Per farlo, Lorena ha voluto leggere alcune parti di uno dei libri più intensi ed essenziali sul tema: Il razzismo spiegato a mia figlia, di Tahar Ben Jelloun. Prima di cominciare, è partita da una domanda:

Perché c'è chi si indigna per la mia presenza su questo palco, sul palco dell'Ariston. Perché c'è della gente che ha un problema con il mio colore della pelle?

Lorena Cesarini

Posto questo quesito, l'attrice ha voluto rispondere usando le parole del libro di Tahar Ben Jelloun, che esplora l'argomento proprio con un dialogo tra padre e figlia. Lorena ha spiegato, in modo brillante e colmo di sentimento, che cos'è il razzismo e perché è un concetto basso, che andrebbe archiviato.

Lorena Cesarini sul palco di Sanremo

Lo ha contrapposto, leggendo dei passi del libro, alla libertà: quella libertà che si raggiunge liberandosi dei pregiudizi e dei preconcetti, che si raggiunge facendosi domande e cercando di diventare sempre persone migliori.

Così facendo, Lorena ha dato una lezione a tutti: a coloro che l'hanno criticata, ma anche a chi, passivamente, ancora oggi, tollera che tutto ciò accada. Perché il cambiamento viene da noi. Ed è il momento di metterlo in modo.

Il discorso integrale di Lorena Cesarini a Sanremo 2022

Riportiamo, di seguito, il monologo integrale di Lorena Cesarini al Festival di Sanremo 2022:

Mi presento: l'abbiamo già detto cento volte, sono Lorena Cesarini. Sono nata a Dakar e sono cresciuta a Roma, da mamma senegalese e papà italiano. Ho una laurea in Storia Contemporanea, per un po' ho lavorato all'Archivio Centrale dello Stato e poi ho continuato a studiare recitazione. E, per fortuna, è diventato il mio lavoro: sono un'attrice.

Direi una vita tranquilla, abbastanza tranquilla, come tante ragazze italiane. Poi succede una cosa bellissima: succede che Ama annuncia, decide, rivela al TG1 i nomi delle partner che lo accompagneranno al Festival di quest'anno. E, annuncia, che nella seconda serata ci sarà una certa Lorena Cesarini. E infatti, eccomi qua.

Però succede anche che, subito dopo questo annuncio, scopro una cosa. A 34 anni, scopro che non è vero che sono una ragazza italiana come tante. Io resto nera. Fino a oggi a scuola, all'Università, al lavoro, sul tram anche, nessuno aveva mai sentito l'urgenza di dirmelo. Invece, appena Ama da questa notizia splendida per me, certe persone hanno sentito proprio questa urgenza.

Evidentemente per alcuni il colore della mia pelle è un problema, al punto che hanno voluto dirlo, farlo sapere a tutti. Vi leggo alcune frasi che sono uscite sui social. La prima: «Non se lo merita, l'hanno chiamata lì perché è nera». E poi, la seconda frase: «È arrivata l'extracomunitaria!», che brutta parola. Poi, ancora «Forse l'hanno chiamata per lavare le scale a innaffiare i fiori». Allora, a parte che lavare le scale secondo me è un lavoro come tanti e non ci trovo assolutamente nulla di svilente, però, ovviamente, un pochino, all'inizio, lo ammetto, ci sono rimasta male. Perché non c'ero abituata.

Poi mi sono anche arrabbiata, perché sono fatta così, è il mio carattere. Poi mi è passata, sempre perché comunque le cose me le faccio scivolare, prima sento e poi se ne vanno. Ma mi è rimasta dentro una domanda: perché? Perché alcuni sentono la necessità di scrivere certe cose sui social, di pubblicare certi post. Perché c'è chi si indigna per la mia presenza su questo palco, sul palco dell'Ariston. Perché c'è della gente che ha un problema con il mio colore della pelle?

Allora, io non sono qui per darvi una lezione, perché per carità, non ne sarei neanche capace. E poi perché sono una persona che quando non sa una cosa va subito ad informarsi, amo leggere, prendo libri, m'informo da persone che hanno studiato e che sicuramente ne sanno più di me.

Come per esempio l'autore di questo libro qui: Tahar Ben Jelloun, uno scrittore marocchino famosissimo e questo libro è stato tradotto in oltre 25 lingue, è stato premiato dalla Nazioni Unite e s'intitola proprio Il razzismo spiegato a mia figlia.

E inizia così, con la figlia, Merième, che fa una domanda: «Babbo, che cos'è il razzismo?» E lui risponde: «Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è la meglio distribuita. È un comportamento comune a tutte le società, tanto da diventare, ahimé, banale. Consiste nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diversi dalle nostre».

Allora la figlia gli dice: «Quindi, se è così diffuso anche io potrei essere razzista». E lui risponde: «No, un bambino non nasce con il razzismo nella testa. Per lo più, un bambino ripete ciò che dicono i suoi parenti. Tutto dipende dall'educazione, sia nella scuola come a casa. Il razzista crede che lo straniero appartenga a un'altra razza, una razza che considera inferiore, ma ha completamente torto. Il razzismo non ha alcuna base scientifica. Esiste un solo genere umano, nel quale ci sono uomini e donne, persone di colore, di alta statura o di statura bassa, con attitudini differenti e variate. Ma tutti gli uomini e tutte le donne del pianeta, hanno nelle vene sangue della stessa tinta. Sia che abbiano la pelle bianca, nera o di un altro colore. Perché un uomo è uguale a un uomo».

A questo punto, Merième fa una domanda, un'ultima domanda che secondo me è bellissima: «Babbo, ma i razzisti possono guarire?». E lui: «Ma tu pensi che il razzismo sia una malattia?». E lei: «Sì, perché non è normale che un uomo disprezzi un altro uomo perché ha un colore diverso della pelle». Ed ecco la risposta del papà: «La guarigione dipende da loro. Se sono capaci di rimettere in questione se stessi o no, se uno si pone delle domande, se dice a se se stesso "può darsi che io abbia torto di pensare come penso", perché quando uno riesce a uscire dalle sue contraddizioni, va verso la libertà».

La cosa più importante, per me, è chiedersi dei perché, per andare verso la libertà. Libertà dalle frasi fatte, libertà dai giudizi precostituiti, libertà dagli insulti, dalle tifoserie che insultano, dai giudizi su un tram. E io mi auguro, come Merième, che passo passo, con ogni domanda, si costruisca la qualità di essere umano.

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