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A Bologna, una rassegna tra arte e teatro prova a riformulare il significato di maternità

Il progetto HER name is Revolution
Fino al 14 ottobre, a Bologna va in scena "MATRIA. Immaginari della maternità contemporanea", un progetto che unisce teatro, arte pubblica e cinema per lanciare un dibattito sull'essere madre

“In un mondo che ci vuole piccole, occupare spazio è un atto rivoluzionario”, oppure, “Essere donna non significa per forza essere madre”. O ancora: “L’ascesa delle donne non significa la caduta degli uomini”. Sono alcune delle frasi che campeggiano sui poster di HER name is Revolution, progetto di arte pubblica che fino al 14 ottobre porta per le strade di Bologna le fotografie nate dalla collaborazione tra il laboratorio permanente di street art CHEAP e Rebecca Momoli, artista 21enne che basa la propria ricerca sulla fotografia, la poesia e la scultura.

Protagonisti degli scatti sono i corpi di donne, attiviste e artiste durante la gravidanza ma non solo. La loro pelle, il loro ventre, il loro seno, in tutta la loro perfetta imperfezione, compongono la tela bianca su cui sono stati scritti, quasi tatuati, messaggi rivolti a donne e uomini. Un urlo contro l’indifferenza per ricordare che la maternità può significare anche tanto altro, e che una donna può essere gravida di idee, di sorellanza, di rivoluzione. E sono reminder che fanno bene, quelli di HER name is Revolution, che ci ricordano il ruolo e la valenza dell’arte pubblica nella nostra società, la sua capacità di arrivare a tutti in un attimo, senza intermediazione. “La sorellanza è un superpotere collettivo”, recitano i corpi. “Dove la Patria esclude, la Matria accoglie”. Un modo per tematizzare l'eredità femminista e portarla nel tempo presente, nel qui e ora.

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Courtesy of ERT - Emilia Romagna Teatro
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I poster sono stati affissi nella notte tra il 30 settembre e il 1° ottobre da un gruppo di venti donne. "L'installazione partecipata in strada è stato un momento centrale del progetto: per noi è molto di più di un'azione funzionale. Venti donne che affiggono manifesti in città, di notte, praticando un conflitto sul piano del simbolico nello spazio pubblico, venti donne che prendendo parola e rivendicano i propri corpi e l'autodeterminazione su di essi: queste venti donne sono già una dichiarazione politica, sono già un gesto performativo in grado di trasformare la città", hanno commentato da CHEAP.

L'affissione dei poster
L'affissione dei poster

Ma la rassegna MATRIA è anche teatro e cinema, dicevamo. Così, dal 5 al 14 ottobre, va in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna lo spettacolo Lingua Madre della regista argentina Lola Arias. Un'indagine teatrale sul significato di maternità e paternità sviluppato nell'arco di due anni attraverso le testimonianze di associazioni, studiose e attiviste, ma anche medici, operatrici sociali e avvocatesse. Una drammaturgia che scava nell'attualità con delicatezza e poesia, facendo emergere le contraddizioni della nostra epoca, la bellezza e le problematiche dell'essere madre, padre, donna, uomo al giorno d'oggi.

«Nelle ricerche condotte per Lingua Madre sono stati intervistati esperti in fecondazione assistita, ostetriche, avvocati, antropologi, attiviste femministe, attiviste anti-aborto, madri lesbiche che lottano per il riconoscimento dei figli, madri migranti che hanno dovuto lasciare i propri bambini per prendersi cura degli altri, madri adolescenti senza sostegno sociale, madri transessuali, famiglie che hanno scelto la gestazione per altri, famiglie che hanno atteso anni per adottare, donne che hanno dovuto mentire per accedere ai trattamenti per la fertilità, donne che si prendono cura temporaneamente dei neonati prima dell’adozione, persone intersessuali che combattono per rimanere incinte, donne che scelgono di non avere figli. Le conversazioni hanno rivelato che tutte le esperienze non sono una questione privata ma spazi di lotta», ha raccontato Lola Arias. E in un mondo frammentato, dove in alcuni paesi si combatte per la legalizzazione dell'aborto e in altri si torna indietro, l'indagine di Lola Arias risulta di estrema attualità, inserendosi nel contesto di una nuova ondata femminista globale che prova a reinventare i significati profondi dell'essere donna.

Lo spettacolo Lingua Madre
Lo spettacolo Lingua Madre

Sono tante, poi, le riflessioni su questo tema da parte del cinema. Tra queste c'è quella del documentario I nove mesi dopo di Maria Grazia Contini, Paolo Marzoni e Vito Palmieri (il 6 ottobre al Cinema Lumière), che dà voce alla sofferenza del periodo post-parto, mettendo in luce le pressioni sociali che impongono alla donna di mostrare soltanto emozioni positive in un momento delicatissimo.

Gli appuntamenti teatrali proseguono poi il 13 e 14 ottobre al Teatro Arena del Sole con Sonia Bergamasco in Lettera a una madre, la riduzione teatrale del libro Splendi come vita (edito da Ponte alle Grazie), che la stessa autrice Maria Grazia Calandrone ha composto insieme all’attrice, per raccontare l’amore tra madre e figlia.

A chiudere Matria è infine giovedì 14 ottobre l’incontro Politiche gestazionali e convergenza postumana con la filosofa femminista Rosi Braidotti, teorica della soggettività nomade e riferimento a livello mondiale negli studi postumani; Rita Monticelli, professoressa ed esperta di Gender Studies e Coordinatrice del Master GEMMA e Angela Balzano, ricercatrice e attivista (nonché traduttrice italiana di diversi libri di Donna Haraway e della stessa Braidotti). Una riflessione sulla società e la genitorialità al tempo delle nuove tecnologie.

Qui il programma della manifestazione.

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