Sei mai stata vittima di slut shaming? Qualunque donna o ragazza che ci è passata ha sentito il peso insopportabile del giudizio altrui. Questa opinione non richiesta, a bruciapelo, colpisce nel vivo le donne che scelgono di emanciparsi dai dettami della società. Le perseguita con il suo mormorio logorante. E le distrugge quando “osano” troppo.
Basta sfogliare i giornali e le riviste per accorgersene: se non fai ciò che ci si aspetta da te, la gente parla. Ti giudica. Ti mortifica. E si arriva al punto in cui non si mangia più, né ci si alza più dal letto. Perché questo fenomeno, specialmente in età precoce, può devastare per sempre un carattere in via di formazione.
Non si può mai dire niente!
Subire lo slut shaming per un motivo qualsiasi è un momento che ci fa capire quanto sia perverso quel meccanismo. Molto spesso, però, prese dalla leggerezza di un momento tra amiche, ci siamo permesse di giudicare qualcuno. Abbiamo analizzato sommariamente le abitudini di una conoscente, sessuali e non, e l’abbiamo giudicata di facili costumi. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Tuttavia, non c’è niente di male a riconoscersi tra le schiere dei colpevoli, a patto che si voglia prendere consapevolezza del problema. Lo slut shaming è un comportamento iscritto nel nostro codice genetico da secoli di pettegolezzi e giudizi a bruciapelo. Il modo in cui ci esprimiamo, l’educazione che abbiamo ricevuto e che ha spesso una matrice patriarcale, ci porta inevitabilmente a esprimere atteggiamenti sessisti o misogini.
Perché una donna è una poco di buono quando, nella stessa situazione, un uomo sarebbe considerato un viveur? È questa la domanda che sta alla base di un comportamento endogeno che dobbiamo imparare a correggere.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Cosa è il body shaming?
Due parole sullo slut shaming
Leggendo il paragrafo precedente hai probabilmente intuito dove vogliamo andare a parare. Lo slut shaming, letteralmente “far vergognare la sgualdrina”, è la pratica di muovere critiche aspre e colpevolizzare le ragazze e le donne che mostrano determinati comportamenti o desideri sessuali. Questi comportamenti, di solito, si discostano da ciò che ci si aspetta da lei per convenzioni sociali o religiose. Tra i comportamenti che possono provocare lo slut shaming vi è il vestirsi in maniera provocante, l’intrattenere rapporti con più di un partner o cambiarlo con frequenza.
Fenomeni di slut shaming si sono verificati, in passato, sulle donne che hanno chiesto di poter accedere a sistemi di controllo delle nascite o perfino le vittime di aggressioni e stupri. È perché “se l’è cercata”, o magari perché “teneva comportamenti che hanno provocato il maschio".
Il paternalismo dello slut shaming, in questi esempi, risulta evidente. Chi lo usa, uomini e donne senza distinzione, esercita sulla vittima una forma di manipolazione. Si tratta di una pratica che esiste da sempre e che è stata portata alla luce dai movimenti femministi che si oppongono alla rape culture. Ed è un fenomeno strettamente interconnesso al revenge porn: se mi lasci, faccio vedere al mondo cosa facevi con me. O cosa eri disposta a fare per me.
Dal pregiudizio fino alle conseguenze di ciò che diciamo
Se non ti ricordi di Tiziana Cantone, puoi rimediare adesso. Il 13 settembre 2016 Tiziana si è suicidata ad esito delle conseguenze della diffusione in rete dei suoi video pornografici amatoriali. È stata lei stessa a divulgare video in cui intratteneva rapporti sessuali consensuali con vari uomini e mostrava un atteggiamento aperto e smaliziato. Lo ha fatto in un momento di depressione, e in via confidenziale.
Purtroppo, questi video sono stati condivisi e ricondivisi, fino a trasformarsi in un caso virale.
Per settimane e addirittura mesi, ogni persona che li ha visti si è sentito in diritto di farle sapere, tramite social e altri canali, cosa pensava di lei. E tutti sapevano il suo nome e che faccia avesse, per cui era facile stigmatizzarla e trovarla quando provava a nascondersi. Per ricordarle che era stata lei a condividere i video, e pertanto era colpa sua. Dopo aver provato a cambiare nome ed essersi appellata al diritto all’oblio, Tiziana ha mollato.
Slut shaming: quello che le donne possono (e non possono fare)
Questa pratica, ad uso e consumo sia di uomini che di donne, è uno strumento di controllo sulle vite e le abitudini sessuali delle ragazze. Per citare la giornalista americana Emily Bezelon, “Chiamare una ragazza puttana la ammonisce. Fa in modo che si crei una linea: lei può essere sessuale, ma non troppo esplicitamente sessuale”.
E ancora oggi lo slut shaming è frutto della dicotomia attraverso cui, sin dai tempi antichi, si categorizzava una donna come santa o meretrice. O sei troppo rigida, o sei una poco di buono. La via di mezzo esiste, sì, ma non la decidi tu: la decidono gli altri. Tu puoi solo adeguarti, obbedire. Oppure, come noi, puoi dire basta e far sentire la tua voce.