Qual è il modo giusto per affrontare la questione del genere nella lingua italiana? Possiamo affermare che l’uso dello schwa sia corretto, o comunque convenzionalmente accettato, come valida alternativa al maschile e al femminile? Eccoti qualche dritta per comprendere, o comunque imparare a rispettare, l’uso di questa lettera così discussa.
Due parole sullo schwa
Lo schwa è una e rovesciata che spopola soprattutto nel linguaggio digitale, e si pone l’obiettivo di creare un’opzione linguistica inclusiva nell’italiano che, storicamente, non possiede un genere neutro – a differenza di altre lingue. La ə è un simbolo fonetico, sì, ma anche un apripista per affermare una realtà tanto solida quanto lo è la battaglia per i diritti del movimento LGBTQIA+. Dall’asterisco passando per la u, lo schwa è un fenomeno che ha cominciato a diffondersi sui social con l’obiettivo di trasformare la lingua italiana in un universo dove tutti possiamo trovare uno spazio identitario.
Uso dello schwa: dai social fino alla consapevolezza
In mancanza di alternative più interessanti, lo schwa è un ottimo punto fermo nella realizzazione di strategie di comunicazioni dedicate a tutti coloro che non si sentono rappresentati dal classico binomio maschio e femmina.
Nel corso del tempo si è tentato con molte opzioni, allo scopo di flessibilizzare l’italiano rendendolo il più possibile una lingua inclusiva in tutte le sue forme. Abbiamo tentato con gli asterischi *, le chiocciole @, la duplicazione (es: care tutte e cari tutti), l’uso della u, della y e ancora molto. La schwa, per sua natura, dovrebbe risultare meno difficoltosa di tutte le altre ed è presto diventata la candidata per eccellenza.
Come si pronuncia lo schwa?
Lo schwa è uno dei suoni vocalici più diffusi della lingua inglese, ma è anche utilizzato da molti dialetti italiani. Come esempio prendiamo il napoletano, il piemontese, il pavese e molti dialetti emiliani. Puoi imparare a pronunciare lo schwa pensando, per esempio, alla “u” nel termine inglese survive, sopravvivere. Lo troviamo anche in about. Qualcuno collega la sua etimologia all’ebraico medievale “shav”, che significa niente, mentre altri lo associano al significato di uguale.
Puoi usarla in un discorso omogeneo in questo modo: Spero che un giorno tuttə noi potremo essere liberə. Se vuoi associare lo schwa a una combinazione di tasti ancora inutilizzata sulla tua tastiera, ti consigliamo di farlo con SHIFT + A.
We’re queer! Normalizziamo l’uso dello schwa
Può sembrare un problema di poco conto, una cosa da niente. Una pura formalità priva di significato per tutti coloro che, cisgender eterosessuali, non hanno mai dovuto porsi la questione dell’identità di genere. Che differenza fa? Io non ho niente contro nessuno, penserai: ebbene, la differenza che forse tu non percepisci si fa essenziale quando, per arrivare a questo punto, migliaia di persone in tutto il mondo hanno dovuto combattere per il loro diritto di essere ciò che sono. Di vivere la loro normalità.
Come abbiamo imparato dai moti di Stonewall del 1969, e poi dai giornali in qualsiasi momento dell’anno, siamo ancora molto lontani da una “normalità” in senso lato.
Lo schwa viene di solito osteggiata per motivi linguistici. C’è chi non apprezza una forzatura della lingua italiana in tal senso. E poi ci sono coloro che si oppongo perché si percepiscono come “normali”, e vedono lo schwa come qualcosa di “diverso”. Queste persone, le quali non sono per forza contro il movimento LGBTQ+, non comprendono l’importanza di una definizione formale perché non hanno mai sentito il bisogno di farlo. Per fortuna. Se la storia ci ha insegnato qualcosa, però, è che quello che per qualcuno è considerato scontato come respirare, per una persona queer è una continua battaglia senza quartiere. Una lotta in famiglia, nella società che stigmatizza e ha paura. In un contesto spesso ostile poiché inconsapevole del fatto che – rullo di tamburi – siamo tutti normali.
Decostruiamo i preconcetti
Se anche tu hai deciso di batterti per dire “basta” all’egemonia del concetto di “normale” inteso come uomo e donna, e nient’altro, sei uno di noi. Queer è un vessillo portato orgogliosamente da chi ha deciso di dare una scossa alle convenzioni imposte dall’abitudine e da preconcetti errati, ovvero che tutto quello che non è etero – e nemmeno strettamente omossessuale - è diverso.
Chi si dichiara queer è semplicemente se stessə, con la consapevolezza del caso. Ed è qui che vogliamo arrivare, perché non si ripetano mai più soprusi e abusi, e perché finalmente sia possibile dare la meritata accoglienza a tutti nella vera normalità. Aboliamo gli stereotipi e creiamo qualcosa di bello e totalizzante, per tutti.
L’uso dello schwa per lasciare uno spazio aperto
Lo schwa è un messaggio forte, un contributo potente che possiamo dare, con consapevolezza, alla lingua italiana al fine di affermare che a noi importa. Che la normalità siamo noi, tutti, insieme e adesso.
Non si pone l’obiettivo di “abolire il gender”, come molti erroneamente pensano, ma di arricchire la lingua italiana con uno strumento aggiuntivo per accogliere, includere, abbracciare l’autodeterminazione.
La lingua rimane ad oggi il mezzo più potente e pervasivo che abbiamo per combattere una battaglia in merito alla nostra visione del mondo. Di questo argomento ne parlava già Alma Sabatini nel 1986, quando scrisse Il sessismo nella lingua italiana. Citandola brevemente: “Non vi sono dubbi sull’importanza della lingua nella «costruzione sociale della realtà»: attraverso di essa si assimilano molte delle regole sociali indispensabili alla nostra sopravvivenza, attraverso i suoi simboli, i suoi filtri si apprende a vedere il mondo, gli altri, noi stesse/i e a valutarli.”
VEDI ANCHE Lifestyle5 serie tv LGBTQIA+ da vedere assolutamente