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Come riconoscere la violenza all’interno della coppia?

Riconoscere la violenza nella coppia è difficile sia per chi la subisce - che fatica spesso ad accettarla come tale - sia per chi la percepisce dall'esterno. Ci sono però dei campanelli d'allarme che possono aiutare a capire come agire

Le dinamiche su cui si basa una relazione di coppia sono estremamente soggettive e personali, e dall’esterno è quasi sempre impossibile comprendere a fondo il rapporto tra due persone. Nei casi di violenza le dinamiche diventano ancora più complesse, oltre che estremamente tossiche e pericolose, e producono profondi cambiamenti nella donna, che finisce col perdere se stessa e non riconoscersi più, mentre la violenza nella coppia diventa la pericolosissima protagonista.

Riconoscere la violenza all’interno di una coppia è un processo estremamente difficile per la donna che la subisce e anche per le persone che le stanno vicine, perché non è fatta soltanto di lividi e segni sul corpo. Chi è vittima di violenza infatti spesso evita di rivolgersi all’esterno perché teme che la colpa sia sua, pensa di essere sbagliata e si vergogna, tende a chiudersi e a rafforzare quella situazione di isolamento in cui è precipitata a causa dell’uomo violento. Che, come conferma la dottoressa Cinzia Marroccoli, presidente di Telefono Donna, «è sempre un uomo debole, che ha bisogno di sentire il potere su qualcuno per sentirsi forte e lo ottiene con la violenza».

L’isolamento e la chiusura 

I segnali che una donna sta subendo violenza ci sono sempre, anche se non facili da decifrare. Non lo sono per la donna che sta vivendo la situazione, e che spesso viene manipolata al punto da non sapere più distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è e quello che è vero da quello che è falso. E non lo sono per gli amici e la famiglia, da cui la donna quasi sempre viene allontanata. Un isolamento fisico e psicologico che separa la donna dagli affetti e dai punti di riferimento e la lega ancor più indissolubilmente all’uomo.

«Dall’esterno i familiari e gli amici sono spesso i primi a rendersi conto che qualcosa non va - spiega Marroccoli - alcune donne non vedono la famiglia per anni, neppure in occasione di feste e ricorrenze. E già questo di per sé può essere un campanello d’allarme, soprattutto se la donna è sempre stata legata alla famiglia e agli amici, presente, socievole e aperta». 

Il cambiamento nelle abitudini e nei rapporti sociali

L’altro campanello dall’allarme è il cambiamento nelle abitudini personali e lavorative: “Non è più lei”, si sente spesso dire dalle persone vicine a una donna che subisce violenza, poche parole che contengono però un mondo. Perché «la donna non viene più riconosciuta dagli altri - conferma Marroccoli - Appare cambiata. Magari prima era solare, espansiva, piena di voglia di vivere e fare esperienze. Dopo, lo sguardo diventa sfuggente e vuoto, la postura dimessa. Gli inviti non vengono più accettati, le telefonate non arrivano più o restano senza risposta, gli amici evitati, anche perché magari possono fare domande che la metterebbero in una situazione di grande stress e difficoltà».

Riconoscere la violenza in una coppia dall’esterno è dunque molto difficile, quasi quanto riconoscerla dall’interno, pur tenendo conto che il processo di sviluppo della consapevolezza segue percorsi molto diversi. Se la donna spesso non si rende conto della spirale in cui è precipitata per il condizionamento del partner - che quasi sempre inizia con la gelosia, poi passa agli insulti e alle minacce sino ad arrivare alla violenza vera e propria - chi le sta vicino individua il cambiamento, ma non sempre ne capisce l’origine. Può succedere anche che la donna si trascuri, rinunci a curare il suo aspetto e a indossare abiti che sino a poco prima le piacevano.  

Dal “non mi riconosco più” al "ritorno al prima”

«Nella maggior parte delle situazioni la donna realizza di essere in una relazione violenta quando non trova più se stessa - spiega Marroccoli - Spesso mi dicono “dottoressa, non mi riconosco più”. Magari non ha più amici, non ha lavoro, non ha passioni né hobby, tutto ruota intorno a lui. E con questa consapevolezza ne arriva un’altra provocata dall’ennesimo schiaffo, l’ennesimo spintone, l’ennesimo calcio: “Ho fatto di tutto, ma lui non cambia”». 

È a quel punto che il percorso di rinascita e di guarigione inizia: in modo graduale, mai immediato, e con una lenta ma inesorabile presa di coscienza e il desiderio di ritrovare se stesse: «Io ho assistito a cambiamenti incredibili rispetto alle prime volte in cui ho incontrato donne vittima di violenza - conclude Marroccoli - Col passare del tempo lo sguardo cambia, diventa più luminoso e limpido, ma cambia anche la postura, il linguaggio corporeo e quello che si usa per comunicare. Ci possono poi essere cambiamenti estetici, un taglio di capelli, un nuovo abbigliamento: con il tempo si riacquista l’identità. Bisogna cercare di riprendere da dove si è lasciato, di tornare a prima di incontrare quell’uomo che ha cercato la distruzione, e da lì ripartire».

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