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Giovanni Allevi sulla malattia: “Contro il dolore il mio oppioide naturale è il mio gatto”

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Giovanni Allevi in occasione dell'uscita del suo libro, si racconta al Corriere in un'intervista dove ripercorre i suoi ultimi anni dopo la diagnosi di mieloma.

Sembra ieri che il grande compositore e musicista Giovanni Allevi annunciava la sua malattia, scoperta all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno. E invece sono trascorsi due lunghissimi anni. La notizia comunicata ai tempi dalla dottoressa arrivavano dopo un lungo periodo di mal schiena persistente. Ma quella era solo la punta dell’iceberg.

La diagnosi del mieloma rappresentava solo l'inizio di un lungo percorso che Giovanni sta ancora affrontando. La dottoressa, racconta Allevi, fu brava nell’usare le parole vedendo il suo smarrimento:

“La diagnosi è il primo passo verso la guarigione”

Quella del mieloma però si rivelò una battaglia non solo contro la malattia, ma anche contro il dolore, un dolore descritto come immenso. In un’intervista al Corriere, Allevi ha dichiarato:

“Il dolore è davvero forte, il mio midollo osseo era malato. Erodeva le ossa dall’interno: impossibile descrivere il dolore”.

L’unico sollievo proveniva dai farmaci oppioidi, che alleviavano il dolore, ma con effetti collaterali, come una costante sensazione di febbre alta. 

"Tuttavia, devo ammettere che il mio oppiaceo naturale più efficace è diventato il mio gatto. Tenerlo in grembo, accarezzarlo e respirare lentamente mi ha aiutato enormemente a rilassare i muscoli", ha confessato Giovanni.

 La situazione comunque era aggravata da una vertebra gravemente schiacciata, che rischiava di rompersi, mettendolo in pericolo di paralisi. Oggi indossa un busto per la schiena per evitare ulteriori danni, ma ricorda un episodio a Vienna, dove il dolore era così forte da non riuscire ad alzarsi dallo sgabello. Solo allora comprese la gravità della sua condizione.

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Nonostante il dolore e la lunga strada ancora da percorrere, Giovanni ha mantenuto uno spirito positivo, trovando conforto nella musica e nel suo pianoforte. Sebbene il tremolio alle mani fosse sempre più evidente e incontrollabile, durante un concerto decise di continuare a suonare grazie al supporto del pubblico, che lo incoraggiò a non abbandonare tutto. Quel tremolio, anziché abbatterlo, è diventato una parte di lui, rendendolo unico e speciale. Questo difficile percorso è narrato nel suo recente libro “I nove doni”, in cui racconta la sua malattia e la riscoperta della bellezza della vita. 

“Ho imparato a vivere l’attimo, a non lasciare una minima goccia di vita inascoltata. Ogni alba è una promessa, ogni tramonto è un arrivederci"

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