Reduce dal successo sanremese di Tuta Gold e del nuovissimo singolo Ra Ta Ta, dove ancora una volta parla di disagio giovanile con il suo sound super riconoscibile e le sue barre taglienti, Mahmood si è recato a Vimodrone per fare visita ai ragazzi della comunità Kayros diretta da Don Claudio Burgio. Una visita emozionante per gli adolescenti ospiti della struttura che hanno così potuto far ascoltare le loro canzoni da uno degli artisti più acclamati del momento, realizzando quello che per molti è un vero e proprio sogno.
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I ragazzi della comunità Kayros infatti sono degli aspiranti rapper che hanno tradotto in musica il loro vissuto difficile: molti di loro si trovano lì perché devono scontare delle pene e hanno trovato nella musica lo sfogo ideale per esprimersi in maniera diretta, trasformando in musica e parole dolori e frustrazioni, sostenuti proprio dal loro mentore Don Claudio Burgio, grande appassionato di musica. II fil rouge che li lega tutti è quello di storie di delinquenza e passati sofferti, famiglie difficili, genitori persi troppo presto e amicizie sbagliate.
Mahmood, da sempre molto vicino alle realtà di strada e ai problemi dei più giovani, ha ascoltato con grande interesse le storie dei ragazzi della struttura, elogiandoli per la loro scrittura e dicendo loro «Voi raccontate la verità e si sente», dandogli consigli schietti su come bisogna affrontare le sfide che si pongono di fronte ad un ragazzo che intende diventare un cantante di successo, ben consapevole di cosa voglia dire vivere disagi profondi.
Basti pensare che il nuovo singolo, pubblicato anche sul profilo Instagram del cantante, ha un testo molto profondo e per certi verso duro, estremamente coerente con quella che è la verità di Mahmood.
In Ra Ta Ta si parla infatti del disagio giovanile e di quello economico che molti giovani vivono nelle periferie delle grandi metropoli, ma anche e soprattutto del disagio razziale che continua a permeare molti Paesi.
La base da cui parte Mahmood per aprire il suo cuore ai ragazzi di Vimodrone è proprio la sua storia, quella di un ragazzo che è partito da zero e ha ricevuto tante porte in faccia prima di diventare l’artista che ha già vinto 31 dischi di platino e 8 dischi d’oro con le sue canzoni. Come riportato dal Corriere della Sera, Mahmood ha raccontato ai ragazzi di aver dovuto addirittura pregare le persone per fare musica e registrare, mentre loro hanno la fortuna di avere anche una sala di registrazione in comunità: «Io ho studiato canto da quando avevo dodici anni, in una scuola di Baggio, mi facevo un’ora e mezza di tram per arrivarci. E quando ho iniziato a scrivere, a 18 anni, per un milione di volte mi hanno respinto» ha raccontato loro Mahmood.
Il messaggio del cantante è chiaro: nella vita non basta il talento, che pure serve, ma occorrono altre qualità e bisogna avere tanta caparbietà per andare avanti anche quando piovono critiche, come successo a lui prima della vittoria a Sanremo con in singolo Soldi.
E prosegue raccontando: «Alle medie ero cicciottello, nessuno mi si filava, ma io volevo credere al mio sogno. Il talento vale per il 40 per cento il resto è testa, caparbietà, umiltà: bisogna accettare i ‘no’ e crescere su quelli».
La vita di Mahmood, come ha raccontato anche ai ragazzi della comunità di Vimodrone, non è stata affatto rose e fiori: un papà che lo ha lasciato quando era molto piccolo segnando profondamente il suo essere, ma anche l’incendio della sua prima casa presa in affitto a Milano. Un’esperienza che ha segnato molto l’artista tanto da portarlo, subito dopo l’accaduto, a decidere di andare in psicoterapia.
«Ci sono andato e ne parlo tanto nel disco e devo dire che mi ha aiutato proprio a sbloccare delle cose che avevo dentro di me. Ho usato questo disco come se fosse una seduta, sono molto soddisfatto, tantissimo» aveva dichiarato Mahmood lo scorso Febbraio ospite di Verissimo, riferendosi alla sua ultima fatica discografica “Nei letti degli altri”.